Il
sottotitolo dell’autobiografia di Malala Yousafzai, classe 1997, scritta dall’autrice
a quattro mani con la giornalista britannica Christina Lamb, è una bella
dichiarazione d’intenti: “La mia battaglia per la libertà e l’istruzione delle
donne”. E si tratta di una battaglia che parte molto presto: Malala ad appena
undici anni comincia a scrivere su un blog in urdu della BBC le sue
osservazioni sulla vita in Pakistan sotto i Talebani, contrari sia ai diritti
delle donne che al diritto per l’istruzione dei bambini. La tragedia che renderà
Malala un simbolo planetario accade il 9 ottobre 2012, alla fine delle lezioni,
all’uscita da scuola, quando sale sul vecchio autobus per tornare a casa:
improvvisamente sale a bordo un attentatore che le spara, colpendola al volto e
lasciandola a un passo dalla morte. Per Malala è il prezzo da pagare per aver
attirato l’attenzione dei Talebani esprimendo pubblicamente, fin da piccola, il
suo grande desiderio di leggere, studiare e imparare. Miracolosamente però
Malala sopravvive, viene trasferita, priva di coscienza, in un ospedale di
Birmingham e diventa in tutto il mondo l’emblema delle donne che lottano per il
diritto all’istruzione. Il suo impegno l’ha resa nel 2014, a soli diciassette
anni, la più giovane vincitrice di sempre del Premio Nobel per la Pace, che le
è stato conferito ex aequo con l’attivista
indiano Kailash Satyarthi con questa motivazione: “per la loro lotta contro la
sopraffazione dei bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini
all'istruzione”. Io sono Malala è l’appassionato
racconto di questo impegno profuso con coraggio e generosità, in nome della
tolleranza e del diritto all’educazione di ogni bambino del pianeta. Malala ha quindi
continuato a scrivere libri e ad impegnarsi come attivista. Un libro assolutamente
da leggere: nonostante la lunghezza e qualche sprazzo di retorica, le pagine di
questo libro traboccano letteralmente di umanità e di voglia di cambiare il
mondo.
Malala Yousafzai, Io sono Malala, Milano, Garzanti, 2016; pp. 292