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venerdì 28 marzo 2025

I QUARANTANOVE RACCONTI DI HEMINGWAY

Questa celebre raccolta di racconti fu pubblicata da Ernest Hemingway (1899-1961) nel 1938 insieme a La quinta colonna, che in Italia fu edita singolarmente da Einaudi nel 1946, mentre I quarantanove racconti uscirono l’anno dopo. Come lo stesso autore spiega nella prefazione, le prime quattro storie dell’indice sono le ultime che ha scritto, mentre le altre seguono fedelmente l’ordine in cui furono pubblicati per la prima volta: Su nel Michigan fu scritta per prima, a Parigi, nel 1921, mentre l’ultima fu telegrafata da Hemingway da Barcellona nel 1938. Sono racconti scritti nei luoghi dove lo scrittore americano si è alternato nell’arco di quasi vent’anni tra Europa, Stati Uniti, Canada e Cuba. Le quarantanove storie saltano da un genere all’altro e, a detta dello stesso Hemingway, sono sgrezzate con la mola, perché lui preferisce scrivere con “uno strumento storto e spuntato” ma avendo qualcosa da dire, piuttosto che servirsi di un mezzo “lucido e splendente” ma senza niente di originale da mettere su carta. Lo stile che emerge in questa raccolta è forse la versione più realistica ed essenziale di quello che ha condotto Hemingway fino al Nobel per la letteratura: sono pezzi di vita vissuta (talvolta neanche troppo eccezionale) che suonano veri in ognuna di quelle frasi o battute scarne con cui l’autore americano ce le racconta, talvolta in modo meditativo e confidenziale. Sono racconti mediamente di poco oltre le dieci pagine, alcuni intorno alle trenta pagine, ma molti davvero brevissimi, intorno alle quattro, eppure in tutti si vedono nitidi scatti di umanità più o meno normale, con occasionali concessioni ai sogni da matador, alle schegge esistenziali di rivoluzionari o di soldati. Si va dalla tragedia beffarda del racconto apripista, La breve vita felice di Francis Macomber, fino alla nostalgica elegia generazionale di Padri e figli, l’ultima storia dell’indice. In mezzo figurano un buon numero di meraviglie narrative tra cui spiccano l'inesorabile attesa della fine de Le nevi del Kilimangiaro, gli essenziali sottintesi di Colline come elefanti bianchi, il bisogno estemporaneo di affetto di Gatto sotto la pioggia e il delicato ritratto di un vecchio solitario in Un posto pulito, illuminato bene. Un indiscusso capolavoro della narrativa di Hemingway, che salutava il lettore esprimendo l’impellente bisogno di tornare a scrivere: “Adesso è necessario rimettersi alla mola. Mi piacerebbe vivere abbastanza per scrivere altri tre romanzi e altri venticinque racconti. Ne conosco di bellini”. A chiusura del volume figura Il principio dell’iceberg, un’intervista a Hemingway sull’arte di scrivere e narrare. Assolutamente da leggere.

Ernest Hemingway, I quarantanove racconti, Torino, Einaudi, 1999; pp. 554

giovedì 29 dicembre 2022

LE STORIE DA NON CREDERE DI ZUCCONI

L’autore di questa saporita e deliziosa raccolta di racconti è uno dei migliori giornalisti italiani dell’ultimo mezzo secolo, Vittorio Zucconi (1944-2019), per lunghi anni inviato de “La Stampa” e di “Repubblica” in mezzo mondo, nonché autore di vari libri tra cui Stranieri come noi. Non è quindi un caso che anche Storie da non credere sia stato scritto nel 2000 negli Stati Uniti, dove Zucconi ha vissuto gran parte della sua vita e dove si è spento di recente. Come lo stesso autore spiega nella premessa alla raccolta, uno scrittore è un giardiniere in grado di far germogliare storie da ogni occasione, dato che i semi delle storie si possono trovare ovunque intorno a noi, figuriamoci in America, che per certi versi è la nazione fondatrice delle leggende metropolitane… Complessivamente Storie da non credere assortisce quarantotto racconti articolati in tre sezioni che già dai titoli sono tutto un programma: gente strana, i casi della vita e sorprese finali. E in effetti sono tutti casi strani quelli raccolti e raccontati da Zucconi, sempre sul filo di un irresistibile humour, perché talvolta queste storie strappano davvero un sorriso e tengono il lettore col fiato in sospeso fino all’ultima riga, dato che spesso si chiudono con l’artificio narrativo prediletto del grande nume della fantascienza breve, Fredric Brown, ovvero il finale a sorpresa. Il bello però è che queste storie incredibili sono tutte vere e si potrebbero trovare in qualunque giornale alla voce “curiosità”. Si comincia con la strana vicenda di Ruth Hana e della sua generosa eredità in… alluminio per chiudere con il coraggioso salvataggio infantile ad opera di una siamese di cui scopriremo la vera natura solo in extremis. In mezzo troveremo casi umani troppo incredibili per essere veri ma di fatto accaduti nella realtà: la rapina galeotta al Bancomat con finale ai fiori d’arancio, la detenuta che scoprì di cucinare uno struggente chili con carne, l’ultraventennale ricerca della giusta qualità di mele per replicare la torta della nonna, la leggendaria torta del… ladro e ci fermiamo per evitare di spoilerare troppo. Una miriade di storie che Zucconi ci racconta spesso sul filo di un irresistibile humour, in certi casi anche con una puntina di macabro ma sempre trattenuto. Un libro di racconti tutti assolutamente da scoprire (e il bello, va ricordato, è che sono anche tutti veri): il divertimento è assicurato, insomma.

Vittorio Zucconi, Storie da non credere, Torino, Einaudi, 2001; pp. 222

giovedì 16 giugno 2022

GENTE DI DUBLINO: I RACCONTI DUBLINESI DI JOYCE

Gente di Dublino è una raccolta di racconti che James Joyce riuscì a pubblicare – con non poche difficoltà e dopo numerosi rifiuti – soltanto nel 1914, ma questo libro conobbe subito un grande successo e fu considerato unanimemente dalla critica uno dei capolavori assoluti della letteratura europea contemporanea. In ossequio al titolo la raccolta assortisce complessivamente quindici racconti ambientati a Dublino che l’autore irlandese scrisse tra il 1904 e il 1907, l’anno in cui Joyce terminò l’ultimo della serie, I morti, che peraltro è il più noto del libro ed è la fonte narrativa dell’omonimo film di John Huston (l'ultimo diretto nella sua lunga carriera. La raccolta cattura momenti emblematici delle vite ordinarie di vari personaggi che vivono a Dublino e dintorni raccontandone le storie quotidiane. Nel complesso Joyce fotografa la sua città natale enfatizzandone due tematiche principali: la soffocante (e diffusa) atmosfera di paralisi morale e la propensione generalizzata alla fuga, un'esigenza che lo stesso autore a un certo punto metterà in atto trasferendosi altrove. I racconti di Gente di Dublino sono narrati in modalità ancora tradizionali (Joyce non aveva ancora realizzato l’approccio sperimentale del suo capolavoro, Ulisse) e sono articolati in quattro sezioni che rappresentano altrettante fase esistenziali: l’infanzia, l’adolescenza, la maturità e la vita pubblica. Nel suo insieme il libro evidenzia l’immobilità morale di molti personaggi di Dublino, che amano la loro terra  e magari ignorano che dovrebbero andarsene, che ci provano senza poi averne la forza, che non sanno come essere felici e talvolta (abbastanza spesso, in effetti) cercano un conforto illusorio nell’alcool. Joyce molto spesso ci fa stare dentro la testa dei protagonisti dei racconti grazie alla tecnica del discorso indiretto libero, e a volte ci mette con loro in una condizione altamente simbolica facendoci vivere insieme a loro un’epifania, uno di quegli momenti rivelatori di un’intera vita. E poi dentro il libro c’è Dublino, ovviamente, lo scenario costante delle storie, con i suoi luoghi d’interesse come Grafton Street o il Trinity College. Le storie che più lasciano il segno a mio modesto avviso sono Eveline, in cui una ragazza riflette sulla prossima partenza per i mari del Sud per vivere una nuova vita col fidanzato marinaio in Argentina (ma poi all’ultimo non ha la forza per abbandonare la città natale) e I morti, il lungo racconto conclusivo che narra di una grande festa e del successivo ritorno nella loro camera d’albergo di Gabriel e Gretta, e dell’epifania evocata in lei dai versi di una canzone capace di ricordare alla donna il suo primo amore di Gallway, un ragazzo fragile che probabilmente si uccise pur di rivederla un’ultima volta. Davvero una gemma luminosa a chiusura di una raccolta assolutamente da scoprire.
James Joyce, Gente di Dublino, Milano, Garzanti, 2008; pp. 213

lunedì 14 marzo 2022

TUTTI I ROBOT DI ASIMOV

È una raccolta imprescindibile per tutti i veri appassionati di fantascienza e per chi ama il nume tutelare di questo genere in assoluto, ovvero il grande ed inimitabile Isaac Asimov (1920-1992), che in mezzo secolo di onorata carriera ha pubblicato un numero incredibile di romanzi, racconti e testi di divulgazione scientifica, senza considerare le numerose raccolte narrative fantascientifiche di colleghi da lui curate. Tutti i miei robot fu pubblicata nel 1982 ed assortisce complessivamente trentun racconti che Asimov scrisse tra il 1940 e il 1977: al suo interno figurano infatti tutte e sette le storie di Io, robot, il libro d’esordio che l’autore americano pubblicò nel 1950, più altre venti tratte da sei antologie diverse (addirittura otto da Il secondo libro dei robot) e quattro inedite. In ossequio al titolo ovviamente Tutti i miei robot è una raccolta tematica di racconti che vertono sul filone robotico della fantascienza, che proprio Asimov contribuì a creare inventando il termine robotica con le relative tre leggi. I racconti non sono proposti in ordine cronologico ma sono suddivisi in sette sezioni in base ad altrettante tipologie: robot non umani, robot immobili, robot di metallo, robot umanoidi, Powell e Donovan (due personaggi umani che hanno a che fare con robot), Susan Calvin (la robopsicologa asimoviana per eccellenza) e due apoteosi conclusive (tra cui il celebre racconto L’uomo bicentenario, che chiude la raccolta). Prescindendo da racconti ‘storici’ ed oggettivamente notevoli (come Robbie, Circolo vizioso e Il robot scomparso ovvero le gemme di Io, robot), corre l’obbligo di citare almeno il simpatico apripista del libro, ovvero Il fedele amico dell’uomo (che parla di un affettuoso cane robot in una base lunare) e una storia narrata da un’anomale prospettiva dal basso come Certezza di esperto, entrambi inediti, il catastrofico AL-76 e Lenny. È una corposa antologia come tante altre pubblicate da Asimov nella sua lunga carriera, ma la particolare struttura, l’introduzione d’autore e le sue brevi presentazioni alle varie sezioni la rendono una raccolta davvero da non perdere.

Isaac Asimov, Tutti i miei robot, Milano, Mondadori, 2007; pp. 560

OPEN: LA STORIA DI ANDRE AGASSI

Lui è Andre Agassi da Las Vegas, classe 1970, uno dei talenti più cristallini che abbiano mai giocato su un campo di tennis, uno sportivo ch...