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domenica 10 marzo 2024

DEDALO & DHARMA, UN’AVVENTURA MAGICA NEL MONDO DEL CINEMA

Lui è Manlio Castagna da Salerno, classe 1974, sceneggiatore, regista, critico cinematografico e scrittore di spicco della narrativa per ragazzi italiana a partire dall’esordio con la saga di Petrademone, autore peraltro de La notte delle Malombre e regista del docufilm Il viaggio degli eroi, con Marco Giallini. In Dedalo & Dharma. Fuga dal Cinema Kazan Castagna ha condensato tutto il suo amore per il la settima arte, creando una storia multitasking che parte da un cadente vecchio cinema di provincia dove capita qualcosa di incredibile sulla falsa riga del mitico La rosa purpurea del Cairo di Woody Allen: un personaggio di un film esce dallo schermo ed approda al mondo reale. La miccia d’innesco della trama sta tutta qui e lo strano caso si verifica in quel di Folgheri, ridente cittadina marina che si vivacizza d’estate ma resta di una noia mortale tutto l’anno. È qui che vive Dedalo, che ha una grande passione per il cinema ed è appena stato mollato dalla ragazza dopo ben cinque giorni di fidanzamento. Per aiutarlo a dimenticare arriva nel cadente cinema Kazan arriva il film del momento, The Rindwalker, un horror scifi stile Alien in cui una creatura aliena approda sul nostro pianeta per mietere vittime a profusione. Il problema è al minuto sette del film appare sullo schermo il personaggio di Dharma e Dedalo se ne innamora a prima vista, al punto che continua ad ammirarla in tutte le repliche successive nonostante il personaggio non sia destinato a fare una bella fine. E una fatidica sera accade l’impossibile: Dharma supera lo schermo ed entra nel mondo reale, per la gioia di uno stupefatto Dedalo. Purtroppo l’ha inseguita anche il Rindwalker, che potrebbe fare una strage, e la presenza di Dharma minaccia l’esistenza stessa dell’attrice che ha dato vita al suo personaggio nel film, Mia Miller. Sarà il buon Elia, il misterioso gestore del Kazan, a svelare ai due ragazzi che Dharma è una cosiddetta escapee e che è assolutamente necessario che ritorni nel suo film. Per riuscirci i due protagonisti dovranno trovare i varchi giusti nel multiverso cinematografico cercando di stare attenti ai custodi che proteggono ogni pellicola dall’ingresso di intrusi indesiderati: saranno accompagnati nell’avventura dagli impagabili fratelli Crisa e Lelio, e per rimettere le cose a posto dovranno saltare da un film all’altro, talvolta finendo nel titolo sbagliato. Dedalo & Dharma. Fuga dal Cinema Kazan è una vera dichiarazione d’amore per il cinema e ci porta a spasso tra generi molto diversi ma sempre ricostruiti con sapienza descrittiva e tramite un corredo di splendide locandine realizzate da Kalina Muhova che amplificano il multiverso di celluloide che Castagna ha inventato per i suoi lettori. Per certi versi si tratta anche di un’avventurosa storia di formazione, di una struggente storia d’amore e di bella storia d’amicizia, il tutto centrifugato e shakerato con tinte fantastiche ed orrorifiche. Insomma, il romanzo si fa leggere dalla prima all’ultima pagina, aspettando la vera conclusione che l’autore si permette di dilatare ad arte. Chi ha apprezzato La straordinaria invenzione di Hugo Cabret di Brian Selznick farà meglio a mettersi alla prova anche con l’ultima fatica di Manlio Castagna. Da non perdere.

Manlio Castagna, Dedalo & Dharma. Fuga dal Cinema Kazan, Milano, Mondadori, 2023; pp. 364

domenica 25 febbraio 2024

DORA PER SETTE, NARRATIVA PER RAGAZZI ON THE ROAD

Lei è Saschia Masini da Firenze, classe 1983, ed ha al suo attivo un convincente esordio come Dadieci, un romanzo di formazione per ragazzi felicemente sospeso a metà tra il giallo e uno spaccato di calcio giovanile. Dora per sette è l’attesa prova seconda – che conferma la vocazione dell’autrice per i titoli “numerici” – dove tutto finisce per andare per il verso giusto nonostante si tratti di un libro piuttosto diverso dal precedente. Stavolta si tratta di un romanzo on the road che verte intorno alla magica alchimia che si crea tra i membri di una famiglia numerosa in cui ogni componente ha una personalità spiccata che talvolta innesca cortocircuiti emotivi con qualche familiare: il collante è ovviamente la Dora del titolo, che è la vecchia e scalcinata Fiat Panorama del 1986 su cui i coniugi Mennonna hanno praticamente allevato i loro tre figli, diversissimi sia sotto il versante anagrafico che caratteriale. I genitori in questione sono Nicola, docente anticapitalista che da sempre sta tentando di elaborare un modello di tassazione inversamente proporzionale all’età, e Karin, laureata in filosofia ma progressivamente convertita a mamma multitasking dopo i primi due figli, incompatibili in modo apparentemente irrimediabile: già, perché il tredicenne Orlando, rugbista non agonistico e introspettivo, pare geneticamente concepito per litigare con la sorella undicenne Amelia, “fogatissima” promessa del salto ippico ad ostacoli e molto esuberante, infatti litigano senza soluzione di continuità dalla mattina alla sera. L’unico punto d’incontro tra i due è la sorellina Berenice, che ha poco più di due anni e che entrambi adorano in modo incondizionato. Ad innescare la dinamica on the road  della storia è una telefonata da parte dell’allenatore di Amelia, l’odioso Riscettini detto Rich, allo scopo di convocare in extremis la ragazzina con la sua amata pony Lady Killer per gareggiare in una prestigiosa competizione in programma a Catania di lì a pochi giorni: un problema non da poco per i Mennonna, dato che risiedono a Milano e che la meta insulare dista svariate centinaia di chilometri da percorrere con la vecchia Dora, carica dei cinque più nonna Bruna e con tanto di trailer equino a traino. Riusciranno ad arrivare in tempo utile per il concorso? Sopravvivranno alla convivenza forzata nell’abitacolo di Dora con tutto quel che ne consegue? Ovviamente lo scopriremo una pagina dopo l’altra in una sarabanda di sorprese, incidenti di percorso e litigi in serie. E alla fine, ça va sans dire, magari Amelia potrebbe perfino imparare qualcosa di nuovo sul senso della competizione fine a se stessa, chissà... Dora per sette è un romanzo per ragazzi che riesce nella non facile impresa di condensare una famiglia che assortisce personalità molto diverse dando dignità ad ogni componente del variegato gruppo familiare con pony da competizione al seguito: con i Mennonna si sorride (spesso), si viaggia, ci si stupisce, si torna alle origini (nell’approdo a Muro Lucano) e talvolta ci si emoziona. Tra parentesi l’autrice sa esattamente di cosa parla quando tratteggia lo spaccato competitivo del mondo dell’equitazione, dato che ha passato l’adolescenza in sella a una cavalla che si chiamava proprio Lady Killer. Assolutamente da provare.

Saschia Masini, Dora per sette, Milano, Piemme, 2023; pp. 236

venerdì 20 maggio 2022

OMERO, ILIADE: LA CADUTA DI TROIA SECONDO BARICCO

Romanziere, saggista, drammaturgo, ma fondamentalmente un narratore puro di storie: questa pare essere la vocazione privilegiata di Alessandro Baricco, nato a Torino nel 1958, dove ha fondato la scuola di scrittura creativa Holden. E come resistere alla sfida per definizione per un narratore puro, ovvero raccontare oralmente la storia più antica di tutte, quella narrata da Omero nell’Iliade? Mosso appunto dall’idea di adattarne il testo per una lettura pubblica Baricco ha riletto l’opera nella traduzione di Maria Grazia Ciani, riscrivendone il materiale narrativo e montandolo dalla prospettiva di ventuno voci narranti, l’ultima delle quali appartiene all’aedo Demòdoco, che racconta la fine di Troia sulla base dell’Odissea ed altre fonti. Ventuno voci narranti per creare un tramite meno distaccato della terza persona come trait d’union tra la storia – o meglio tra i tanti mitici episodi che compongono la grande storia dell’Iliade – e il punto di vista del lettore/ascoltatore. Ecco così che nell’opera di secondo grado Omero, Iliade rivivono gli dei (che rimangono però più sullo sfondo della narrazione rispetto alla fonte letteraria vera e propria), gli uomini e gli eroi ormai entrati nella sfera del mito, cristallizzati nell’epilogo della decennale guerra di Troia, un’eterna storia di vendetta, ambizione, pietà, valore, astuzia, violenza. E una storia di guerra – e dunque sempre attuale nei drastici tempi che corrono – quando la guerra però si poteva ancora concepire come un’avventura estrema, dotata di un’infernale bellezza che la rende un’avventura ancora avvincente a secoli di distanza dalla sua composizione: “Quel che forse suggerisce l’Iliade è che nessun pacifismo, oggi, deve dimenticare, o negare quella bellezza: come se non fosse mai esistita. Dire e insegnare che la guerra è un inferno e basta” scrive Baricco nella postilla finale “è una dannosa menzogna. Per quanto suoni atroce, è necessario ricordarsi che la guerra è un inferno: ma bello. Da sempre gli uomini ci si buttano come falene attratte dalla luce mortale del fuoco. Non c’è paura, o orrore di sé, che sia riuscito a tenerli lontani dalle fiamme: perché in esse sempre hanno trovato l’unico riscatto possibile dalla penombra della vita. Per questo, oggi, il compito di un vero pacifismo” conclude Baricco “dovrebbe essere non tanto demonizzare all’eccesso la guerra, quanto capire che solo quando saremo capaci di un’altra bellezza potremo fare a meno di quella che la guerra da sempre ci offre”. Strappi di sintesi della trama ovviamente ce ne sono – e sono voluti, per agevolarne una lettura ad alta voce tra un’ora e mezza e due ore – ma il fascino della storia è rimasto integro, semmai grazie al talento di Baricco la storia ha guadagnato in efficacia e fantasia: rispetto all’Iliade originale compaiono infatti anche brani evidenziati con caratteri in corsivo inventati di sana pianta per aumentare il livello di definizione di una trama che non smette di incantare lettori da tre millenni in qua. Un libro ideale per addentrarsi nelle meraviglie narrative del capolavoro all’origine della cultura occidentale.

Alessandro Baricco, Omero, Iliade, Milano, Mondadori, 2004; pp. 165

mercoledì 18 maggio 2022

STORIA DI UNA LUMACA CHE SCOPRÌ L’IMPORTANZA DELLA LENTEZZA

L’autore cileno Luis Sepúlveda (1949-2020) aveva raggiunto qualche anno fa il successo internazionale con la Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, un romanzo per ragazzi a tinte fiabesche che è anche diventato un fortunato film d’animazione di Enzo D’Alò. Anche nella Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza lo scrittore sudamericano ha creato un’analoga commistione tra fiaba e romanzo, presentandoci una lumaca diversa da tutte le altre compagne che vivono nel Paese del Dente di Leone, all’ombra di una frondosa pianta di alicanto. La storia è la promessa, mantenuta ad anni di distanza, della domanda fatta da un nipote di Sepúlveda quando era bambino, la classica domanda infantile che potrebbe nascondere un mondo: perché le lumache sono così lente? Già… sembra banale, dato che siamo abituati a vederle muoversi così piano, ma perché? Lo scrittore sudamericano in quel momento non aveva una buona risposta, ma si è ricordato della domanda, che gli ha appunto fornito lo spunto per questo romanzo breve per ragazzi, che risponde con la fantasia all’acuto quesito del bambino di un tempo. Ma veniamo senza altri indugi alla storia, che prende avvio nel prato conosciuto dalle molte lumache che vi abitano da sempre appunto come il Paese del Dente di Leone. Le lumache vivono placidamente in questo luogo ameno chiamandosi l’una con l’altra in modo generico, ma tra loro c’è una giovane ribelle che vorrebbe avere un nome e sapere la ragione della lentezza che caratterizza la sua specie. Purtroppo nessuna delle sue compagne riuscirà a darle delle risposte, quindi partirà per trovarne iniziando un viaggio lungo e lentissimo in cui incontrerà vari personaggi, come un gufo malinconico e una saggia tartaruga, acquisterà un nome strada facendo, scoprirà un tremendo pericolo che incombe sul suo popolo, che dovrà cercare di salvare nonostante la sfiducia generale nei suoi confronti. Tutto qui, narrato in modo semplice e incisivo. Ne vien fuori una gran bella storia, delicata e leggera come una goccia di rugiada che scivola giù per uno stelo d’erba: ideale per un pubblico infantile ma gradevole anche per adulti di buoni sentimenti. La nostra impagabile lumaca protagonista è un’ottima metafora anche per la vita contemporanea nella sua ostinata e consapevole ricerca di un’identità precisa, di un segnale anagrafico che la separi dalla massa indistinta in cui di solito tende a mimetizzarsi la razza umana nel suo complesso. E la ricerca di una risposta alla lentezza insita nel suo modo di essere è un’altra bella metafora del cammino di ricerca di se stessi che contraddistingue l’evoluzione dell’adolescenza. Due riuscite metafore implicite, insomma, che costituiscono due ottimi motivi, senza considerare il sempre intrigante stile sepulvediano, semplice ed affabulatorio, per azzardare la lettura di Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza.

Luis Sepúlveda, Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza, Parma, Guanda, 2013; pp. 97 

lunedì 16 maggio 2022

READY PLAYER ONE: PRONTI A GIOCARE?

Ci sono i romanzi distopici che aprono la porta a universi d’immaginazione in sé conclusi e portano il lettore in un futuro alternativo senza colpo ferire, trasportandolo letteralmente altrove e Ready Player One di Ernest Cline appartiene decisamente a questa categoria, degno erede di Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, il classico per antonomasia del genere. Siamo in un futuro prossimo e venturo che si può sintetizzare in una sola parola: inquietante. Nel 2045 la Terra è sovrappopolata e in piena decadenza, anche nelle nazioni più sviluppate tecnologicamente: le città sono stracolme ed oppresse dalla mancanza di fonti energetiche, i poveri del futuro vivono in piccole unità abitative impilate in strutture d’acciaio in periferie da incubo, quasi baraccopoli di lamiere sviluppate in verticale su tralicci che sfidano la forza di gravità. È un mondo quasi senza speranza e in cui l’umanità è riuscita a sopravvivere soltanto rifugiandosi in un mondo virtuale che si chiama Oasis, cui si accede con speciali occhiali sinaptici con riconoscimento retinico: questo straordinario paradiso di pixel e codici aperto a tutti e senza costi di abbonamento è stato inventato da un leggendario programmatore, James Halliday, il fondatore della Gregarious Games, un multimiliardario che, dopo aver scoperto di aver poco ancora da vivere, ha lasciato la sua immensa fortuna e il controllo della sua azienda a chi riuscirà ad impossessarsi di un easter egg oltrepassando tre porte che si aprono con tre chiavi nascoste chissà dove nei meandri di Oasis. Purtroppo questo straordinario annuncio risale a cinque anni fa e nessuno da allora ha fatto il minimo progresso riuscendo ad entrare nel segnapunti di Oasis: da una parte lo cercano i cosiddetti gunter (contrazione di egg’s hunter) dall’altra la spietata multinazionale IOI, che intende impossessarsi di Oasis per imporre canoni d’abbonamenti ed arricchirsi a dismisura con la pubblicità che Halliday ha sempre estromesso dalla sua creazione. Protagonista della storia è appunto un gunter senza arte né parte che vive nelle cosiddette “cataste” di Oklahoma City (sterminati quartieri periferici di roulotte impilate) e risponde al nome di Wade Watts, grande appassionato della cultura pop degli anni Ottanta (venerata da Halliday), noto su Oasis come Parzival, il suo avatar. In cerca di un’idea per trovare la prima chiave insieme al suo miglior amico Each, il nostro eroe incontrerà la valente Art3mis, gunter di grande potenza e fama, e sarà proprio lui ad attirare l’attenzione della IOI guidata dal perfido Nolan Sorrento, un capo disposto a infrangere ogni regola e perfino a uccidere pur di impossessarsi dell’easter egg di Halliday. Ben presto il giovane protagonista scoprirà a caro prezzo l’assoluta mancanza di scrupolo della spietata multinazionale e deciderà di far causa comune con Each, Art3mis e i due gunter nipponici Daito e Shoto per vincere la “partita” e magari fare la cosa giusta: gli darà una mano dietro le quinte il vecchio Ogden Morrow, ex socio nonché miglior amico di Halliday. Che dire? Ready Player One è davvero quello che si può immaginare dalle linee narrative della trama, ovvero una caccia al tesoro ambientata in un’isola virtuale vasta quanto un universo e ricca di riferimenti soprattutto alla cultura popolare degli anni Ottanta nel senso più allargato che si possa concepire: videogames a profusione, giochi di ruolo come Dungeons and Dragons, film d’azione per ragazzi, serie televisive, cartoons giapponesi e così via. E il bello è che i mondi di Oasis sono pure tematici, quindi ognuno presenta un irresistibile spaccato della sterminata immaginazione di Halliday, nume tutelare della caccia planetaria che lui stesso ha innescato col suo avatar Anorak. Alla fine il romanzo regala un confronto epico tra buoni e cattivi prima di farci scoprire perfino il manzoniano “sugo” della storia… Una piccola meraviglia a orologeria perfettamente congegnata per intrappolare le nuove generazioni e quelle dei bei tempi andati.

Ernest Cline, Ready Player One, Milano, DeA, 2018; pp. 441

venerdì 6 maggio 2022

IL LADRO DI MERENDINE DI ANDREA CAMILLERI

Si tratta del terzo giallo che Andrea Camilleri (1925-2019), regista e sceneggiatore siciliano, ha dedicato al fortunato personaggio di Salvo Montalbano, il sagace commissario di Vigàta, cittadina siciliana immaginaria ma caratteristica a tal punto quasi da superare la realtà. Il ladro di merendine inizia mostrandoci gli sforzi ciclopici del protagonista per evitare lo spettro di un avanzamento gerarchico che gli imporrebbe di trasferirsi altrove, rinunciare all'amato modus vivendi, oltre che ai capricci investigativi che solo Vigàta ed i suoi fedeli collaboratori da sempre possono consentirgli. L'indagine vera e propria stavolta è duplice ed incentrata sulla connessione che Montalbano intravede tra l'omicidio di un pescatore tunisino imbarcato in un peschereccio siciliano finito in acque internazionali (e mitragliato da una motovedetta tunisina) e quello di Aurelio Lapecora, un commerciante di Vigàta che è stato accoltellato nell'ascensore di casa: riguardo al secondo omicidio, in particolare, i sospetti cadono ben presto sulla vedova, che forse il marito tradiva con una bellissima tunisina che si occupava delle pulizie domestiche. L'insperato collegamento tra i due omicidi spunta fuori in carne e ossa in un bambino che ruba le merendine a scuola e sembra nascondersi da un segreto terribile. Ne Il ladro di merendine a questo punto acquista spessore soprattutto la figura di Livia da Boccadasse, Genova, l'eterna fidanzata ligure di Montalbano che qui intravede un possibile futuro di madre (e moglie): si tratta però di un futuro che il buon commissario cercherà di ritardare al pari della promozione incombente. Il romanzo è ovviamente scritto nell'originale pastiche di italiano e dialetto siciliano che è diventato il marchio caratteristico della narrativa di Camilleri e, oltre al tradizionale avvincente intreccio poliziesco della serie dedicata a Montalbano, presenta uno spaccato sociale narrato in modo efficace e mai banale. Davvero un romanzo avvincente e notevole.

Andrea Camilleri, Il ladro di merendine, Palermo, Sellerio, 1996; pp. 250

giovedì 24 marzo 2022

SOLUZIONE FINALE: UN GIALLO TRA SHOAH E SHERLOCK HOLMES

Lo scrittore americano Michael Chabon, classe 1963, è l’autore di psichedeliche delizie narrative come Wonder Boys o come il monumentale Le avventure di Kavalier e Clay. Con Soluzione finale si è cimentato nella narrativa per ragazzi scrivendo un piccolo gioiello di concisione ed intensità: in particolare si tratta di un (riuscito) omaggio alla tradizione della detective story britannica, con un plot davvero intrigante ambientato durante il secondo conflitto mondiale. La storia prende avvio nel 1944 nella verde campagna inglese: ad un vecchio ed energico signore sulla novantina sembrano interessare più le proprie api che non la guerra che sta infiammando in Europa, ormai giunta ad un cruciale punto di svolta. L’anziano apicoltore  sembra una versione incanutita del mitico investigatore Sherlock Holmes, che ricorda in modo davvero inquietante (anche se tale impressione non è mai confermata esplicitamente). Al vecchio protagonista in un tranquillo giorno d’estate capita di incontrare sulla propria strada un bambino molto particolare, Linus Steinman, al quale la ferocia della Germania nazista a nove anni ha già strappato la famiglia e sembra aver cancellato anche la favella. Ma, se il povero Linus è rimasto senza parole, il suo inseparabile compagno di viaggio è invece un uccello parlante, un loquace pappagallo africano che suole declamare in continuazione una strana tiritera numerica in tedesco, una misteriosa litania in merito alla quale si potrebbe pure immaginare trattarsi di un codice utilizzato dai nazisti o chissà quale strana diavoleria cifrata. Come in ogni giallo che si rispetti, a un certo punto ci scappa pure il morto ed è allora che il vecchio protagonista ritorna in azione per risolvere il mistero. Nel tragitto che conduce il lettore fino allo scioglimento dell’enigma, in ossequio al titolo Chabon ci offre anche un fulminante squarcio della Shoah. Il risultato è un piccolo romanzo appassionante fino all’ultima pagina che conferma appieno il notevole talento di Michael Chabon. Insomma, Soluzione finale è un delizioso omaggio al leggendario detective di sir Arthur Conan Doyle, che si aggiunge, sebbene in modalità atipiche, alle tante  riprese holmesiane da La soluzione sette per cento in poi. Da provare.

Michael Chabon, Soluzione finale, Milano, Rizzoli, 2006; pp. 166

mercoledì 23 marzo 2022

NELLE TERRE SELVAGGE: LA NATURA SECONDO GARY PAULSEN

Senza dubbio lo scrittore americano Gary Paulsen (1939-2021) è stato uno dei più significativi autori di narrativa per ragazzi degli ultimi decenni grazie a una produzione che assortisce oltre un centinaio di titoli (alcuni rivolti anche a lettori adulti) che gli sono valsi per tre volte l’assegnazione del Newbery Honor Award, come nel caso di Nelle terre selvagge del 1987, uno dei romanzi più noti della sua straordinaria carriera. Considerando la vita avventurosa e vagabonda che Paulsen ha condotto barcamenandosi tra l’Alaska, il Nuovo Messico e il Minnesota, non c’è da stupirsi che questo romanzo abbia una grande forza d’impatto e riesca a proiettare il lettore in mezzo a una natura incontaminata e selvaggia, a combattere con lui per sopravvivere giorno per giorno, superando una difficoltà dopo l’altra: una situazione alla Into the wild, insomma... La storia prende avvio con l’adolescente Brian Robeson in volo su un Cessna 406, un piccolo aereo ad elica da turismo: il ragazzo è partito da New York diretto in un giacimento in Canada, dove finiscono i boschi e comincia la tundra, per raggiungere il padre, che negli ultimi tempi si è separato (e traumaticamente) dalla madre. Con sé Brian porta l’ascia che quest’ultima gli ha regalato pensando che potesse tornare utile al figlio durante questa vacanza col padre, ma tutto cambia quando nelle prime pagine il pilota è colpito da un infarto e muore lasciando Brian su un aereo destinato – come tutto sembrerebbe suggerire – a un inevitabile disastro. Il ragazzo, però, a cui il pilota nella prima parte di volo aveva fatto provare i comandi del velivolo, in qualche modo riesce ad indirizzare il piccolo aereo in uno specchio d’acqua, riuscendo ad uscire dalla carlinga prima che si inabissi e salvandosi per il rotto della cuffia. Il punto è che l’aereo non è più visibile e Brian è perso nel mezzo del nulla, in preda a una natura piena di pericoli e senza grosse idee su come cavarsela. La prima sensazione che Brian prova dopo essersi messo in salvo nella terraferma ed essere crollato è una sete assoluta e senza fine al risveglio e, poco dopo, una fame implacabile. E poco dopo arriva a ruota anche la domanda destinata a tormentare le giornate del protagonista: quando arriveranno i soccorsi? Lo scopriremo nel resto del romanzo insieme a tutto ciò che ignoravamo la natura nascondesse: il caldo, la difficoltà a procacciarsi cibo, gli insetti, gli animali… Brian resiste in condizioni estreme cercando di usare quel poco che ha a disposizione e tutte le opportunità di cui la sorte gli consente di avvalersi: cerca soprattutto di mettere a frutto i consigli motivanti del suo professore di lettere, che gli ha insegnato che ognuno di noi ha se stesso e tutte le proprie capacità a disposizione. E anche Brian scoprirà di avere in serbo qualcosa che neppure immaginava e gli consentirà di tirare avanti nell’ambiente avverso in cui è precipitato molto di più di quanto si sarebbe mai aspettato. Il romanzo Paulsen ce lo racconta con un realismo che farebbe invidia a Mark Twain, fotografando le foreste canadesi con una capacità di dettaglio davvero notevole. Al resto provvede un intreccio in grado di tenere sempre il lettore sulla corda fino all’ultima pagina. Nelle terre selvagge racconta una grande storia sospesa a metà tra il romanzo avventuroso e quello di formazione: alla fine ci lascia con la sensazione di aver assistito ad un incredibile percorso di crescita nell’autonomia di un adolescente come tanti che impara a far affidamento soltanto su se stesso (con un po’ di fortuna). Un libro assolutamente da non perdere.

Gary Paulsen, Nelle terre selvagge, Milano, Pickwick, 2016; pp. 217

domenica 20 marzo 2022

VIAGGIO AL CENTRO DELLA TERRA

Precursore della narrativa di fantascienza, Jules Verne (1828-1905) è l’indiscusso nume tutelare del romanzo d’avventura per ragazzi grazie a titoli ben presto divenuti classici come Il giro del mondo in ottanta giorni, Ventimila leghe sotto i mari, Dalla Terra alla Luna e Viaggio al centro della Terra. L’ultimo romanzo in particolare, uscito nel 1864 e subito premiato da un vasto successo di pubblico anche a livello internazionale, s’iscrive al fortunato filone del mondo perduto, raccontando la missione di uno scienziato tedesco con due collaboratori alla ricerca di un itinerario sotterraneo per il centro della Terra. La storia prende avvio ad Amburgo dove il Prof. Otto Lidenbrock, docente universitario di mineralogia, esaminando un prezioso manoscritto islandese del XII secolo insieme al nipote Axel, tra le pagine del libro trova una pergamena su cui è stato tracciato un crittogramma in runico. Una volta tradotto il rompicapo, i due vi scoprono il nome di Arne Saknussemm, uno scienziato islandese del XVI secolo che ha lasciato nel testo le istruzioni per raggiungere il centro della Terra, impresa che lui stesso ha compiuto. Lidenbrock e nipote partono dunque alla volta dell’Islanda per ripetere la missione. Giunti nell’isola, dopo aver ingaggiato la guida Hans, i due protagonisti arrivano allo Sneffels, il vulcano da cui secondo il documento ritrovato partirebbe la via sotterranea al centro del pianeta. Neanche a dirlo, una volta penetrati nelle viscere del vulcano, le avventure e i pericoli per i tre iniziano a susseguirsi una dietro l’altra fino all’approdo a un mare sotterraneo: una volta superato l’ostacolo tra mille difficoltà i tre giungeranno a una costa caratterizzata da una flora e da una fauna molto particolare (e primigenia). Da qui si innescherà il complesso percorso di risalita alla superficie, che sarà compiuto in modalità pirotecniche altamente spettacolari e decisamente sorprendenti per quanto riguarda il punto d’uscita… Insomma, l’intreccio di Viaggio al centro della Terra non delude mai le aspettative e conduce il lettore in un accidentato percorso ricco di fatti imprevedibili e di forti emozioni. La storia è narrata in prima persona da Axel, il titubante nipote di buona volontà del dinamico Prof. Lidenbrock, agitatissimo motore della vicenda, ben compensato dalla guida islandese Hans, pacato e silenzioso ma efficacissimo a tirar fuori il trio da ogni difficoltà e ad assicurarne la sopravvivenza in condizioni progressivamente sempre più estreme. Certo, ogni tanto le pause riflessive della voce narrante e le varie digressioni mineralogiche rallentano il ritmo della storia, ma Verne ci conduce con maestria fino alla scoppiettante conclusione con l’impressione di aver assaporato un capolavoro del genere avventuroso. Un classico per lettori di ogni età.

Jules Verne, Viaggio al centro della Terra, Milano, Rizzoli, 1991; pp. 304

sabato 19 marzo 2022

FAHRENHEIT 451: IL FUTURO DISTOPICO È QUI

Ray Bradbury (1920-2012) è stato uno dei più grandi scrittori di fantascienza della sua generazione e uno dei più ispirati autori contemporanei della sua epoca, soprattutto grazie a due capolavori romanzeschi come Cronache marziane e Fahrenheit 451, ma anche per le tante raccolte di racconti, alcune davvero straordinarie (come Il grande mondo laggiù, tanto per dirne una). A differenza dal romanzo d’esordio, più ‘classico’ dal punto di vista tematico (trattando della colonizzazione del pianeta rosso), Fahrenheit 451 è quello che oggi, memori del successo delle saghe di Hunger Games e Divergent, definiremmo un romanzo distopico, dato che nella storia colpisce soprattutto l’ambientazione futura, in un domani in cui qualcosa è cambiato rispetto al presente – ovviamente dovremmo rapportarci al presente dell’autore, all’inizio degli anni Cinquanta del Novecento, ma il paragone tutto sommato regge abbastanza anche in rapporto al presente dei giorni nostri –. Siamo in un futuro prossimo e venturo in cui i pompieri appartengono alla cosiddetta “milizia del fioco” e, anziché spengere incendi, si occupano di appiccare roghi nelle case di coloro che possiedono libri, oggetti assolutamente proibiti dalla legge. Il protagonista, Guy Montag, è appunto un pompiere ed esercita la sua professione con zelo e convinzione, non riuscendo assolutamente a comprendere le ragioni dei cittadini che infrangono la legge decidendo consapevolmente di possedere dei libri. Le certezze esistenziali di Montag cominciano però a vacillare quando un’anziana signora decide di morire nel rogo della propria abitazione piuttosto che separarsi dai propri libri: in seguito il protagonista porta a casa dei volumi e comincia a leggerli, iniziando a dubitare della propria missione. Nel frattempo sua moglie – completamente assuefatta, come tanti cittadini del futuro, ai programmi televisivi che interagiscono addirittura con gli spettatori – si accorge dei comportamenti del marito e lo denuncia alle autorità, innescando una serie di eventi che faranno di Montag un fuggiasco assegnato come bersaglio a un letale segugio meccanico. Nel finale visionario che incombe sulla storia Montag è destinato a scoprire l’esistenza di un gruppo clandestino di umani che cercano di far sopravvivere i libri oltre il ricettacolo cartaceo con cui storicamente le storie si sono trasmesse nei secoli sia copiate a mano sia stampate. Fahrenheit 451 è un’appassionata apologia del libro come oggetto simbolicamente destinato a salvare il libero pensiero, che nella società futura è avversato per facilitare il controllo sociale, mentre il mezzo televisivo è diffuso ad libitum per favorire una tranquillizzante narcosi della coscienza. Senza dubbio nell’immaginario di Bradbury durante l’elaborazione del romanzo si fece sentire il ricordo angosciante dei roghi di libri perpetrati dal regime nazista negli anni Trenta, ma anche il clima di caccia alle streghe alimentato dal senatore McCarthy nei primi anni Cinquanta negli Stati Uniti durante la Guerra Fredda, con l’ossessione costante dei complotti comunisti e la minaccia incombente di un conflitto atomico (che aleggia anche sul finale del romanzo). Col titolo Fahrenheit 451, così evocativo e particolare, sembra che l’autore volesse indicare la temperatura di accensione della carta alla pressione di un’atmosfera, anche se nel libro l’unico riferimento diretto è la cifra 451 sull’elmetto di Montag. Fahrenheit 451 ebbe un’immediata e vasta fortuna, tanto che nel 1966 fu traslato sul grande schermo nell’omonimo film di François Truffaut. Insomma, un apocalittico canto d’amore sui libri e un romanzo assolutamente da leggere.

Ray Bradbury, Fahrenheit 451, Milano, Mondadori, 2018; pp. 207

domenica 13 marzo 2022

L’AMICO RITROVATO, UN LIBRO PER NON DIMENTICARE

A pensare di scoprire un cospicuo catalogo di libri di questo autore di origini tedesche naturalizzato britannico, si rischierebbe una delusione: l’opera più famosa di Fred Uhlman infatti è proprio L’amico ritrovato, che ha ispirato l’omonima pellicola di Jerry Schatzberg. Nato a Stoccarda nel 1901, Uhlman è morto a Londra ad ottantaquattro anni, ed è anche autore di un’autobiografia intitolata Storia di un uomo. Considerando che ha poco più di un’ottantina di pagine, L’amico ritrovato rientra nella tipologia del romanzo breve, anche se racconta una storia di quelle che si possono ritenere davvero di grande respiro. La vicenda narrata è ambientata per gran parte nel periodo che prelude al secondo conflitto mondiale, a Stoccarda per l’esattezza, ed è più che altro la storia di una splendida amicizia tra due ragazzi, la classica amicizia che si ricorda per una vita intera. I due s’incontrano sui banchi dell’esclusivo liceo che entrambi frequentano nella città tedesca ma la loro estrazione sociale è la più diversa che si possa immaginare: uno, Hans, è figlio di un medico ebreo, mentre l’altro, Konradin, proviene da una delle più antiche famiglie aristocratiche di tutta la Germania. In un decennio politicamente marcato come quello degli anni Trenta  a dividere i due ragazzi si aggiungono la storia, il Nazismo, il pregiudizio razziale. Il padre del ragazzo ebreo nel 1938 prende la drammatica decisione di staccarsi dal figlio per garantirgli un futuro in America. E la Shoah segna Hans per tutta la vita, indelebilmente, proprio come quella preziosa amicizia andata in frantumi insieme ai sogni della sua giovinezza, ma questo piccolo libro si rivela un’autentica bomba ad orologeria nel finale, quando la verità restituirà alle cose la giusta prospettiva. L’autore, originario di Stoccarda e transfuga dalla Germania negli anni Trenta, in Inghilterra divenne un affermato pittore e pubblicò L’amico ritrovato a settant’anni, azzeccando un’opera destinata a diventare un classico: Ulhman stesso d’altra parte disse che “si può sopravvivere con un solo libro”, come conferma decisamente L’amico ritrovato, di cui l’autore scrisse i due seguiti Un’anima non vile e Niente resurrezioni, per favore, che insieme hanno così composto la cosiddetta Trilogia del ritorno. Questo libro è una piccola gemma da leggere per non dimenticare che anche la pagina più buia della storia non è riuscita a spegnere la luce di una bella amicizia tra due ragazzi. Una splendida storia per tutte le età.

Fred Uhlman, L’amico ritrovato, Milano, Feltrinelli, 1991; pp. 93

mercoledì 9 marzo 2022

IO SONO ZERO

Medico e psicoanalista milanese, Luigi Ballerini è anche uno scrittore specializzato in narrativa per ragazzi e un giornalista pubblicista che da anni scrive per vari periodici, soprattutto di tematiche quali la scuola, l'educazione e i giovani. I suoi argomenti privilegiati sembrano essere confluiti in massa in questo romanzo, che si intitola Io sono Zero ed è incentrato su un esperimento educativo davvero estremo ed inquietante. Il protagonista della storia è un ragazzo che sta per compiere quattordici anni e sa di chiamarsi semplicemente Zero: ha vissuto tutta la vita da solo, in un ambiente protetto chiamato Mondo, senza mai conoscere il mondo esterno (quindi ignora il vento o le precipitazioni atmosferiche). Zero è stato addestrato a combattere pilotando droni tramite computer, guidato da quando iniziano i suoi ricordi unicamente da una voce che lui chiama Madar - molto simile all'espressione inglese per "madre", in effetti -, che di solito lo premia al conseguimento dei suoi obiettivi. Perché Zero rappresenta una tipologia di studente davvero inquietante, anche se in effetti sembra sereno, complessivamente contento della sua vita, motivato a migliorare ed impaziente di scoprire i nuovi livelli che lo attendono in futuro. A un certo punto, però, nel Mondo in cui Zero è vissuto da sempre tutto diventa buio: il ragazzo pensa che si tratti di un test, cerca una via d’uscita e in qualche modo si ritrova all’esterno, nel mondo reale, dove fa freddo e c’è la neve, dove le persone parlano tra sé e senza schermi telematici. Ed è un mondo, quello vero, che gli è completamente ignoto, purtroppo. Per sua fortuna Zero trova l’aiuto di una coppia di buona volontà e piena di buone intenzioni nei suoi confronti, nonostante il ragazzo non voglia affatto collaborare con loro e desideri soprattutto tornare nel suo rassicurante Mondo con la “M” maiuscola, anche se ben presto il contatto con il mondo vero scatenerà in lui sensazioni e desideri sino a quel momento neppure immaginati. La domanda fondamentale a questo punto è la seguente: chi l’ha messo nella sua particolarissima situazione? E perché mai l'ha fatto? Potremo scoprirlo soltanto leggendo questo trascinante, inquietante ed originalissimo libro di Luigi Ballerini, felicemente sospeso a mezzo tra la storia di formazione e il romanzo distopico: ci spiazzerà a partire dalle prime pagine, coinvolgendoci fino alle ultime con il processo di rinascita (nel senso letterale di “seconda nascita”) del giovane protagonista. In tralice affiorano riflessioni davvero profonde sull'adolescenza e sulla vita “virtuale” che caratterizza già il nostro presente e minaccia di diventare un aspetto assai più invasivo del futuro che ci aspetta. Insomma, è Io sono Zero, un romanzo assolutamente da provare. 

Luigi Ballerini, Io sono Zero, Milano, Il Castoro, 2015; pp. 184


sabato 18 dicembre 2021

L'OCCHIO DI VETRO: CORNELL WOOLRICH RACCONTA...

 

Cornell Woolrich, nato nel 1903 e morto nel 1968, è un nome di primo piano del noir del Novecento americano, e merita di essere ricordato ad libitum per aver fornito spunto a un capolavoro cinematografico come La finestra sul cortile del grande Alfred Hitchcock. L'occhio di vetro è un delizioso romanzo breve di formazione con retrogusto giallo che vede protagonista un dodicenne americano di nome Frankie, un tipo sveglio che ama barattare oggetti improbabili con i coetanei per accumulare un "capitale" maggiore di quello di partenza. Tutto cambia quando viene interrotto nel bel mezzo di una transazione difficile dal padre, arrivato all’improvviso per riportarlo bruscamente a casa perché si è davvero fatto troppo tardi e la mamma lo sta chiamando da un sacco di tempo. Il buon Frankie così si ritrova in mano quella che pare una solenne fregatura, dato che ha accettato di scambiare una palla da baseball di terza mano con un occhio di vetro, peraltro apparentemente in buone condizioni, ma di fatto inutile. A casa il ragazzino apprende che il nervosismo del padre è dovuto al fatto che in polizia gli hanno tolto l'incarico di detective sbattendolo dietro a una scrivania a fronte di un lavoro poco eccitante e meno retribuito. Come fare per dargli una mano? Un intricato caso di omicidio con cui fare colpo sui superiori sarebbe davvero perfetto, così Frankie prova a sondare l'unico indizio interessante che gli sia capitato in mano, chiaramente l'occhio di vetro, che di solito è un effetto personale che non si cambia per un altro modello, soprattutto se è in buono stato come quello di cui è entrato in possesso con l'ultimo baratto. Sarà l'occasione per indagare a ritroso in cerca del proprietario per accettarsi che non sia scomparso nel nulla. E noi lettori seguiremo questa anomala indagine attraverso il punto di vista dal basso di Frankie, che dovrà barcamenarsi tra i compiti di scuola, gli orari di casa e le sue limitazioni… anagrafiche per risolvere il caso. Già, perché ben presto Frankie, con un piccolo aiuto da parte dell’amico Scanlon (ovvero quello che gli ha rifilato l’occhio di vetro), seguendo à rèbours la pista del suo unico indizio, si renderà conto che forse di mezzo potrebbe esserci davvero un assassino. Riuscirà il nostro piccolo eroe a risolvere il caso e salvare la pelle? Lo scopriremo, neanche a dirlo, in un crescendo di suspense. Assolutamente da provare.

Cornell Woolrich, L’occhio di vetro, Roma, Orecchio Acerbo, 2019; pp. 96

lunedì 6 dicembre 2021

VENTIMILA LEGHE SOTTO I MARI

Italo Calvino descrivendo i classici della letteratura scrisse che “un classico è un libro che non ha mai finito di dire quello che ha da dire”: una simile definizione significa che un libro che si meriti l’etichetta di classico è apprezzato e percepito sempre con nuove sfumature a seconda del periodo storico in cui vivono i suoi lettori. E se c’è un libro che ha i connotati del classico d’avventura è senza dubbio Ventimila leghe sotto i mari di Jules Verne, narratore francese originario di Nantes (1828-1905) che nella seconda metà dell’Ottocento è stato autore di numerosi bestseller che talvolta hanno anche anticipato gli sviluppi della tecnologia, come Il giro del mondo in ottanta giorni, Dalla Terra alla Luna e Viaggio al centro della Terra.

La storia vede protagonista il professor Aronnax, che insegna Storia naturale all’Università della Sorbona e, appena dopo aver concluso una spedizione scientifica, viene invitato dal governo degli Stati Uniti a salire sulla Abraham Lincoln per partecipare alla caccia del misterioso e gigantesco mostro che sta affondando navi nei mari di tutto il mondo. Aronnax è accompagnato dal fido servitore Conseil e a bordo conosce il fiociniere canadese Ned Land, assoldato in quanto una delle ipotesi sulla natura del mostro è che si tratti di una balena di tipo rarissimo oppure di un grandissimo narvalo o infine di una creatura preistorica arrivata fino a noi. Il primo contatto col mostro mette la nave su cui viaggia il professore francese a contrasto con un avversario incredibilmente veloce e dotato di una corazza apparentemente impenetrabile. Il problema è che Aronnax nel mezzo della notte in seguito all’assalto della misteriosa creatura si ritrova sbalzato in mare e destinato a morte certa, non da solo per fortuna, dato che Conseil si tuffa per salvarlo e i due poi finiscono su uno strano isolotto metallico dove ritrovano anche Ned Land. Il seguito è noto e ricco di meraviglie, dato che scopriranno che si tratta dell’avveniristico Nautilus del capitano Nemo, un incredibile sommergibile realizzato in un tempo in cui ancora… i sommergibili non erano stati inventati. Sarà l’occasione per scoprire i misteri delle profondità marine in una vera sarabanda di sorprese, ma i nostri eroi riusciranno a riconquistare la libertà? Lo scopriremo in un finale assolutamente non scontato.

Ventimila leghe sotto i mari è un trascinante romanzo d’avventura, ideale per lettori di ogni età da almeno un secolo e mezzo: le molteplici invenzioni narrative della storia ci costringeranno a divorare le pagine fino ad arrivare amaramente all’ultima col desiderio che le avventure non siano finite. E si tratta di avventure davvero prodigiose, spesso legate alla figura problematica, enigmatica ed incredibilmente affascinante del capitano Nemo, un nome ormai entrato stabilmente nell’immaginario collettivo. Scopriremo creature che sfidano l’immaginazione, visiteremo malinconici cimiteri nelle fosse oceaniche, ci sorprenderemo di sviluppi narrativi stracolmi di suspense, il tutto raccontato con un incalzante ritmo narrativo. Assolutamente da non perdere.

Jules Verne, Ventimila leghe sotto i mari, Novara, De Agostini, 2006; pp. 221 

martedì 29 giugno 2021

NON RESTARE INDIETRO

Carlo Greppi, classe 1982, è uno storico che collabora con Rai Storia, con la Scuola Holden e con il blog "Doppiozero", è inoltre presidente della sezione torinese dell'associazione Deina, con la quale da anni organizza e partecipa ai viaggi della memoria alla scoperta degli ex lager del Terzo Reich. Proprio questa esperienza diretta costituisce il cuore pulsante di questo romanzo per ragazzi, Non restare indietro, in cui l'autore sembra aver voluto condensare le sue esperienze di accompagnatore di studenti nei viaggi della memoria. Il protagonista della storia è un adolescente come tanti altri: si chiama Francesco, ha sedici anni, gioca a calcio, è un ribelle di buon cuore in guerra con i genitori e con la scuola, tanto che per un diverbio con la componente docente ha dovuto cambiarla. Ora è iscritto alla 3C della scuola nuova, con nuovi docenti e con nuovi compagni, e il cappuccio della sua inseparabile felpa per proteggersi dal resto del mondo. Tra parentesi Francesco non ha superato la perdita del suo amico più caro, con cui condivideva la passione per il pallone: cerca di dargli una mano a modo suo l'altro amico del terzetto, che intende diventare un writer e sta appunto tappezzando tutte le mura del quartiere con la K che è il suo tag. La storia prende avvio in un lunedì di gennaio quando la nuova prof di storia spiega cos'è il Giorno della Memoria e presenta alla classe un progetto che tutti gli studenti faranno insieme, un viaggio d'istruzione molto particolare, che li porterà a scoprire il punto più basso toccato dalla razza umana nella sua storia, un viaggio "per non dimenticare" la Shoah, con destinazione Auschwitz. Nella classe di Francesco arrivano così due giovani operatori dell'associazione di volontari che accompagnerà lui e i suoi compagni, prima però dovranno prepararli, aiutandoli a immedesimarsi con le vittime e con i carnefici, per capire quel che è stato: il loro approccio è avvolgente e pratico, e Francesco gradualmente si lascia coinvolgere, anche se non è convinto a fondo del progetto e continua ad avere dubbi in proposito. In continua alternanza tra la più grande tragedia della storia e le emozioni irrisolte (e il suo dolore non metabolizzato) del suo vissuto, il giovane protagonista imparerà a conoscere i suoi nuovi compagni, abbracciando l'idea di mettersi in viaggio e di capirne il senso per davvero. Insomma, ne vien fuori un dinamico romanzo di formazione sull'adolescenza: dalla prospettiva di Francesco vivremo un ventaglio dei tipici turbamenti di un ragazzo dei nostri giorni (soprattutto la mancanza di senso e l'incomprensione con gli adulti) alle prese con un viaggio più grande di lui, che gli servirà per aprire una serie di porte e lasciarsi finalmente alle spalle ciò che non è riuscito finora ad accettare. Da questo punto di vista Non restare indietro ricostruisce anche il microverso tipico di una classe delle superiori, dove non manca il ragazzo con la vocazione del bullo né la prima della classe animata dal desiderio di fare la cosa giusta e così via, compreso Francesco, che è il classico ragazzo con la felpa che vuole volare basso e non farsi notare troppo. La galassia giovanile è ben delineata anche grazie alla ricca colonna sonora che traspare da un capitolo all'altro, alle citazioni cinematografiche (in particolare la celebre scena di Monsieur La Padite in Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino) e a vari aneddoti (d'obbligo citare almeno la tabellina dell'undici che Francesco usa per classificare la storia del Novecento). Nonostante le tante sequenze "didattiche" si tratte di un libro scritto con uno stile fresco e accattivante, che conquisterà sia i lettori adulti che gli adolescenti a cui è rivolto.

Carlo Greppi, Non restare indietro, Milano, Feltrinelli, 2016; pp. 223

venerdì 27 novembre 2020

LO SPACCIATORE DI FUMETTI

Le storie a fumetti spesso vengono etichettate per approssimativa faciloneria come una forma di intrattenimento di serie B, nonostante sia indiscutibile che alcuni disegnatori e sceneggiatori meritino indubbiamente di essere definiti artisti. Deve saperne qualcosa al riguardo Pierdomenico Baccalario, classe 1974, specialista in narrativa per ragazzi, che con Lo spacciatore di fumetti è davvero riuscito a creare il romanzo perfetto sul mondo dei balloon. La scelta stessa dell’ambientazione, nella Budapest di fine anni Ottanta, è impeccabile alla bisogna perché nella lenta agonia della guerra fredda i fumetti erano fortemente osteggiati nell’Europa dell’Est, considerati una pericolosa forma di spazzatura consumistica. Non la pensa così il protagonista del romanzo, il quindicenne Sàndor, che l’11 di tutti i mesi suole ritrovarsi alla stessa panchina di un parco cittadino per incontrarsi con l’enigmatico Mikla Francia Kiss, un adulto che la polizia segreta certo bollerebbe come sovversivo, dato che da diverso tempo sta foraggiando il giovane protagonista con forniture gratuite di fumetti americani. Per non destare sospetti Sàndor ha cucito una speciale tasca all’interno del suo giubbotto, dove occultare i fumetti e trasportarli ai suoi clienti passando inosservato. Già, perché Sàndor non paga i fumetti ma ha avviato un lucroso business con il suo gruppo di amici, che lavorano su commissione per una selezionata clientela. Forse è un po’ rischiosa come attività per dei ragazzini, ma è un ottimo modo per evadere dalla triste realtà quotidiana, da un patrigno troppo entrante, da un futuro senza grosse prospettive all’orizzonte nella Budapest stagnante in cui Sàndor si ritrova a vivere: in fondo basta sfogliare un albo di supereroi (DC o Marvel, che importa?) per perdersi in universi alternativi e fantastici, seguendo con la fantasia le avventure dell’Uomo Ragno o quelle dei Fantastici Quattro, l’oscuro futuro di Watchmen o l'esistenza problematica degli Inumani. Ma perché il suo misterioso fornitore fa tutto questo per lui, rischiando di essere scoperto dalla polizia segreta o dagli informatori del regime (come forse quel dottor Kadar, che non promette nulla di buono)? Sàndor non lo sa, e non si pone troppe domande finché Mikla Francia Kiss non si presenta all’appuntamento concordato e tutti quelli intorno a lui sembrano diventare improvvisamente molto sospettosi. Intanto c’è anche tempo per sfidare l’autorità con la forza della fantasia: Sàndor e i suoi tre inseparabili amici (Nikolai in particolare) stanno infatti creando un personaggio per conto loro, un ex soldato nazista che vive nei sotterranei di Budapest, è capace di captare le emozioni altrui e risponde al nome inquietante di Fog Grey… Nonostante la tensione sommersa, le cose procedono apparentemente per forza d’inerzia finché non cominciano a precipitare molto rapidamente verso l’unica fine possibile. È Lo spacciatore di fumetti, semplice narrativa per ragazzi al cento per cento, un romanzo che assortisce vari universi fumettistici assortiti (ogni capitolo è dedicato a un personaggio in particolare), le contraddizioni e le ossessioni della guerra fredda, una storia di formazione degna di un Holden Caulfield dell’Est e un piccolo gioiello metaletterario. Il tutto gioiosamente shakerato e scritto con uno stile trascinante, consigliato agli adolescenti ma adatto davvero a tutte le fasce di lettori. È il volume apripista della nuova collana dell’Einaudi “Carta Bianca”. 

Pierdomenico Baccalario, Lo spacciatore di fumetti, Torino, Einaudi, 2011; pp. 242 


OPEN: LA STORIA DI ANDRE AGASSI

Lui è Andre Agassi da Las Vegas, classe 1970, uno dei talenti più cristallini che abbiano mai giocato su un campo di tennis, uno sportivo ch...