Carlo
Greppi, classe 1982, è un giovane storico che da anni collabora con Rai Storia
e organizza viaggi della memoria con l’associazione Deina, ha inoltre scritto
libri di narrativa per ragazzi che esplorano tematiche a lui care come appunto
la memoria in Non restare indietro e
il concetto di confine in Bruciare la
frontiera. Nel saggio L’età dei muri
Greppi rilegge il nostro tempo attraverso la lente divergente dei muri e degli
strumenti di divisione in genere: si parte dallo spunto di un frammento del
muro per eccellenza del ventesimo secolo, il Muro di Berlino, portato come souvenir all’autore alla tenera età di
sette anni e qualche mese dal padre, di ritorno da un viaggio nella città
tedesca con l’impressione di aver appena vissuto una svolta epocale. Quel
frammento perduto (ci resterà la curiosità sul relativo ritrovamento) per
Greppi è l’innesco di un viaggio in quella che lui chiama l’età dei muri, in
quanto il Berliner Mauer, una volta abbattuto, è stato seguito da una vera e
propria schiera di sbarramenti divisori in varie parti del mondo. Nel capitolo
incipitario di questo viaggio nella storia Carlo Greppi ci mostra la preistoria
dell’argomento del suo saggio: nel corso dell’Ottocento infatti due uomini, il
francese Joseph Monier e l’americano Joseph Farwell Glidden, elaborano
altrettante invenzioni che si riveleranno decisive per creare divisioni nel
futuro prossimo e venturo, ovvero il cemento armato e il filo spinato, mentre
un terzo, l’inglese Charles Wheatstone, inventerà uno strumento musicale simile
a una fisarmonica, la concertina, che presterà il nome a un tipo di nastro spinato
a grandi bobine che si allargano per creare ostacoli militari dalla prima
guerra mondiale in poi. Da qui L’età dei
muri prosegue raccontando cronologicamente il Novecento attraverso una
serie di archi temporali caratterizzati da muri, divisioni e affini coprendo un
secolo e arrivando fino ai giorni nostri. Non si tratta di un racconto lineare,
però, dato che Greppi ha scelto di mostrarcelo dalle prospettive diversissime
ma con inquietanti punti di contatto di quattro protagonisti del nostro tempo:
si tratta rispettivamente dello storico polacco Emanuel Ringelblum, dell’attivista canadese John
Runnings, del fotografo tedesco Joe J. Heydecker e del mitico cantante
giamaicano Robert Nesta Marley, in arte Bob Marley. Sono quattro uomini che
hanno letteralmente attraversato l’età dei muri: Emanuel Ringelblum ha scelto
di non fuggire dal suo destino ma di farsi rinchiudere nel ghetto di Varsavia
per documentare la Shoah e nascondere le prove per quando tutto sarà finito;
John Runnings ha partecipato al D-Day e poi ha passato una vita da pacifista,
per diventare, già avanti negli anni, il celebre Wall Walker, colui che ha
sferrato la prima picconata al Muro di Berlino; Joe J. Heydecker è entrato
nella Wehrmacht perché la sua famiglia non subisse ripercussioni e da soldato
non ha quasi sparato al nemico, ma è entrato nel ghetto di Varsavia per
fotografare l’orrore, riuscendo a pubblicarne un libro decenni dopo; Bob Marley
è diventato la prima star del terzo mondo grazie al reggae, un nuovo genere musicale, perfetto per superare le
divisioni e celebrare l’amore universale (e non a caso ogni capitolo comincia
puntualmente con una citazione di una canzone del vasto repertorio del cantante
giamaicano). Un gran bel saggio storico, insomma, dove il lettore fluttua tra
quattro indimenticabili uomini persi nei meandri dell’età dei muri, che secondo
Greppi è ben lungi dal concludersi.
Carlo Greppi, L’età dei muri. Breve storia del nostro tempo, Milano, Feltrinelli, 2019; pp. 286