domenica 13 dicembre 2020

JOHN DELLA NOTTE: QUANDO LEGGERE È LIBERTÀ

L'autore di John della Notte è Gary Paulsen, americano di Minneapolis, classe 1939: dopo un'infanzia durissima ha vissuto una vita all'insegna dell'avventura, navigando in lungo e in largo per il Pacifico, allevando cani da slitta in Alaska e vivendo sempre in contatto con la natura, in mezzo al nulla ma sempre in compagnia di animali. I suoi libri - ne ha scritti oltre duecento, tra cui perle come Nelle terre selvagge - sono la diretta conseguenza delle sue esperienze di vita e sono rivolti esplicitamente ai ragazzi, il suo ideale pubblico di riferimento in quanto ancora capaci di perdersi in una storia, a differenza degli adulti, che hanno sempre in testa il prossimo acquisto o le rate di mutuo da pagare, per non parlare del fatto che Paulsen si sente ancora un ragazzo, e quindi trova spontaneo rivolgersi ai 'coetanei'... John della Notte è un piccolo libro ma di quelli veramente capaci di stravolgere i lettori: è ambientato a metà dell'Ottocento in un punto imprecisato del Sud rurale degli Stati Uniti, quando ancora esisteva la schiavitù, in una fattoria di proprietà del cattivissimo Waller, un padrone spietato, malvagio e che per giunta emana uno spiacevole odore, un tipo da cui stare alla larga, insomma. La storia la scopriamo dalla prospettiva dal basso della giovane schiava Sarny, dodici anni, affidata fin da piccola alle cure di Mammy, che si occupa di tutti i bambini ancora fisicamente non in grado di spaccarsi la schiena per ore in mezzo ai campi, bambini cresciuti lontano dalle madri, spesso peraltro vendute e finite altrove. Un giorno diverso dagli altri Waller conduce un nuovo schiavo nella sua proprietà: arriva legato da una corda al cavallo del padrone, nudo come un verme, madido di sudore e coperto da un nugolo di mosche, è John della Notte e, nonostante sia già sfinito dalla fatica, Waller lo spinge di corsa nei campi a lavorare fino al tramonto. La sera stessa Sarny sente le sue prime parole nel buio della baracca dove gli schiavi dormono ammassati: John chiede a qualcuno una presa di tabacco in cambio di tre lettere. Proprio così, tre lettere dell'alfabeto: la A, la B e la C... La capacità di leggere comincia da qui, col rischio costante di farsi tagliare un arto, perché per uno schiavo è assolutamente vietato leggere e scrivere, e l'infrazione è punita con una mutilazione che non si può dimenticare. Le cose stanno così, perché leggere equivale a conoscere ciò che si legge e quindi desiderare quello che non si ha, dato che gli schiavi non hanno niente e sono trattati come oggetti. I padroni ne hanno consapevolezza e quindi vogliono lasciare i loro schiavi nell'ignoranza. Se non ci fossero sognatori come John della Notte, ovviamente, capaci di scappare, raggiungere la libertà e tornare indietro per insegnare a leggere ai compagni di sventura di sempre. Leggere diventa dunque il primo passo per l'emancipazione e la libertà. Un piccolo romanzo davvero bellissimo, spesso quasi sconvolgente nella ricostruzione di una realtà difficile da accettare, a tratti commovente come un pugno liberatorio alla bocca dello stomaco. Dedicata alla memoria di Sally Hemings, una schiava del terzo presidente degli Stati Uniti Thomas Jefferson, John della Notte è un'opera di fantasia che Paulsen ha scritto ispirandosi alle tante memorie degli schiavi che impararono a leggere e lasciarono una traccia delle loro vite sfortunate. Assolutamente... da leggere.

Gary Paulsen, John della Notte, Modena, Equilibri, 2019; pp. 99


venerdì 11 dicembre 2020

L'ULTIMA CACCIA: L'ENNESIMO GIOIELLO DI LANSDALE

La storia che racconta L’ultima caccia parte nel 1933, nel periodo più cupo della Grande Depressione, e la scopriamo attraverso gli occhi di un quindicenne, Richard Dale, che vive con la sua famiglia in una casa persa in mezzo ai boschi del Texas rurale, ama leggere qualunque cosa e, anche se non ne è pienamente cosciente, sogna di fare lo scrittore. L’avventura che segna la fine della sua adolescenza arriva mentre il padre è fuori per affari e la madre è ormai alla fine di una gravidanza: nell’appezzamento che la famiglia di Richard coltiva con grande fatica per tirare avanti con i prodotti della terra in questo momento così difficile arriva un animale quasi leggendario, il vecchio Satana, un cinghiale che fa parlare di sé da anni e sempre in termini fortemente negativi. C’è chi dice che in questa bestia selvaggia ed astutissima alberghi lo spirito di uno sciamano indiano, se non addirittura il diavolo stesso: Richard all’inizio cerca di limitare i danni al campo coltivato dalla famiglia, ma non può tirarsi indietro quando il perfido cinghiale infierisce sul suo fedele cane arrivando anche a minacciare la madre e il fratellino in arrivo. Essendo l’unico uomo di casa disponibile, il ragazzo non può sfuggire alle sue responsabilità e decide di dare la caccia all’infernale cinghiale, rischiando di rimetterci la pelle. L’esperienza, neanche a dirlo, cambierà la sua vita per sempre… Una gran bella storia, per la quale Lansdale ha preso spunto dalle notizie della sua famiglia, che era appunto originaria del Texas (anche suo padre, peraltro, occasionalmente faceva il lottatore). Lo scenario storico della Grande Depressione ricorre anche in altri romanzi di Lansdale come In fondo alla palude (che da L’ultima caccia riprende anche alcuni personaggi che all’autore piacevano troppo), Tramonto e polvere, Cielo di sabbia e Acqua buia. L’ultima caccia è un romanzo di formazione che, a prescindere dall’adrenalina dell’avventura centrale, cattura per la particolarità dell’ambientazione nel mezzo della natura e in un tempo difficile, dove comunque il giovane protagonista riuscirà a vivere una sorta di iniziazione alla vita adulta che al tempo stesso gli farà trovare il suo particolare posto nel mondo, che ha a che fare (neanche a dirlo) con l’arte di raccontare storie. Davvero un piccolo gioiello.

Joe Lansdale, L’ultima caccia, Torino, Einaudi, 2018; pp. 121


venerdì 4 dicembre 2020

TRA LE MURA… LA CLASSE

S’intitola La classe, è un piccolo romanzo autobiografico scritto da François Bégaudeau, un giovane docente di Francese. Partito in sordina con una tiratura iniziale di poche migliaia di copie, il libro di Bégaudeau sorprendentemente è entrato nelle classifiche francesi dei bestseller grazie ad un sotterraneo ma efficacissimo passaparola. Questo curioso successo editoriale è quindi diventato un film di Laurent Cantet, interpretato dallo stesso autore, premiato con la Palma d’Oro all’ultima edizione di Cannes e poi baciato da un grande successo di pubblico nei cinema d’Oltralpe. Tutto ciò, incredibile a dirsi, con un libro che parla di scuola e che fa passare, pagina dopo pagina, ai suoi lettori un intero anno scolastico tra i banchi della classe di Bégaudeau – infatti l’azzeccato titolo originale è Entre les murs, ovvero “tra le mura”, di una classe, appunto –. Chi non ha idea di cosa trovare dentro questo libro potrebbe pensare che esso riveli chissà quale innovativo approccio didattico, oppure un rivoluzionario stile di comunicazione della cultura: al contrario, ne La classe il buon Bégaudeau, che è ovviamente il protagonista del suo libro, ci racconta cosa fa realmente durante le sue ore di lezione, ovvero spiegare ai suoi ragazzi soprattutto la lingua francese – particolarmente grammatica, sintassi e qualche sprazzo di retorica –. L’approccio dell’autore non ha nessun segreto, tranne l’estrema disponibilità nei confronti del variegato gruppo multietnico costituito dai suoi studenti che, esattamente come i loro colleghi italiani, in genere non brillano per motivazione, interesse e comportamenti rispettosi: le lezioni di Bégaudeau spesso infatti prendono spunto direttamente dal vissuto dei suoi ragazzi, dal loro slang, dal loro modo di occupare lo spazio e di vestirsi – e infatti è solito attribuire loro la griffe delle loro felpe o T-shirt –. Questo atteggiamento empatico d’altra parte è sorretto anche da alcuni capisaldi comportamentali che l’autore esige dalla propria classe: gli studenti si rivolgono al Prof dandogli del “lei” in segno di rispetto, non lo contraddicono e sono tenuti a rispettare le sue indicazioni – ma talvolta, come tutte le classi, non lo fanno –. A guardar bene l’andamento delle lezioni, sarebbe quasi eufemistico considerare vincente la formula di Bégaudeau che, alla fine dell’anno scolastico, osserva che il più brillante stimolo culturale sbocciato nella sua classe è dovuto al caso oppure, nella migliore delle ipotesi, è una scelta indipendente di un’allieva in cui non avrebbe mai creduto possibile la nascita di un germoglio simile. Spesso, dalle lezioni in presa diretta (ed assai realistiche) dell’autore si innescano splendidi cortocircuiti didattici che fanno ben sperare, come in questo strepitoso scambio, asciutto ed esilarante: 

"Come si chiama quando si dice il contrario di quello che si pensa facendo capire che si pensa il contrario di quello che si dice?" 

"Prof la sua domanda mi fa venire il mal di testa" 

"Qual è la domanda prof?" 

"Forse ironia?" 

"Be, sì, è esattamente questo. Provate a fare una frase ironica". 

"Lei è bello". 

"Grazie, ma la frase ironica?" 

"Lei è bello". 

"Ok, perfetto, grazie tante". 

Notevole, no? Sembra proprio uno scambio degno di un film di Tarantino tratto da un libro del grande Elmore Leonard che, certo, pur non essendo un insegnante, apprezzerebbe… 

François Bégaudeau, La classe, Torino, Einaudi, 2008 ; pp. 223 

venerdì 27 novembre 2020

LO SPACCIATORE DI FUMETTI

Le storie a fumetti spesso vengono etichettate per approssimativa faciloneria come una forma di intrattenimento di serie B, nonostante sia indiscutibile che alcuni disegnatori e sceneggiatori meritino indubbiamente di essere definiti artisti. Deve saperne qualcosa al riguardo Pierdomenico Baccalario, classe 1974, specialista in narrativa per ragazzi, che con Lo spacciatore di fumetti è davvero riuscito a creare il romanzo perfetto sul mondo dei balloon. La scelta stessa dell’ambientazione, nella Budapest di fine anni Ottanta, è impeccabile alla bisogna perché nella lenta agonia della guerra fredda i fumetti erano fortemente osteggiati nell’Europa dell’Est, considerati una pericolosa forma di spazzatura consumistica. Non la pensa così il protagonista del romanzo, il quindicenne Sàndor, che l’11 di tutti i mesi suole ritrovarsi alla stessa panchina di un parco cittadino per incontrarsi con l’enigmatico Mikla Francia Kiss, un adulto che la polizia segreta certo bollerebbe come sovversivo, dato che da diverso tempo sta foraggiando il giovane protagonista con forniture gratuite di fumetti americani. Per non destare sospetti Sàndor ha cucito una speciale tasca all’interno del suo giubbotto, dove occultare i fumetti e trasportarli ai suoi clienti passando inosservato. Già, perché Sàndor non paga i fumetti ma ha avviato un lucroso business con il suo gruppo di amici, che lavorano su commissione per una selezionata clientela. Forse è un po’ rischiosa come attività per dei ragazzini, ma è un ottimo modo per evadere dalla triste realtà quotidiana, da un patrigno troppo entrante, da un futuro senza grosse prospettive all’orizzonte nella Budapest stagnante in cui Sàndor si ritrova a vivere: in fondo basta sfogliare un albo di supereroi (DC o Marvel, che importa?) per perdersi in universi alternativi e fantastici, seguendo con la fantasia le avventure dell’Uomo Ragno o quelle dei Fantastici Quattro, l’oscuro futuro di Watchmen o l'esistenza problematica degli Inumani. Ma perché il suo misterioso fornitore fa tutto questo per lui, rischiando di essere scoperto dalla polizia segreta o dagli informatori del regime (come forse quel dottor Kadar, che non promette nulla di buono)? Sàndor non lo sa, e non si pone troppe domande finché Mikla Francia Kiss non si presenta all’appuntamento concordato e tutti quelli intorno a lui sembrano diventare improvvisamente molto sospettosi. Intanto c’è anche tempo per sfidare l’autorità con la forza della fantasia: Sàndor e i suoi tre inseparabili amici (Nikolai in particolare) stanno infatti creando un personaggio per conto loro, un ex soldato nazista che vive nei sotterranei di Budapest, è capace di captare le emozioni altrui e risponde al nome inquietante di Fog Grey… Nonostante la tensione sommersa, le cose procedono apparentemente per forza d’inerzia finché non cominciano a precipitare molto rapidamente verso l’unica fine possibile. È Lo spacciatore di fumetti, semplice narrativa per ragazzi al cento per cento, un romanzo che assortisce vari universi fumettistici assortiti (ogni capitolo è dedicato a un personaggio in particolare), le contraddizioni e le ossessioni della guerra fredda, una storia di formazione degna di un Holden Caulfield dell’Est e un piccolo gioiello metaletterario. Il tutto gioiosamente shakerato e scritto con uno stile trascinante, consigliato agli adolescenti ma adatto davvero a tutte le fasce di lettori. È il volume apripista della nuova collana dell’Einaudi “Carta Bianca”. 

Pierdomenico Baccalario, Lo spacciatore di fumetti, Torino, Einaudi, 2011; pp. 242 


domenica 22 novembre 2020

IL NIDO: QUANDO IL MISTERO NASCE DALL’ORDINARIO

Questo inquietante (ma avvincente) romanzo di formazione è stato scritto dallo scrittore canadese Kenneth Oppel, nativo dell’isola di Vancouver e residente a Toronto. La storia prende avvio con una situazione che ricorda vagamente quella al centro di un apprezzato bestseller per ragazzi come Skellig di David Almond: nella famiglia del dodicenne Steve è arrivato un nuovo fratellino, purtroppo nato con una catena incredibile di problemi fisici che potrebbero comprometterne addirittura la sopravvivenza, al punto che i genitori sono tremendamente preoccupati per lui. Tali drammatici frangenti accompagnano un’estate in cui nei dintorni della casa della sfortunata famiglia di Steve si registra uno strano ed innaturale aumento di vespe. Per l’appunto tra le numerose paure ancestrali che affliggono il giovane protagonista si contano pure le vespe, infatti una puntura gli innesca una reazione allergica che induce i genitori a portarlo in ospedale per un controllo. La sera successiva, una volta ammantato tra le coperte, oppresso come sempre dall’atavica paura del buio, il nostro Steve si addormenta e sogna uno strano essere, che il ragazzino ‘sente’ come femminile, un essere indecifrabile e luminoso che gli parla e gli rivela di essere lì per aiutare, insomma per guarire il piccolo, per riparare ciò che non va dentro di lui. Essendo il prescelto per il contatto, Steve fa quello che ciascuno farebbe al posto suo: accetta l’aiuto per salvare il fratellino… ma sarà davvero un aiuto disinteressato quello che le strane creature gli stanno offrendo? Noi lettori potremo scoprirlo in un crescendo di suspense fino al sorprendente finale. Il nido cattura l’attenzione fin dalle prime pagine con la sapiente capacità di Oppel di ricostruire l’anomalia nel normale, di evocare lo straordinario nell’ambito di una situazione quotidiana, peraltro drammatica. Una gran  bella storia, insomma, arricchita dagli ombrosi disegni dell’illustratore canadese Jon Klassen. Assolutamente da provare.

Kenneth Oppel, Il nido, Milano, Rizzoli, 2016; pp. 252

SU DUE RUOTE CON MARGHERITA HACK

È davvero un gran bel personaggio quella irresistibile ‘toscanaccia’ dell’astrofisica Margherita Hack (1022-2013): astrofisica, accademica, direttrice dell’Osservatorio di Trieste, divulgatrice scientifica e, nei suoi ultimi anni, anche infaticabile attivista, ambientalista, animalista… Nonostante nella sua carriera abbia scritto decine di libri scientifici, forse la prima opera integralmente autobiografica di Margherita Hack è stata proprio La mia vita in bicicletta, che rilegge appunto la sua lunga vita attraverso la prospettiva di uno strumento che l’autrice ha utilizzato con sommo diletto per anni ed anni, la bicicletta. Già, perché le due ruote la simpaticissima scienziata fiorentina le ha prima lungamente vagheggiate fin da bambina, poi, quando finalmente ha avuto la sua prima bici, non l’ha mollata più, usandola per andare ogni mattina al liceo in centro (al Galileo, con una parentesi al Machiavelli), quindi per allenarsi agli Assi (è stata un’ottima saltatrice in lungo), per recarsi all’università e, infine, dopo averne ‘allentato’ l’uso in maturità, per le sue tante gite in bicicletta della terza età (punteggiate anche da altrettante partite di volley), prima di appendere definitivamente la bici al fatidico chiodo. Ovviamente la Hack non ci parla soltanto di escursioni su due ruote, ma anche di giochi infantili al Bobolino, di studi, di sport agonistici e amatoriali, di politica (notevoli gli amari capitoli di ricordi del ventennio fascista), della sua lunga e variegata carriera, dei suoi amati animali (cani e gatti), del compagno di una vita (il mitico Aldo) e delle sue tante battaglie per difendere la natura. Nelle ultime pagine non mancano escursioni nei temi scientifici a lei cari, quando ci parla di inquinamento, di fonti energetiche, di effetto serra, di energie rinnovabili, del nucleare e del sogno della fusione a bassa temperatura. Il tutto sempre sul filo del suo irresistibile buonumore: tra una battuta e l’altra, questa libera pensatrice ci regale una galleria di aneddoti che non dimenticheremo facilmente. Confeziona il tutto l’intrigante prefazione di Patrizio Roversi. Assolutamente da provare.

Margherita Hack, La mia vita in bicicletta, Venezia, Ediciclo Editore, 2011; pp. 157

sabato 21 novembre 2020

SKELLIG, UN “ANGELO” CHE NON TI ASPETTI

Si tratta del tardivo romanzo d’esordio dello scrittore inglese David Almond, classe 1951, un libro pubblicato nel 1998 e divenuto a sorpresa un bestseller della narrativa per ragazzi, premiato con un nugolo di riconoscimenti internazionali. A conferma del grande successo riscosso da Skellig basti pensare che da questo romanzo è stato tratto un adattamento teatrale, un’opera lirica e un film per la TV interpretato da Tim Roth. La storia in sé è semplice e quotidiana, ma davvero molto suggestiva: ne è protagonista un ragazzino, Michael, che sta vivendo un momento decisamente problematico della sua giovane vita. La sua famiglia si è trasferita in una casa prima appartenente a un vecchio e necessita di una ristrutturazione totale, e di recente è arrivata una sorellina nata prematuramente, sospesa tra la vita e la morte, e dunque costretta a lunghe degenze ospedaliere. In tale contesto Michael si ritrova nel cadente garage della sua nuova casa e vi scopre, tra la polvere e gli insetti morti, una strana creatura rispondente al nome di Skellig: è scontroso, sembra una via di mezzo tra un uomo e un uccello, ha bisogno di aspirine per combattere l’artrite che lo opprime, chiede di continuo cibo cinese e birra scura, che lui definisce il nettare degli dei. La sua figura inquietante e misteriosa catturerà ben presto l’attenzione di Michael, ma resterà sempre evanescente, enigmatica, sfumata. L’indecifrabile natura di Skellig sarà confermata e puntualizzata come angelica anche da Mina, la figlia della vicina della porta accanto, una ragazzina molto particolare con cui Michael stringerà subito un singolare rapporto d’amicizia, anche se il ragazzo è spesso spiazzato dal fatto che Mina non va a scuola ma è seguita direttamente dalla madre, che le propone un’educazione poco scolastica e molto alternativa, dove spiccano le poesie di William Blake, inquietanti e misteriose, come da copione. Skellig cattura l'attenzione del lettore fin dalle prime pagine attraverso la prospettiva dal basso del piccolo protagonista, che in un momento davvero particolare e difficile della sua vita finisce per ritrovarsi in una situazione indecifrabile e misteriosa, di quelle che ti cambiano la vita, insomma... e noi lettori non potremo che restare con lui per vedere come va a finire. Una gran bella storia, insomma, stranissimo e al contempo intrigante. 

David Almond, Skellig, Milano, Salani, 2009; pp. 151


OPEN: LA STORIA DI ANDRE AGASSI

Lui è Andre Agassi da Las Vegas, classe 1970, uno dei talenti più cristallini che abbiano mai giocato su un campo di tennis, uno sportivo ch...