L’autore siciliano Giovanni Verga (1840-1922) pubblicò la
raccolta delle Novelle rusticane nel 1883,
nel punto culminante della sua produzione narrativa, tra l’uscita dei suoi
capolavori romanzeschi, I Malavoglia e
Mastro-don Gesualdo, editi rispettivamente
nel 1881 e nel 1889. Le Novelle
rusticane insieme alla precedente raccolta di novelle intitolata Vita dei campi costituiscono una sorta
di galleria tematica di elementi del Verismo destinati a trovare una più ampia trattazione nelle ambientazioni dei romanzi maggiori. Rispetto a Vita dei campi nelle storie raccontate
nelle Novelle rusticane affiora
maggiormente il pessimismo di Verga, che occulta la propria voce narrando
storie di ordinaria umanità dei più bassi ceti sociali del Meridione,
ambientandole spesso nel periodo dell’impresa dei Mille di Garibaldi, che negli
intenti avrebbe dovuto portare un po’ di giustizia sociale ma che poi ha finito
per tradire le aspettative del popolo, di cui Verga tratteggia l’amara
disillusione. Le Novelle rusticane assortiscono
complessivamente dodici novelle, ovvero Il Reverendo, Cos’è il re, Don Licciu
Papa, Il Mistero, Gli orfani, La roba, Storia dell’asino di S. Giuseppe, Pane nero, I galantuomini, Libertà
e Di là dal mare. Dieci delle
novelle erano inedite al momento della pubblicazione, mentre due erano state già pubblicate su riviste: La roba era
infatti uscita sulla “Rassegna settimanale di politica, scienze, lettere ed
arti” del 26 dicembre 1880 e Libertà nella
“Domenica letteraria” del 12 marzo 1882. Le due novelle costituiscono senza
dubbio i due vertici artistici della raccolta. Nella prima Verga dà forma e
sostanza a Mazzarò, singolare esempio di contadino arricchito ed abbrutito dall’ossessione
per la cosiddetta “roba”, ovvero per le ricchezze accumulate a dismisura che
non sopporta di dover abbandonare, ormai essendo vecchio e destinato a morire:
si tratta di un personaggio con notevoli punti in contatto col protagonista di Mastro-don Gesualdo, che vive un’arrampicata
sociale culminata nella ricchezza ma che non porta felicità alla sua esistenza. La seconda novella, Libertà, è ispirata a un fatto storico
avvenuto a Bronte nell’agosto del 1860, durante l’impresa dei Mille, quando i
contadini si rivoltarono contro i notabili locali, contando sul
fatto che le proprietà terriere dei nobili sarebbero state ridistribuite al popolo, mentre
invece Garibaldi inviò sul posto il fidato Nino Bixio per punire i responsabili dei crimini commessi e ristabilire l’ordine. La novella non cita luoghi e nomi, ma il riferimento alla
strage è evidente e la rivolta popolare è tratteggiata come una fiumana
inarrestabile, attraverso voci corali che contrappuntano le violenze narrate a
tinte forti. Questa raccolta rappresenta un viadotto ideale per entrare nel complesso
mondo narrativo di Verga.
Giovanni Verga, Novelle rusticane, Napoli, Medusa, 2007;
pp. 167