Visualizzazione post con etichetta futuro. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta futuro. Mostra tutti i post

domenica 9 ottobre 2022

IL SOGNO DEGLI ANDROIDI E IL CUPO FUTURO DI PHILIP K. DICK

Il romanzo in assoluto più noto della sterminata produzione dello scrittore americano Philip K. Dick (1928-1982) risale al 1968 e s’intitola Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, ma in Italia il libro è stato pubblicato anche col titolo Il cacciatore di androidi e ovviamente Blade Runner, mutuando l’omonimo film di Ridley Scott del 1982 con Harrison Ford, Rutger Hauer e Sean Young, indiscusso cult movie del cinema fantascientifico. La storia è ambientata nell’oscuro scenario post-apocalittico della San Francisco del 1992, in un mondo in decadenza da cui l’umanità ha cercato di scappare emigrando nelle colonie extramondo. Sulla Terra le specie animali sono praticamente tutte estinte e quindi in molti cercano di acquistare copie di animali prodotte in laboratorio o i meno pregiati simulacri robotici, esattamente come la pecora elettrica (peraltro mal funzionante) del protagonista della storia, Rick Deckard, di professione cacciatore di taglie di androidi sfuggiti al controllo degli umani e dunque da ‘ritirare’ ovvero da eliminare. Il buon Deckard vive con la moglie Iran e si sente frustrato per non essere riuscito ancora ad acquistare un animale domestico vivente: anche per questo, oltre che per sfuggire alla noia, accetta di concludere un incarico lasciato a metà dall’anziano cacciatore di taglie Dave Holden, rimasto ferito dopo aver ucciso due degli otto androidi modello Nexus 6 fuggiti dalla colonia extramondo di Marte. Subito Deckard con la sua aeromobile si reca a Seattle ai laboratori della Rosen Industries, dove sono stati prodotti gli androidi fuggitivi: qui incontra Rachael Rosen, nipote di Eldon Rosen, il proprietario dell’azienda, e, dopo averla sottoposta al test Voight-Kampff, scopre che la donna è una replicante. Successivamente Deckard finisce sulle tracce di una cantante lirica androide ma, mentre sta cercando di sottoporla al test per avere conferma della sua natura,  lei chiama la polizia:  il protagonista si ritrova così in una centrale che sembra essere un covo di replicanti e riesce ad uscirne solo grazie all’aiuto di un collega. Nel frattempo gli androidi Nexus 6 superstiti si rifugiano nel palazzo dove vive lo “speciale” Isidore, un uomo solitario dal basso quoziente intellettivo (forse a causa delle piogge radiattive): è qui che cercheranno di organizzarsi in vista dell’immancabile resa dei conti con il cacciatore di androidi. Romanzo distopico per eccellenza, Blade Runner tratteggia il cupo quadro di un drammatico futuro incombente su un’umanità capace di creare copie replicanti di se stessa e della vita animale ormai scomparsa dal pianeta Terra ma che i superstiti avvertono come un imprescindibile status symbol esistenziale. È un futuro oscuro, opprimente e senza speranza quello immaginato da Philip K. Dick: nelle case di tutti ci sono dispositivi che regolano l’umore – quasi a figurare una necessità di serenità interiore almeno illusoria –, gli onnipresenti programmi televisivi contrappuntano la narrazione ed è arduo talvolta riconoscere gli androidi, creature senzienti ma prive di empatia, dagli umani più spietati. Insomma, Deckard cacciando i replicanti scruta nel torbido e intravede schegge di se stesso, finendo per dubitare delle sue capacità e presagendo l’impossibilità di continuare la sua professione. Dal libro di Dick il grande Ridley Scott ha ottenuto un film che riesce ad immaginare con profondo impatto visivo l’ambientazione del romanzo (spostata nella Los Angeles del 2019), pur stravolgendone la storia: Deckard diventa un futuribile detective solitario che Chandler avrebbe apprezzato, Rachael viene riletta come una replicante di nuova generazione che ignora la propria natura, i replicanti in fuga sono androidi che stanno per esaurire il loro tempo di vita e cercano disperatamente di prolungare la loro esistenza a tempo determinato. Tutto per arrivare al clou drammatico del sorprendente confronto finale tra il protagonista e l’unico antagonista ancora vivo ma condannato comunque a sparire come lacrime nella pioggia…

Philip K. Dick, Blade Runner, Roma, Fanucci, 1996; pp. 254

mercoledì 3 marzo 2021

IL DIARIO DI ANNE FRANK

 

La storia è tragicamente nota, purtroppo, nel bene e nel male: Anne Frank ricevette un diario in regalo per il suo tredicesimo compleanno, il 12 giugno del 1942, e cominciò a scriverci come qualunque ragazzina della sua età scene di ordinaria vita scolastica, infatuazioni sentimentali, libri preferiti, sogni per il futuro. Ma a un certo punto la sua famiglia, di origine ebraica e di Francoforte ma emigrata ad Amsterdam in seguito all’ascesa di Hitler in Germania, dovrà nascondersi negli uffici della ditta del padre, Otto Frank, insieme a un’altra famiglia ebraica per evitare di essere catturata e finire in un campo di concentramento. E così per due anni Anne continuerà a scrivere in cattività le pagine del suo diario, iniziando a rivolgersi a lui chiamandolo Kitty, fingendo che sia il nome di una migliore amica di cui sente la grande mancanza: giorno dopo giorno Anne ci racconta le paure e le speranze, i momenti di angoscia e le esperienze della sua piccola comunità che cerca di resistere in clausura finché non ci sarà più pericolo per loro fuori. Sono particolarmente struggenti le pagine in cui Anne parla del suo desiderio di diventare da grande una scrittrice o una giornalista, criticando le sue composizioni in modo lucidamente implacabile per quanto consapevole di essere dotata di talento . All’inizio del 1944 Anne aveva sentito alla radio il ministro dell’educazione in esilio affermare che tutte le sofferenze vissute dal popolo olandese durante l’occupazione nazista un giorno avrebbero dovuto essere raccolte e pubblicate: così aveva iniziato a ricopiare le lettere della prima stesura del diario correggendole, tagliando le parti meno interessanti, integrando quelle che le parevano meno sviluppate. Il Diario s’interrompe con l’ultima annotazione del 1° agosto 1944: poco dopo i Frank furono catturati dalla Gestapo e deportati nei campi di concentramento nazisti, Anne e la sorella Margot morirono entrambe di tifo a Bergen-Belsen pochi giorni prima della liberazione, come la madre Edith, mentre il padre Otto fu l’unico superstite della Shoah: tornò ad Amsterdam, pubblicò il Diario della figlia minore nel 1947, che divenne in breve un classico della narrativa per ragazzi e del genere autobiografico. L’edizione Einaudi, con prefazione di Eraldo Affinati e con uno scritto di Natalia Ginzburg, propone anche una ricostruzione degli ultimi anni di vita di Anne e della sorella Margot. Si tratta dell’edizione definitiva approvata dall’Anne Frank Fonds. Assolutamente da leggere.

Anne Frank, Diario, Torino, Einaudi, 2014; pp. 359

OPEN: LA STORIA DI ANDRE AGASSI

Lui è Andre Agassi da Las Vegas, classe 1970, uno dei talenti più cristallini che abbiano mai giocato su un campo di tennis, uno sportivo ch...