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sabato 7 novembre 2020

LA STANZA DELLE MERAVIGLIE

Iniziamo puntualizzando che si tratta di un'opera del talentuoso Brian Selznick, l’autore di uno dei libri più belli dell’ultimo decennio, un romanzo grafico intitolato La straordinaria invenzione di Hugo Cabret, da cui il grande Martin Scorsese ha tratto una notevole versione cinematografica in 3D che ha entusiasmato gli spettatori di tutto il mondo e di ogni età, precisazione d’obbligo dato che la fonte letteraria in teoria potrebbe essere considerata un cosiddetto romanzo per ragazzi. La ricchezza narrativa delle avventure di Hugo Cabret traeva linfa vitale dal cinema dei tempi andati nel cruciale passaggio dal muto al sonoro, un mondo che il giovane autore del New Jersey, classe 1966, respira dalla culla, trattandosi del nipote di David O. Selznick, il leggendario produttore di Via col vento e di tanti altri capolavori della Hollywood dei tempi andati. Anche con La stanza delle meraviglie il gioco si ripete e il lettore potrà lasciarsi rapire dalla magica alchimia tra parole e splendide immagini a carboncino attraverso le quali si alternano le storie del libro. Già, perché a differenza del romanzo precedente, che nascondeva una storia nella storia, stavolta le storie sono due e scorrono parallele, affidate a protagonisti divisi da un arco temporale di ben cinquant’anni: una raccontata soltanto tramite disegni in bianco e nero, l’altra attraverso le parole, storie ovviamente destinate ad incrociarsi, prima o poi, chissà come. Ne sono protagonisti due ragazzi in cerca del proprio passato e di un posto nel mondo, un equilibrio difficile da trovare soprattutto perché entrambi sono in qualche modo sconnessi rispetto agli altri. Ben è un ragazzo che ama collezionare oggetti strani: ha perso la madre di recente e vive con gli zii a Lake Gunflint, Minnesota, nel 1977. Ben è sordo da un orecchio e non sa niente del padre, che non ha mai incontrato, ma trova una tessera del puzzle del suo ignoto passato nella casa materna in cui non è più entrato dalla tragedia: dentro un libriccino intitolato... La stanza delle meraviglie c’è infatti il segnalibro di una libreria a firma di un tale Danny che potrebbe essere proprio il padre sconosciuto, ma incombe una ‘fulminea’ interruzione che renderà assai più ardua la ricerca di Ben. Rose invece è una ragazzina sordomuta che vive sola col padre in una casa di Hoboken, New Jersey, nel 1927. Rose colleziona in modo quasi maniacale foto e articoli di giornale dedicati a Lilian Mayhew, una celebre attrice del cinema muto che, a quanto pare, vorrebbe assolutamente raggiungere. Entrambi si mettono in fuga in direzione di New York a mezzo secolo di distanza per ritrovare le proprie radici e magari un posto nel mondo. Il fil rouge che lega Ben a Rose chiaramente più avanti arriverà a sorprenderci, anche se in modalità meno fantastiche (ma umanamente struggenti) di quanto sarebbe lecito attendersi. Un lirico happy ending incombe infatti sulla doppia vicenda ma prima Selznick ci farà scoprire il senso dell’arte, il concetto di museo e il segreto dell’amicizia, magari nei meandri del Museo di Storia Naturale della Grande Mela, o forse in una sorprendente meraviglia newyorchese costruita con amore per una vita intera al Queens Museum of Art, perché no? Il dono più stupefacente del romanzo è però l’insostenibile leggerezza con cui Selznick riesce a tratteggiare con una sensibilità davvero unica le storie di due personaggi che hanno difficoltà a padroneggiare le parole e districarsi tra i suoni che caratterizzano il mondo cosiddetto “normale”, riuscendo a parlare con rara delicatezza di un tema difficile come la disabilità. Insomma, La stanza delle meraviglie cattura dalla prima pagina e non ti lascia più, semmai ha il solo difetto di durare troppo poco. Imperdibile. 

Brian Selznick, La stanza delle meraviglie, Milano, Mondadori, 2012; pp. 656 

 

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