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domenica 18 maggio 2025

SE LA FILOSOFIA DI ARISTOTELE SI TINGE DI GIALLO…

La canadese Margaret Doody è una scrittrice per diletto, di professione insegna inglese e letteratura comparata alla Vanderbilt University: nel suo Aristotele detective mette in campo il mitico filosofo di Stagira nelle (teoricamente) per lui inedite vesti di investigatore. Un’operazione non troppo diversa da quella vista ne Il nome della rosa di Umberto Eco: un omicidio, un frate investigatore, un ambiente chiuso come un’abbazia, insomma tutti gli ingredienti classici del giallo, colorato da Eco a modo suo, grazie anche ai dettagliati studi da lui svolti su quel particolare periodo storico. Anche la Doody gioca la stessa carta: un delitto, un investigatore insospettabile e un contesto storico rigorosamente ricostruito. Il romanzo della Doody è la dimostrazione pratica di cosa succederebbe applicando il sillogismo aristotelico ad un delitto: la risposta, stando all’autrice canadese, è che avremmo trovato il primo prototipo di Sherlock Holmes della storia, o meglio di Nero Wolfe, dato che Aristotele è una mente ordinatrice di indizi raccolti dalla classica spalla, in questo caso un giovanotto ateniese di nome Stefanos, suo ex studente del Liceo, volenteroso, simpatico, ma non abbastanza sveglio da ordinare in proprio un’indagine che lo tocca direttamente. Perché accade che Stefanos sia uno dei primi testimoni dell’omicidio del facoltoso oligarca Boutades e che dell’omicidio sia incolpato a sorpresa proprio un cugino latitante di Stefanos, che dovrà improvvisarsi suo difensore in aula. Sulla scena del delitto pare non siano stati ritrovati indizi significativi, almeno per gli occhi comuni, non per quelli di Aristotele, che se li fa esporre da Stefanos “come se si trattasse di un problema di geometria”: poi ragiona, stabilisce collegamenti ed utilizza il suo ex studente in qualità di esecutore materiale delle indagini. Ed alla fine Aristotele arriva ovviamente alla soluzione del caso, affidando l’incarico di esporla con logica implacabile a Stefanos, che smaschererà il vero colpevole come un Perry Mason in versione ellenica, nel corso della sua arringa finale. In Aristotele detective alla buona idea di base segue un magistrale svolgimento: l’ambientazione è puntuale e calata nel periodo in modo impeccabile (siamo nell’Atene del IV secolo a.C., è bene ricordarlo), la rappresentazione di Aristotele è credibile, la storia funziona e la suspense regge sino all’ultima pagina, come in ogni buon giallo che si rispetti. Il successo dell’idea ha reso Aristotele detective l’episodio apripista di una serie poliziesca che a buon diritto può definirsi “classica”… E per giunta battendo sul tempo anche Il nome della rosa, dato che Aristotele detective uscì nel 1978, in leggero anticipo rispetto al fortunato bestseller pubblicato nel 1980 dal professor Eco. Tra parentesi, il romanzo della Doody ha anche l’innegabile merito di rendere la logica una lettura intrigante fino all’immancabile soluzione ad effetto che un buon giallo svela soltanto alla fine. Insomma, chi avrebbe mai immaginato che il vero antesignano del detective moderno parlasse in greco antico e ragionasse per sillogismi?

Margaret Doody, Aristotele detective, Palermo, Sellerio, 1999; pp. 449

domenica 28 novembre 2021

IL MISTERO DEGLI STUDI KELLERMAN, UN GIALLO PER RAGAZZI DI KEN FOLLETT

Gallese originario di Cardiff, classe 1949, Ken Follett dalla fine degli anni Settanta con l’uscita del romanzo di spionaggio La cruna dell’ago figura stabilmente ai vertici delle classifiche internazionali di bestseller, ma quando era un giovane scrittore sconosciuto ha pubblicato sotto pseudonimo un paio di libri di narrativa per ragazzi che poi la Mondadori ha pubblicato sull’onda del successo internazionale dell’autore: si tratta del romanzo di fantascienza Il pianeta dei bruchi e di un giallo come Il mistero degli Studi Kellerman, che anticipa in chiave minore il genere privilegiato e molti dei temi ricorrenti della narrativa di Follett. Il protagonista della storia è Mick Williams, un ragazzino che vive in un quartiere popolare di Londra con la mamma in un bilocale senza troppe pretese e che cerca di dare una mano consegnando i giornali a domicilio con la bicicletta nella zona per un edicolante, il signor Thorpe. Un giorno si ritrova come collega Randall Izard, detto Izzie, che si è trasferito nella scuola che anche Mick frequenta, e ben presto i due diventano amici inseparabili. Le cose si complicano quando Mick legge sul giornale che prossimamente gli Studi Kellerman di via del Canale –un grande teatro di posa chiuso da oltre un anno che si trova davanti a casa sua – diventeranno un albergo di lusso: subito dopo il giovane protagonista apprende dalla mamma che purtroppo tutti i fatiscenti palazzi circostanti saranno demoliti per favorire questo progetto immobiliare, infatti tutte le famiglie in affitto nella zona hanno già ricevuto lo sfratto. Nel frattempo Mick segue con entusiasmo le mirabolanti rapine messe a segno dalla Banda Mascherata, un gruppo di criminali che derubano banche mettendosi in fila travestiti da normali clienti. Tutto cambia quando Izzie rivela a Mick che conosce un passaggio segreto per entrare negli Studi Kellerman di nascosto e i due ragazzi per gioco decidono di dare un’occhiatina, incuriositi dal fatto che, anche se dovrebbero essere deserti, un furgone vi entra con sospetta regolarità. I nostri improvvisati eroi decideranno di investigare con la riposta speranza di evitare alla gente di via del Canale di finire sulla strada ma, ovviamente, si ritroveranno loro stessi in mezzo ai guai... Il mistero degli Studi Kellerman è soltanto un piccolo giallo per ragazzi di un centinaio di pagine e rotti, ma Follett racconta la storia con una gradevole verve e riesce con pochi tratti a disegnare anche una convincente galleria di personaggi di contorno. Da provare.

Ken Follett, Il mistero degli Studi Kellerman, Milano, Mondadori, 2012; pp. 109

domenica 27 dicembre 2020

SETTE ABBRACCI E TIENI IL RESTO

Già autore de L'ombelico di Adamo, Stefano Tofani con Sette abbracci e tieni il resto ha scritto un romanzo di formazione per ragazzi di quelli che conquistano fin dalle prime pagine e non ti lasciano più. Il merito in gran parte è del protagonista, un ragazzino di dodici anni che si chiama Ernesto, anche se parecchi lo apostrofano con un soprannome che a lui non piace per niente come Quattrocchi, perché ovviamente porta gli occhiali. Non se la passa granché bene in effetti: zoppica per i postumi di un incidente automobilistico in cui ha perso l'amata nonna, di cui continua a ricordare come un mantra gli insegnamenti di vita, i proverbi e l'affetto. E la sfortuna del ragazzino non è finita qui: Ernesto ha i genitori separati, vive con una madre che spesso rincasa tardi dalle discoteche, e anche il padre non è affatto il massimo. Il protagonista insomma ha un'unica consolazione: sognare di essere considerato un po' da Martina, l'immancabile ragazza più carina della classe che ha ben altri studenti per la testa, purtroppo, ovviamente più grandi di lei. Tutto cambia quando Ernesto viene a conoscenza di un sistema per osservare il suo amore impossibile in modalità discinta, finendo per combinare l'immancabile disastro. D'altra parte non ha neanche un amico in grado di dargli consigli sensati, eccettuando Lucio, che è bloccato su una carrozzina ed ha purtroppo la vocazione del grillo parlante. In un quadro desolante a dir poco però Ernesto intravede l'occasione per coprirsi di gloria e conquistare Martina quando quest'ultima sparisce nel nulla sgomentando l'intero paese. Con un improbabile segugio prestato da un amico albanese di un centro accoglienza, Ernesto cercherà infatti di fare la cosa giusta e ritrovare Martina. Ci riuscirà? E si tratterà davvero di un caso di rapimento come tutti sembrano pensare? La storia al centro di questo delicato romanzo di formazione di Stefano Tofani regala al lettore una realistica ricostruzione della vita di provincia dalla prospettiva di un ragazzino sfortunato che vorrebbe qualcosa di più dalla vita e ragiona a un livello più alto della fauna giovanile che lo circonda e spesso finisce per ferirlo (gratuitamente) a livello emotivo. Da provare, soprattutto per la verve linguistica, che a tratti in effetti stende il lettore.

Stefano Tofani, Sette abbracci e tieni il resto, Milano, Rizzoli, 2019; pp. 222

OPEN: LA STORIA DI ANDRE AGASSI

Lui è Andre Agassi da Las Vegas, classe 1970, uno dei talenti più cristallini che abbiano mai giocato su un campo di tennis, uno sportivo ch...