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mercoledì 21 dicembre 2022

RACCONTI DI NATALE: (QUASI) TUTTI PIÙ BUONI... E ALCUNI ANCHE PIÙ STRANI

Stando a questa godibile raccolta dell’Einaudi curata da Nico Orengo il racconto di Natale è un genere a sé almeno dalla nascita di Gesù Cristo, ovvero dal primo Natale della storia, narrato nei Vangeli sia nella versione secondo Luca che in quella secondo Matteo (entrambe peraltro presenti nella sezione d’apertura di questo volume). Il racconto di Natale fa pensare in primo luogo all’atmosfera così unica e caratteristica che prepara ogni anno l’arrivo del 25 dicembre, la ricorrenza religiosa per eccellenza, davvero ricchissima sul versante simbolico: dall’attesa della festa alla sorpresa del dono, dalla meraviglia dell’albero decorato e luminescente al profluvio di amore e buoni sentimenti, dal banchetto tutti insieme alla magia insita nella notte di Natale. Insomma, ai tipici ingredienti del Canto di Natale di Charles Dickens, per intenderci, che infatti non è incluso nella raccolta… In particolare Racconti di Natale assortisce complessivamente ben trentanove storie a tema suddivise in sei sezioni. La prima narra appunto gli inizi del genere e presenta racconti… diversamente antichi della natività, dalle versioni evangeliche sopra citate fino a quelle di Jacopo da Varazze e di Giovanni da Hildeshem. La seconda è dedicata allo spirito del Natale e rappresenta il vero cuore simbolico del libro: si comincia col delizioso Il dono dei magi del grande O. Henry per arrivare al più strepitoso racconto natalizio di sempre, ovvero Il racconto di Natale di Auggie Wren che Paul Auster scrisse per la sceneggiatura del film Smoke, diretto da Wayne Wang, e in mezzo figurano delizie meno note come Il dono di Ray Bradbury (un bell’esempio di fantascienza natalizia) e il malinconico Un Natale di Truman Capote. La terza sezione verte invece sugli spiriti di Natale: si apre con La favola di Natale di Giovannino Guareschi e si chiude con Markheim di Robert Louis Stevenson, con un Buzzati dickensiano e un inquietante E.T.A. Hoffman nel mezzo. La sezione seguente s’intitola “Bad Christmas” e presenta prospettive contrastanti al classico buonismo natalizio, come il sorprendente La stella di Arthur C. Clarke (allarmante rilettura distopica della cometa che accompagnò la venuta del Redentore) e il giallo a orologeria de L’avventura del carbonchio azzurro di Arthur Conan Doyle con protagonista Sherlock Holmes. Completamente diverso il sapore della penultima sezione (“Sad Christmas”), in cui spicca il triste ritratto del partigiano sopravvissuto de Il Natale del 1945 di Mario Rigoni Stern. “Lieto finale” è la sezione di chiusura, avviata da I figli di Babbo Natale, catastrofico ma divertente racconto tratto da Marcovaldo di Italo Calvino. Insomma, il libro ideale per una full immersion nello spirito natalizio da ogni possibile prospettiva.

AA.VV., Racconti di Natale, a cura di Nico Orengo, Torino, Einaudi, 2005; pp. 424

mercoledì 4 novembre 2020

L'UOMO CHE PIANTAVA GLI ALBERI

Si tratta di un fortunato racconto di taglio allegorico dell'autore francese Jean Giono, edito nel 1953, tradotto in tutto il mondo e diventato l'omonimo film di Frédéric Back, premiato tra l'altro con l'Oscar come miglior cortometraggio d'animazione. La storia si apre nel 1910 mostrandoci il narratore da giovane che sta passeggiando per una desolata vallata, ai piedi delle Alpi provenzali: l'escursione diventa problematica per la difficoltà a trovare acqua, dato che nella zona c'è solo un piccolo villaggio abbandonato e diroccato, e con una fontana ormai secca. Scrutando il panorama, però, il protagonista avvista la sagoma lontana di un pastore circondato dal suo gregge di pecore: così raggiunge l'uomo, che gli offre l'acqua della sua borraccia e gli offre ospitalità per la notte. Nella dignitosa casa del suo ospite di poche parole, il narratore ne scopre la storia: si chiama Elzéard Bouffier, è vedovo, ha cinquantacinque anni e ogni giorno pianta cento ghiande per migliorare il luogo dove vive facendovi crescere una foresta. Dopo aver perso la moglie, si è ritirato in questo luogo desolato e negli ultimi tre anni ha piantato centomila ghiande (e si aspetta che ne crescano almeno diecimila querce). Il narratore riparte e torna in quei luoghi dopo aver combattuto nella prima guerra mondiale: il panorama è cambiato, dato che adesso c'è un'enorme foresta, non solo di querce ma anche di faggi e betulle, e l'acqua ha ricominciato a scorrere nei ruscelli secchi. L'ospite silenzioso di dieci anni prima è diventato apicoltore ma continua a piantare alberi con la stessa determinazione di prima. La foresta viene messa sotto protezione dallo stato e i dintorni cominciano a essere ripopolati da coppie giovani in cerca di fortuna. E l'uomo che aveva la missione di piantare gli alberi in modo generoso e disinteressato? Ne scopriremo il destino alla fine, ovviamente... Gran bella storia, talmente bella che Jean Giono, che ne andava fiero nonostante l'immensa fortuna del racconto in tutto il mondo non gli avesse fatto guadagnare denaro (alcune edizioni sono state perfino distribuite gratuitamente), destò scalpore rivelando che questa straordinaria figura di pastore ecologico era un personaggio assolutamente inventato. La prospettiva aneddotica cattura fin dalle prime pagine con la forza del realismo della vicenda e del significato simbolico di un gesto d'amore ripetuto nel tempo per cambiare un territorio che l'incuria umana ha reso arido e inospitale. Difficile pensare a una storia che abbia una valenza educativa maggiore di questo splendido, essenziale racconto.

Jean Giono, L'uomo che piantava gli alberi, Milano, Salani, 2011; pp. 51


OPEN: LA STORIA DI ANDRE AGASSI

Lui è Andre Agassi da Las Vegas, classe 1970, uno dei talenti più cristallini che abbiano mai giocato su un campo di tennis, uno sportivo ch...