lunedì 28 marzo 2022

IL BAR SOTTO IL MARE: GARANTISCE STEFANO BENNI…

Insieme al leggendario Bar Sport questa raccolta costituisce un picco della narrativa breve del bolognese Stefano Benni, classe 1947, giornalista e scrittore dalla corrosiva vena umoristica, come si evince dalle poesie di Prima o poi l’amore arriva e da romanzi irresistibili come Terra! e La compagnia dei Celestini. Il bar sotto il mare costituisce una sorta di raccolta ‘concettuale’, che comincia addirittura dall’immagine di copertina, che raffigura apparentemente ventuno personaggi – che a onor del vero salgono a ventitré considerando anche la pulce sul cane nero e… l’uomo invisibile, che essendo tale non si vede –. Si sfoglia il libro e, dopo il frontespizio col titolo, ecco subito la legenda con le silhouettes dei personaggi della copertina, quindi il prologo che porta l’io narrante della storia sulle tracce di un vecchio elegante con una gardenia all’occhiello, che entra nell’acqua e scompare, presto (in)seguito dal protagonista, che si ritrova in un bar sotto il mare, in mezzo ai ventidue avventori in copertina più l’immancabile barista, che ricorda parecchio Vincent Price. E tutti dopo racconteranno una storia, fino a quella dell’ospite, che narrerà la ventiquattresima chiudendo il cerchio… o forse no. I racconti sono di genere vario e di fantasia dirompente, secondo consolidata tradizione benniana: d’obbligo citare almeno Oleron, il lungo racconto dell’uomo col mantello (che sembra la fotografia di Edgar Allan Poe), la divertente Storia di Pronto Soccorso e Beauty Case dell’uomo con gli occhiali neri (che pare la copia di John Belushi in The Blues Brothers), il racconto giallo Priscilla Mapple e il delitto della IIC della vecchietta (un’anziana signora che si potrebbe confondere con Miss Marple) ed infine la fiaba africana I quattro veli di Kulala narrata dal venditore di tappeti. Una raccolta intrigante e ricca di idee in cui perdersi e ritrovarsi al contempo, con una miriade di citazioni letterarie che svariano da Melville a Queneau, da Flaubert a Lewis Carroll. Assolutamente da provare.

Stefano Benni, Il bar sotto il mare, Milano, Feltrinelli, 1995; pp. 198

giovedì 24 marzo 2022

WONDER, OLTRE LE APPARENZE

R.J. Palacio, classe 1964, è una grafica e un'art director che ha esordito con questo libro, diventato in breve un sorprendente caso letterario e un bestseller internazionale della narrativa per ragazzi. Wonder - il titolo è 'rubato' all'omonima canzone di Natalie Merchant - racconta la storia di August, Auggie per gli amici, un ragazzino di dieci anni come tanti, terrorizzato dall'imminente approdo alla scuola media: il suo problema è che, a differenza della stragrande maggioranza dei suoi coetanei, Auggie non ha una faccia che gli altri possano considerare ‘normale’. Il giovane protagonista di Wonder è infatti nato con una rara malformazione e la sua faccia, per diventare quella attuale, è passata sotto il bisturi del chirurgo un'infinità di volte: Auggie dalla nascita ha dovuto affrontare ben ventisette operazioni, e parecchie nemmeno può ricordarsele, dato che le ha subite quando aveva meno di quattro anni. Non a caso è per questo che il suo ingresso nella scuola è stato ritardato fino alle medie, che incombono su di lui come un macigno, perché non sa come i suoi futuri compagni lo accoglieranno: saranno capaci di vedere oltre le apparenze o saranno spietati con lui? Lo scopriremo insieme ad Auggie, dalla sua prospettiva e da quella di altri personaggi che gravitano intorno a lui, come i suoi compagni Summer, Jack e Justin, oppure la sorella maggiore Via (anche lei molto protettiva col fratello, che dalla nascita involontariamente la 'offusca') e la di lei migliore amica Miranda. Anche questa scelta di raccontare la storia da una sorta di prospettiva molteplice si rivela assolutamente intrigante per il lettore, contribuendo a farlo riflettere ogni volta attraverso un punto di vista diverso. A rendere indimenticabile il romanzo contribuiscono anche una sorta di bonus tracks che contrappuntano la storia, come i precetti del Signor Browne (irresistibili), le "cartoline" degli alunni e una vera e propria colonna sonora (bonus tracks peraltro tutte raccolte nell'appendice finale). Nel complesso Wonder racconta una storia di formazione davvero struggente, con un'ambientazione scolastica in cui tutti ritroveranno qualcosa del loro passato recente o remoto: l'amicizia, i tradimenti, le sorprese inaspettate, gli episodi di bullismo, le cattiverie gratuite, l'onda lunga della gentilezza e, ovviamente, la bellezza naturale che accompagna ogni processo di apprendimento. Alla fine, neanche a dirlo, l'happy ending bussa dietro l'angolo, regalandoci la sensazione che fare la cosa giusta alla lunga sia sempre la scelta migliore. Un romanzo davvero bello e spesso struggente.

R.J. Palacio, Wonder, Firenze-Milano, Giunti, 2013; pp. 287


SOLUZIONE FINALE: UN GIALLO TRA SHOAH E SHERLOCK HOLMES

Lo scrittore americano Michael Chabon, classe 1963, è l’autore di psichedeliche delizie narrative come Wonder Boys o come il monumentale Le avventure di Kavalier e Clay. Con Soluzione finale si è cimentato nella narrativa per ragazzi scrivendo un piccolo gioiello di concisione ed intensità: in particolare si tratta di un (riuscito) omaggio alla tradizione della detective story britannica, con un plot davvero intrigante ambientato durante il secondo conflitto mondiale. La storia prende avvio nel 1944 nella verde campagna inglese: ad un vecchio ed energico signore sulla novantina sembrano interessare più le proprie api che non la guerra che sta infiammando in Europa, ormai giunta ad un cruciale punto di svolta. L’anziano apicoltore  sembra una versione incanutita del mitico investigatore Sherlock Holmes, che ricorda in modo davvero inquietante (anche se tale impressione non è mai confermata esplicitamente). Al vecchio protagonista in un tranquillo giorno d’estate capita di incontrare sulla propria strada un bambino molto particolare, Linus Steinman, al quale la ferocia della Germania nazista a nove anni ha già strappato la famiglia e sembra aver cancellato anche la favella. Ma, se il povero Linus è rimasto senza parole, il suo inseparabile compagno di viaggio è invece un uccello parlante, un loquace pappagallo africano che suole declamare in continuazione una strana tiritera numerica in tedesco, una misteriosa litania in merito alla quale si potrebbe pure immaginare trattarsi di un codice utilizzato dai nazisti o chissà quale strana diavoleria cifrata. Come in ogni giallo che si rispetti, a un certo punto ci scappa pure il morto ed è allora che il vecchio protagonista ritorna in azione per risolvere il mistero. Nel tragitto che conduce il lettore fino allo scioglimento dell’enigma, in ossequio al titolo Chabon ci offre anche un fulminante squarcio della Shoah. Il risultato è un piccolo romanzo appassionante fino all’ultima pagina che conferma appieno il notevole talento di Michael Chabon. Insomma, Soluzione finale è un delizioso omaggio al leggendario detective di sir Arthur Conan Doyle, che si aggiunge, sebbene in modalità atipiche, alle tante  riprese holmesiane da La soluzione sette per cento in poi. Da provare.

Michael Chabon, Soluzione finale, Milano, Rizzoli, 2006; pp. 166

mercoledì 23 marzo 2022

NELLE TERRE SELVAGGE: LA NATURA SECONDO GARY PAULSEN

Senza dubbio lo scrittore americano Gary Paulsen (1939-2021) è stato uno dei più significativi autori di narrativa per ragazzi degli ultimi decenni grazie a una produzione che assortisce oltre un centinaio di titoli (alcuni rivolti anche a lettori adulti) che gli sono valsi per tre volte l’assegnazione del Newbery Honor Award, come nel caso di Nelle terre selvagge del 1987, uno dei romanzi più noti della sua straordinaria carriera. Considerando la vita avventurosa e vagabonda che Paulsen ha condotto barcamenandosi tra l’Alaska, il Nuovo Messico e il Minnesota, non c’è da stupirsi che questo romanzo abbia una grande forza d’impatto e riesca a proiettare il lettore in mezzo a una natura incontaminata e selvaggia, a combattere con lui per sopravvivere giorno per giorno, superando una difficoltà dopo l’altra: una situazione alla Into the wild, insomma... La storia prende avvio con l’adolescente Brian Robeson in volo su un Cessna 406, un piccolo aereo ad elica da turismo: il ragazzo è partito da New York diretto in un giacimento in Canada, dove finiscono i boschi e comincia la tundra, per raggiungere il padre, che negli ultimi tempi si è separato (e traumaticamente) dalla madre. Con sé Brian porta l’ascia che quest’ultima gli ha regalato pensando che potesse tornare utile al figlio durante questa vacanza col padre, ma tutto cambia quando nelle prime pagine il pilota è colpito da un infarto e muore lasciando Brian su un aereo destinato – come tutto sembrerebbe suggerire – a un inevitabile disastro. Il ragazzo, però, a cui il pilota nella prima parte di volo aveva fatto provare i comandi del velivolo, in qualche modo riesce ad indirizzare il piccolo aereo in uno specchio d’acqua, riuscendo ad uscire dalla carlinga prima che si inabissi e salvandosi per il rotto della cuffia. Il punto è che l’aereo non è più visibile e Brian è perso nel mezzo del nulla, in preda a una natura piena di pericoli e senza grosse idee su come cavarsela. La prima sensazione che Brian prova dopo essersi messo in salvo nella terraferma ed essere crollato è una sete assoluta e senza fine al risveglio e, poco dopo, una fame implacabile. E poco dopo arriva a ruota anche la domanda destinata a tormentare le giornate del protagonista: quando arriveranno i soccorsi? Lo scopriremo nel resto del romanzo insieme a tutto ciò che ignoravamo la natura nascondesse: il caldo, la difficoltà a procacciarsi cibo, gli insetti, gli animali… Brian resiste in condizioni estreme cercando di usare quel poco che ha a disposizione e tutte le opportunità di cui la sorte gli consente di avvalersi: cerca soprattutto di mettere a frutto i consigli motivanti del suo professore di lettere, che gli ha insegnato che ognuno di noi ha se stesso e tutte le proprie capacità a disposizione. E anche Brian scoprirà di avere in serbo qualcosa che neppure immaginava e gli consentirà di tirare avanti nell’ambiente avverso in cui è precipitato molto di più di quanto si sarebbe mai aspettato. Il romanzo Paulsen ce lo racconta con un realismo che farebbe invidia a Mark Twain, fotografando le foreste canadesi con una capacità di dettaglio davvero notevole. Al resto provvede un intreccio in grado di tenere sempre il lettore sulla corda fino all’ultima pagina. Nelle terre selvagge racconta una grande storia sospesa a metà tra il romanzo avventuroso e quello di formazione: alla fine ci lascia con la sensazione di aver assistito ad un incredibile percorso di crescita nell’autonomia di un adolescente come tanti che impara a far affidamento soltanto su se stesso (con un po’ di fortuna). Un libro assolutamente da non perdere.

Gary Paulsen, Nelle terre selvagge, Milano, Pickwick, 2016; pp. 217

martedì 22 marzo 2022

STORIE A CINQUE CERCHI: NARRATIVA… OLIMPICA

L’espressione “cinque cerchi” evoca istantaneamente le Olimpiadi moderne e, esattamente come tale manifestazione sportiva internazionale a cadenza quadriennale, è frutto dell’intraprendenza del barone Pierre de Coubertin, che ne fu promotore e che per essa volle un simbolo universale: “La Bandiera Olimpica ha un fondo bianco, con cinque anelli intrecciati al centro: azzurro, giallo, nero, verde e rosso. Questo disegno è simbolico; rappresenta i cinque continenti abitati del mondo, uniti dall'Olimpismo; inoltre i cinque colori sono quelli che appaiono fino ad ora in tutte le bandiere nazionali”. I dieci racconti che lo scrittore e giornalista Gino Cervi ha inserito nella raccolta Storie a cinque cerchi sono ispirati ad alcuni dei leggendari atleti che hanno animato alcune edizioni delle Olimpiadi che dal 1896 hanno rappresentato un appuntamento sportivo fisso (tranne le parentesi causate dalle due guerre mondiali) per tutte o quasi le nazioni del pianeta. Nell’introduzione, in cui Cervi ci racconta che i suoi primi ricordi più o meno diretti partono dalle Olimpiadi del 1968 a Città del Messico e alla mitica foto di protesta di Tommie Smith e John Carlos, l’autore presenta i dieci protagonisti dei suoi racconti in una carrellata di grande intensità. Sfogliando le pagine di questa raccolta partiremo appunto da quella mitica foto spiegata a uno studente dal Professor Smith in persona per arrivare all’ultimo racconto della serie, che ci farà scoprire la storia di Fanny Blankers-Koen, campionessa olandese di atletica leggera entrata nella storia delle Olimpiadi come la “mamma volante”. In mezzo ai due estremi figurano le storie del saltatore Ray Ewry (il cosiddetto “uomo molla”), della fiorettista tedesca Helen Mayer (pluricampionessa tedesca ma di origini ebraiche), del sollevatore Joe DePietro, di misure ridotte ma capace di alzare la medaglia d’oro, della splendida amicizia fiorita a Berlino 1936 tra l’americano Jesse Owens e il tedesco Luz Long, dello strepitoso canottiere britannico Steve Redgrave, dell’occhialuto calciatore italiano Annibale Frossi, capocannoniere della nazionale olimpica medaglia d’oro di Berlino 1936, del pugile cubano Teofilo Stevenson, del nuotatore di Honolulu Duke Paoa Kahinu Makoe Hulikohola Kahanamoku. Il libro si avvale delle illustrazioni di Marco Ceruti e propone a chiosa di ogni storia la relativa scheda biografica e una sezione di playlist finali che documentano le canzoni, i testi e le immagini citate nella raccolta. Un vero must della narrativa sportiva, insomma.
Gino Cervi, Storie a cinque cerchi, Firenze, ed.it, 2012; pp. 127

lunedì 21 marzo 2022

IL GRANDE MONDO LAGGIÙ: BRADBURY RACCONTA…

Romanziere tra i più influenti della sua generazione, Ray Bradbury (1920-2012) all’inizio degli anni Cinquanta ha scritto in breve successione i suoi due indiscussi capolavori romanzeschi, Cronache marziane e Fahrenheit 451, con cui ha rinnovato il genere fantascientifico, ma nel corso di tutta la sua carriera si è dedicato alla stesura di racconti, puntualmente raccolti su varie antologie. Nell’ambito della narrativa breve il picco assoluto della produzione di Bradbury sono senza dubbio i trentaquattro racconti pubblicati nella raccolta Il grande mondo laggiù, uscita nel 1984 e che assortisce storie scritte dall’autore nell’arco temporale tra il 1944 e il 1980 (circa un terzo risalgono agli anni Quaranta e oltre due terzi agli anni Cinquanta). I racconti di questa straordinaria raccolta assortiscono generi diversi, con una decisa prevalenza per quelli che raccontano ricordi del passato, misteri inquietanti e indecifrabili o storie fantascientifiche, racconti sempre narrati sul filo di in un’insostenibile suspense, perché Bradbury sa come intrigare il lettore e tenerlo sulla corda fino all’ultima riga, prima di stupirlo con un finale mozzafiato. La raccolta prende avvio con La sera, che narra la strana notte di attesa di una possibile disgrazia dalla prospettiva di un ragazzino che vive l’ansia vissuta dalla madre per il ritardo (inspiegabile) del fratello maggiore nel rientro serale a casa, e si chiude con una storia davvero simbolica come La fine del principio, che ci mostra l’inizio dei viaggi spaziali dal punto di vista di due persone come tante che riflettono sul momento di svolta cui stanno per assistere (che cambierà per sempre il destino dell’umanità) prima di tornare ai propri impegni quotidiani. In mezzo tra i due estremi figurano molti racconti a pronta presa e un pugno di gemme assolute: come Il lago, che rievoca una tragedia lacustre che si chiude anni dopo in modo inquietante e simbolico, oppure Rumore di tuono, che narra un safari temporale e le imprevedibili conseguenze dell’effetto farfalla sul flusso temporale, o infine Tutta l’estate in un giorno, che ci farà scoprire il Sole dalla prospettiva di un gruppo di bambini nati su Venere, dove la pioggia costante s’interrompe soltanto una volta ogni sette anni. Il Leitmotiv della raccolta è sempre l’universo fantastico dell’autore, che si alterna tra presente e futuro per raccontarci il mondo emotivo dei suoi personaggi cercando di catturarne la ragnatela di valori: gli affetti, l’amicizia, la solidarietà, l’amore, non necessariamente in quest’ordine. Un’antologia davvero splendida e scritta da un autore davvero ispirato: vi catturerà dalla prima storia e vi incuriosirà fino all’ultima con racconti difficili da dimenticare, di quelli che consentono al lettore di lasciarsi trasportare altrove in poche pagine per ritornare a casa in tempo per cena…

Ray Bradbury, Il grande mondo laggiù, Milano, Mondadori, 2002; pp. 434

domenica 20 marzo 2022

VIAGGIO AL CENTRO DELLA TERRA

Precursore della narrativa di fantascienza, Jules Verne (1828-1905) è l’indiscusso nume tutelare del romanzo d’avventura per ragazzi grazie a titoli ben presto divenuti classici come Il giro del mondo in ottanta giorni, Ventimila leghe sotto i mari, Dalla Terra alla Luna e Viaggio al centro della Terra. L’ultimo romanzo in particolare, uscito nel 1864 e subito premiato da un vasto successo di pubblico anche a livello internazionale, s’iscrive al fortunato filone del mondo perduto, raccontando la missione di uno scienziato tedesco con due collaboratori alla ricerca di un itinerario sotterraneo per il centro della Terra. La storia prende avvio ad Amburgo dove il Prof. Otto Lidenbrock, docente universitario di mineralogia, esaminando un prezioso manoscritto islandese del XII secolo insieme al nipote Axel, tra le pagine del libro trova una pergamena su cui è stato tracciato un crittogramma in runico. Una volta tradotto il rompicapo, i due vi scoprono il nome di Arne Saknussemm, uno scienziato islandese del XVI secolo che ha lasciato nel testo le istruzioni per raggiungere il centro della Terra, impresa che lui stesso ha compiuto. Lidenbrock e nipote partono dunque alla volta dell’Islanda per ripetere la missione. Giunti nell’isola, dopo aver ingaggiato la guida Hans, i due protagonisti arrivano allo Sneffels, il vulcano da cui secondo il documento ritrovato partirebbe la via sotterranea al centro del pianeta. Neanche a dirlo, una volta penetrati nelle viscere del vulcano, le avventure e i pericoli per i tre iniziano a susseguirsi una dietro l’altra fino all’approdo a un mare sotterraneo: una volta superato l’ostacolo tra mille difficoltà i tre giungeranno a una costa caratterizzata da una flora e da una fauna molto particolare (e primigenia). Da qui si innescherà il complesso percorso di risalita alla superficie, che sarà compiuto in modalità pirotecniche altamente spettacolari e decisamente sorprendenti per quanto riguarda il punto d’uscita… Insomma, l’intreccio di Viaggio al centro della Terra non delude mai le aspettative e conduce il lettore in un accidentato percorso ricco di fatti imprevedibili e di forti emozioni. La storia è narrata in prima persona da Axel, il titubante nipote di buona volontà del dinamico Prof. Lidenbrock, agitatissimo motore della vicenda, ben compensato dalla guida islandese Hans, pacato e silenzioso ma efficacissimo a tirar fuori il trio da ogni difficoltà e ad assicurarne la sopravvivenza in condizioni progressivamente sempre più estreme. Certo, ogni tanto le pause riflessive della voce narrante e le varie digressioni mineralogiche rallentano il ritmo della storia, ma Verne ci conduce con maestria fino alla scoppiettante conclusione con l’impressione di aver assaporato un capolavoro del genere avventuroso. Un classico per lettori di ogni età.

Jules Verne, Viaggio al centro della Terra, Milano, Rizzoli, 1991; pp. 304

sabato 19 marzo 2022

FAHRENHEIT 451: IL FUTURO DISTOPICO È QUI

Ray Bradbury (1920-2012) è stato uno dei più grandi scrittori di fantascienza della sua generazione e uno dei più ispirati autori contemporanei della sua epoca, soprattutto grazie a due capolavori romanzeschi come Cronache marziane e Fahrenheit 451, ma anche per le tante raccolte di racconti, alcune davvero straordinarie (come Il grande mondo laggiù, tanto per dirne una). A differenza dal romanzo d’esordio, più ‘classico’ dal punto di vista tematico (trattando della colonizzazione del pianeta rosso), Fahrenheit 451 è quello che oggi, memori del successo delle saghe di Hunger Games e Divergent, definiremmo un romanzo distopico, dato che nella storia colpisce soprattutto l’ambientazione futura, in un domani in cui qualcosa è cambiato rispetto al presente – ovviamente dovremmo rapportarci al presente dell’autore, all’inizio degli anni Cinquanta del Novecento, ma il paragone tutto sommato regge abbastanza anche in rapporto al presente dei giorni nostri –. Siamo in un futuro prossimo e venturo in cui i pompieri appartengono alla cosiddetta “milizia del fioco” e, anziché spengere incendi, si occupano di appiccare roghi nelle case di coloro che possiedono libri, oggetti assolutamente proibiti dalla legge. Il protagonista, Guy Montag, è appunto un pompiere ed esercita la sua professione con zelo e convinzione, non riuscendo assolutamente a comprendere le ragioni dei cittadini che infrangono la legge decidendo consapevolmente di possedere dei libri. Le certezze esistenziali di Montag cominciano però a vacillare quando un’anziana signora decide di morire nel rogo della propria abitazione piuttosto che separarsi dai propri libri: in seguito il protagonista porta a casa dei volumi e comincia a leggerli, iniziando a dubitare della propria missione. Nel frattempo sua moglie – completamente assuefatta, come tanti cittadini del futuro, ai programmi televisivi che interagiscono addirittura con gli spettatori – si accorge dei comportamenti del marito e lo denuncia alle autorità, innescando una serie di eventi che faranno di Montag un fuggiasco assegnato come bersaglio a un letale segugio meccanico. Nel finale visionario che incombe sulla storia Montag è destinato a scoprire l’esistenza di un gruppo clandestino di umani che cercano di far sopravvivere i libri oltre il ricettacolo cartaceo con cui storicamente le storie si sono trasmesse nei secoli sia copiate a mano sia stampate. Fahrenheit 451 è un’appassionata apologia del libro come oggetto simbolicamente destinato a salvare il libero pensiero, che nella società futura è avversato per facilitare il controllo sociale, mentre il mezzo televisivo è diffuso ad libitum per favorire una tranquillizzante narcosi della coscienza. Senza dubbio nell’immaginario di Bradbury durante l’elaborazione del romanzo si fece sentire il ricordo angosciante dei roghi di libri perpetrati dal regime nazista negli anni Trenta, ma anche il clima di caccia alle streghe alimentato dal senatore McCarthy nei primi anni Cinquanta negli Stati Uniti durante la Guerra Fredda, con l’ossessione costante dei complotti comunisti e la minaccia incombente di un conflitto atomico (che aleggia anche sul finale del romanzo). Col titolo Fahrenheit 451, così evocativo e particolare, sembra che l’autore volesse indicare la temperatura di accensione della carta alla pressione di un’atmosfera, anche se nel libro l’unico riferimento diretto è la cifra 451 sull’elmetto di Montag. Fahrenheit 451 ebbe un’immediata e vasta fortuna, tanto che nel 1966 fu traslato sul grande schermo nell’omonimo film di François Truffaut. Insomma, un apocalittico canto d’amore sui libri e un romanzo assolutamente da leggere.

Ray Bradbury, Fahrenheit 451, Milano, Mondadori, 2018; pp. 207

mercoledì 16 marzo 2022

LA BOUTIQUE DEL MISTERO: IL BEST OF DEI RACCONTI DI BUZZATI

Questa raccolta uscì nel lontano 1968 e, a differenza delle precedenti pubblicate fino a quel momento da Dino Buzzati (1906-1972), non comprendeva inediti ma soltanto racconti già pubblicati in altre raccolte. Il grandissimo narratore originario di Belluno aveva selezionato e ordinato trentuno racconti “nella speranza di far conoscere il meglio”, per sua stessa ammissione, della sua sterminata produzione: in pratica si era proposto di creare una sorta di best of delle migliori storie del suo repertorio narrativo privilegiato, quello della narrativa breve, a cui Buzzati si è dedicato per tutta la vita. In particolare racconti selezionati sono stati tratti dalle raccolte I sette messaggeri, Paura alla Scala, Il crollo della Baliverna, In quel preciso momento, Sessanta racconti e Il colombre. In pratica si tratta dell’itinerario perfetto per addentrarsi nel misterioso e talvolta indecifrabile universo buzzatiano, con una serie strepitosa di storie altamente simboliche, inquietanti, di afflato fantastico e spesso altamente simboliche. E poi Buzzati sapeva come costruire la suspense di un racconto e conquistare il lettore dalle prime righe per poi incantarlo in progressione e fulminarlo con un finale di grande impatto, come succede ad esempio in un racconto (Il mantello) sullo strano ritorno a casa del figlio partito anni prima per la guerra e tornato per una breve visita alla famiglia con un angosciante mantello addosso che non vuole assolutamente togliersi. L’autore talvolta ci conquista con una storia inquietante e col non detto ma suggerito, come avviene ne I topi, oppure ci avvince con storie di grande impatto simbolico come I sette messaggi, che apre la raccolta, e Il colombre. D’obbligo segnalare infine il racconto forse più notevole dell’opera buzzatiana, una gemma del genere fantastico e dintorni intitolata La giacca stregata. Un’antologia semplicemente unica, insomma.

Dino Buzzati, La boutique del mistero, Milano, Mondadori, 2009; pp. 238

lunedì 14 marzo 2022

TUTTI I ROBOT DI ASIMOV

È una raccolta imprescindibile per tutti i veri appassionati di fantascienza e per chi ama il nume tutelare di questo genere in assoluto, ovvero il grande ed inimitabile Isaac Asimov (1920-1992), che in mezzo secolo di onorata carriera ha pubblicato un numero incredibile di romanzi, racconti e testi di divulgazione scientifica, senza considerare le numerose raccolte narrative fantascientifiche di colleghi da lui curate. Tutti i miei robot fu pubblicata nel 1982 ed assortisce complessivamente trentun racconti che Asimov scrisse tra il 1940 e il 1977: al suo interno figurano infatti tutte e sette le storie di Io, robot, il libro d’esordio che l’autore americano pubblicò nel 1950, più altre venti tratte da sei antologie diverse (addirittura otto da Il secondo libro dei robot) e quattro inedite. In ossequio al titolo ovviamente Tutti i miei robot è una raccolta tematica di racconti che vertono sul filone robotico della fantascienza, che proprio Asimov contribuì a creare inventando il termine robotica con le relative tre leggi. I racconti non sono proposti in ordine cronologico ma sono suddivisi in sette sezioni in base ad altrettante tipologie: robot non umani, robot immobili, robot di metallo, robot umanoidi, Powell e Donovan (due personaggi umani che hanno a che fare con robot), Susan Calvin (la robopsicologa asimoviana per eccellenza) e due apoteosi conclusive (tra cui il celebre racconto L’uomo bicentenario, che chiude la raccolta). Prescindendo da racconti ‘storici’ ed oggettivamente notevoli (come Robbie, Circolo vizioso e Il robot scomparso ovvero le gemme di Io, robot), corre l’obbligo di citare almeno il simpatico apripista del libro, ovvero Il fedele amico dell’uomo (che parla di un affettuoso cane robot in una base lunare) e una storia narrata da un’anomale prospettiva dal basso come Certezza di esperto, entrambi inediti, il catastrofico AL-76 e Lenny. È una corposa antologia come tante altre pubblicate da Asimov nella sua lunga carriera, ma la particolare struttura, l’introduzione d’autore e le sue brevi presentazioni alle varie sezioni la rendono una raccolta davvero da non perdere.

Isaac Asimov, Tutti i miei robot, Milano, Mondadori, 2007; pp. 560

domenica 13 marzo 2022

L’AMICO RITROVATO, UN LIBRO PER NON DIMENTICARE

A pensare di scoprire un cospicuo catalogo di libri di questo autore di origini tedesche naturalizzato britannico, si rischierebbe una delusione: l’opera più famosa di Fred Uhlman infatti è proprio L’amico ritrovato, che ha ispirato l’omonima pellicola di Jerry Schatzberg. Nato a Stoccarda nel 1901, Uhlman è morto a Londra ad ottantaquattro anni, ed è anche autore di un’autobiografia intitolata Storia di un uomo. Considerando che ha poco più di un’ottantina di pagine, L’amico ritrovato rientra nella tipologia del romanzo breve, anche se racconta una storia di quelle che si possono ritenere davvero di grande respiro. La vicenda narrata è ambientata per gran parte nel periodo che prelude al secondo conflitto mondiale, a Stoccarda per l’esattezza, ed è più che altro la storia di una splendida amicizia tra due ragazzi, la classica amicizia che si ricorda per una vita intera. I due s’incontrano sui banchi dell’esclusivo liceo che entrambi frequentano nella città tedesca ma la loro estrazione sociale è la più diversa che si possa immaginare: uno, Hans, è figlio di un medico ebreo, mentre l’altro, Konradin, proviene da una delle più antiche famiglie aristocratiche di tutta la Germania. In un decennio politicamente marcato come quello degli anni Trenta  a dividere i due ragazzi si aggiungono la storia, il Nazismo, il pregiudizio razziale. Il padre del ragazzo ebreo nel 1938 prende la drammatica decisione di staccarsi dal figlio per garantirgli un futuro in America. E la Shoah segna Hans per tutta la vita, indelebilmente, proprio come quella preziosa amicizia andata in frantumi insieme ai sogni della sua giovinezza, ma questo piccolo libro si rivela un’autentica bomba ad orologeria nel finale, quando la verità restituirà alle cose la giusta prospettiva. L’autore, originario di Stoccarda e transfuga dalla Germania negli anni Trenta, in Inghilterra divenne un affermato pittore e pubblicò L’amico ritrovato a settant’anni, azzeccando un’opera destinata a diventare un classico: Ulhman stesso d’altra parte disse che “si può sopravvivere con un solo libro”, come conferma decisamente L’amico ritrovato, di cui l’autore scrisse i due seguiti Un’anima non vile e Niente resurrezioni, per favore, che insieme hanno così composto la cosiddetta Trilogia del ritorno. Questo libro è una piccola gemma da leggere per non dimenticare che anche la pagina più buia della storia non è riuscita a spegnere la luce di una bella amicizia tra due ragazzi. Una splendida storia per tutte le età.

Fred Uhlman, L’amico ritrovato, Milano, Feltrinelli, 1991; pp. 93

ETERNI SECONDI... QUANDO PERDERE È UN'AVVENTURA MERAVIGLIOSA

Si tratta di una raccolta nata nella Scugnizzeria, una libreria nata a Scampia che si è autodefinita “Piazza di spaccio di libri”, che è un bel modo per ribaltare in chiave letteraria un termine che in questo quartiere di Napoli spesso ha un significato decisamente più negativo: una bella idea, insomma, che è il coronamento del sogno di Rosario Esposito La Rossa, scrittore ed editore, che infatti sotto l’insegna ha fatto scrivere “Sognare il sogno impossibile”. E basta leggere la prefazione di Eterni secondi – che ha un sottotitolo significativo come Perdere è un’avventura meravigliosa – che ci si rende immediatamente conto che l’intento è stato raggiunto in questa libreria di frontiera dove esiste il libro sospeso (ovvero già pagato a favore di chi non può permetterselo, come il caffè), dove oltre ai libri si possono acquistare prodotti tipici, dove si possono frequentare corsi di recitazione e laboratori di scrittura creativa. Infatti Eterni secondi è nato qui dalla fantasia dei piccoli frequentatori della Scugnizzeria: a dire il vero il primo lavoro che avevano proposto all’Einaudi era stato rifiutato e per superare il comprensibile sconforto, hanno iniziato a discutere dei campioni che sono stati sconfitti ma hanno trovato la forza di rimettersi in piedi e riprovarci. Così  i ragazzi della Scugnizzeria hanno raccolto venti storie di sportivi che magari non sono riusciti a vincere ma in qualche modo con la loro passione hanno cambiato il mondo, o almeno hanno tracciato la via del cambiamento col primo gesto esemplare. E sono venti storie per altrettante figure indimenticabili: il viaggio comincia alle Olimpiadi di Berlino del 1936 con L’ultima riga bianca, che ci farà scoprire l’incredibile amicizia tra Luz Long e Jesse Owens, due atleti in grado di vincere le barriere razziali, e si conclude con Lo stupore dei tacchetti, dove conosceremo il più grande calciatore argentino di tutti i tempi, che non era Maradona né Messi, ma El Trinche, al secolo Tomás Carlovich, un esteta del pallone. E in mezzo troviamo personaggi altrettanto straordinari, come il leggendario mezzofondista ceco Emil Zatopek, il velocista australiano Peter Norman (secondo nella finale dei 200 metri a Messico 1968 con la premiazione di protesta di Tommy Smith e John Carlos), il maratoneta italiano Dorando Pietri, la tennista Billie Jean King, che in nome della parità di genere accettò e vinse lo scontro tennistico con un uomo in una partita passata alla storia come “La battaglia dei sessi” o del giovane canadese Kerry Fox, che cercò di attraversare il Canada coast to coast nella Maratona della Speranza per raccogliere fondi per la lotta contro il cancro, morendo nel tentativo. Un piccolo grande libro che si legge tutto d’un fiato e regala venti storie esemplari di sport e buona volontà. Impreziosiscono il tutto le illustrazioni di Lorenzo Conti.
Rosario Esposito La Rossa, Eterni secondi, Torino, Einaudi, 2019; pp. 183

mercoledì 9 marzo 2022

BIANCO: IL MONDO DOPO LA FINE DEL MONDO

L'autrice della strana storia raccontata in Bianco è Laura Bonalumi, classe 1966, che ha lavorato a lungo nel settore della pubblicità ma poi è stata folgorata dalla passione per la scrittura ed è diventata una scrittrice di narrativa per ragazzi. Propriamente Bianco è un romanzo di formazione dai risvolti distopici, talmente generalizzati da risultare davvero molto inquietanti. Siamo in un futuro prossimo e venturo in una città non specificata in cui tutto è avvolto dal bianco manto della neve: la voce narrante della protagonista, la diciannovenne Isabella, ci trasporta in una realtà glaciale e senza speranza. All'inizio le prime nevicate autunnali sono state accolte con sorpresa e quasi con gioia, ma l'incredibile ondata di freddo che è seguita ha fatto morire per assideramento gran parte della popolazione. Quaranta giorni dopo Isabella è rimasta orfana ed è stata salvata da morte sicura dall'intervento di Davide, un uomo che ha raccolto un manipolo di sopravvissuti che cercano di tirare avanti nella canonica di una chiesa: oltre a lui e ad Isabella ci sono una donna che ha perso la sua famiglia, due fratellini che hanno perduto i genitori e un prete. A un certo punto nel variegato gruppo arriva anche un giovane che si e introdotto di soppiatto in chiesa. Non ci sono informazioni di sorta per capire cosa è successo né speranze in arrivo sui titoli di coda: i sette protagonisti lottano per sopravvivere, vanno in escursione nel bianco inferno che è diventato la città in cerca di cibo e di altri sopravvissuti, cercano di non perdere la fede a cui ognuno di loro attribuisce forme diverse. Tirano avanti, insomma. Isabella, in particolare, non crede più che prima o poi arriverà un happy ending a sistemare le cose, tenta di ricordare la sua storia e chi ha perso, continua ad amare i libri che amava prima, consapevole che continueranno ad esistere anche nell'incerto domani che si profila all'orizzonte. Bianco racconta davvero una bella storia, dolorosa da far male, molto simile, anche troppo, ai panorami di solitudine ed incertezza che tutto il mondo ha vissuto dall'inizio della pandemia. Da questo punto di vista, nonostante le sequenze di tensione e di azione, questo romanzo offre numerosi spunti di riflessioni su cosa conta veramente quando la realtà "normale" a cui siamo abituati è scossa alle fondamenta e il mondo che conosciamo sembra diventato un'irreale distesa di bianco troppo fredda per sopravvivere. Assolutamente da leggere fino all'ultima pagina.

Laura Bonalumi, Bianco, Casal Monferrato, Piemme ("Il Battello a Vapore"), 2020; pp. 239


IO SONO ZERO

Medico e psicoanalista milanese, Luigi Ballerini è anche uno scrittore specializzato in narrativa per ragazzi e un giornalista pubblicista che da anni scrive per vari periodici, soprattutto di tematiche quali la scuola, l'educazione e i giovani. I suoi argomenti privilegiati sembrano essere confluiti in massa in questo romanzo, che si intitola Io sono Zero ed è incentrato su un esperimento educativo davvero estremo ed inquietante. Il protagonista della storia è un ragazzo che sta per compiere quattordici anni e sa di chiamarsi semplicemente Zero: ha vissuto tutta la vita da solo, in un ambiente protetto chiamato Mondo, senza mai conoscere il mondo esterno (quindi ignora il vento o le precipitazioni atmosferiche). Zero è stato addestrato a combattere pilotando droni tramite computer, guidato da quando iniziano i suoi ricordi unicamente da una voce che lui chiama Madar - molto simile all'espressione inglese per "madre", in effetti -, che di solito lo premia al conseguimento dei suoi obiettivi. Perché Zero rappresenta una tipologia di studente davvero inquietante, anche se in effetti sembra sereno, complessivamente contento della sua vita, motivato a migliorare ed impaziente di scoprire i nuovi livelli che lo attendono in futuro. A un certo punto, però, nel Mondo in cui Zero è vissuto da sempre tutto diventa buio: il ragazzo pensa che si tratti di un test, cerca una via d’uscita e in qualche modo si ritrova all’esterno, nel mondo reale, dove fa freddo e c’è la neve, dove le persone parlano tra sé e senza schermi telematici. Ed è un mondo, quello vero, che gli è completamente ignoto, purtroppo. Per sua fortuna Zero trova l’aiuto di una coppia di buona volontà e piena di buone intenzioni nei suoi confronti, nonostante il ragazzo non voglia affatto collaborare con loro e desideri soprattutto tornare nel suo rassicurante Mondo con la “M” maiuscola, anche se ben presto il contatto con il mondo vero scatenerà in lui sensazioni e desideri sino a quel momento neppure immaginati. La domanda fondamentale a questo punto è la seguente: chi l’ha messo nella sua particolarissima situazione? E perché mai l'ha fatto? Potremo scoprirlo soltanto leggendo questo trascinante, inquietante ed originalissimo libro di Luigi Ballerini, felicemente sospeso a mezzo tra la storia di formazione e il romanzo distopico: ci spiazzerà a partire dalle prime pagine, coinvolgendoci fino alle ultime con il processo di rinascita (nel senso letterale di “seconda nascita”) del giovane protagonista. In tralice affiorano riflessioni davvero profonde sull'adolescenza e sulla vita “virtuale” che caratterizza già il nostro presente e minaccia di diventare un aspetto assai più invasivo del futuro che ci aspetta. Insomma, è Io sono Zero, un romanzo assolutamente da provare. 

Luigi Ballerini, Io sono Zero, Milano, Il Castoro, 2015; pp. 184


OPEN: LA STORIA DI ANDRE AGASSI

Lui è Andre Agassi da Las Vegas, classe 1970, uno dei talenti più cristallini che abbiano mai giocato su un campo di tennis, uno sportivo ch...