sabato 9 gennaio 2021

BENIGNI E IL "SUO" DANTE

 

È un tipo di libro che potremmo definire ingenerosamente... pleonastico, Il mio Dante di Roberto Benigni, per dire in modo molto educato che avrebbe potuto farne a meno. È peraltro un libro che neppure lui stesso pensava di scrivere, ma che gli è stato suggerito, per così dire, dall’editore Einaudi, pensato e concepito per la fortunata collana “Stile Libero” e poi felicemente riedito in quella altrettanto fortunata degli "Einaudi Tascabili". Un'operazione dichiaratamente commerciale, insomma... Ma è anche vero che si tratta di un volumetto intrigante e molto gradevole da sfogliare, che sfodera un breve ma arguto scritto introduttivo nientemeno che del professor Umberto Eco, più una corposa ma agile presentazione che Benigni ha fatto distillando il succo delle sue fortunatissime Lecturae Dantis portate con successo in giro per l’Italia e capaci di ottenere incredibili indici d’ascolto anche sul piccolo schermo, emozionando il pubblico con un argomento non immediato come la Divina Commedia del sommo Dante Alighieri. Anche sulla pagina scritta si evince infatti il grande entusiasmo, l’efficacia didattica e l’immediatezza che Benigni ha mostrato a meraviglia sul palcoscenico, facendoci anche sorridere ma senza trascurare le spiegazioni lessicali, gli accenti, le figure retoriche, i motivi, le storie ed i personaggi dei canti affrontati volta per volta. Già, perché, oltre che attore da Oscar, regista ispirato, comico prodigioso, enigmista per diletto, Roberto Benigni è indubbiamente anche un raffinato ed atipico esempio di intellettuale, dotato tra l’altro di una rara capacità divulgativa anche relativamente a materie di solito ostiche da trattare ma che diventano fruibili e godibili grazie al suo stile leggero e rigoroso al tempo stesso. Con i tempi che corrono c'è davvero da tenerselo stretto un personaggio così... A corredo del volume figurano in versione integrale i tredici canti della Divina Commedia che Roberto Benigni ha trattato nel suo spettacolo e l'intrigante genesi del progetto "TuttoDante" raccontata da Valentina Pattavina. Insomma, un libro non indispensabile ma vivamente consigliato, soprattutto per i neofiti della Commedia

Roberto Benigni, Il mio Dante, Torino, Einaudi, 2010; pp. 147


venerdì 8 gennaio 2021

DANTE E IL CIRCOLO SEGRETO DEI POETI

Un romanzo per ragazzi su Dante? Una sfida difficile sulla carta, ma Silvia Vecchini, una scrittrice specializzata nella narrativa per adolescenti, è riuscita a vincerla con Dante e il circolo segreto dei poeti. La storia si apre ovviamente a Firenze, nel lontano 1277, quando il futuro autore della Divina Commedia ha appena dodici anni e coltiva un paio di sogni di quelli davvero importanti: il primo è diventare un poeta celebre al pari del grande Virgilio o almeno quanto Guido Cavalcanti, un giovane letterato che si è già fatto notare a livello cittadino con le sue rime, mentre il secondo è conoscere Beatrice, una ragazza a cui non riesce a smettere di pensare da quando l'ha vista per la prima volta. Tutto procede in modo apparentemente normale nella vita del giovane Dante, che passa le sue giornate per le vie di Firenze in compagnia dell'amico Lapo Gianni, suo coetaneo, a sognare un futuro ben diverso da quello che Alighiero immagina per lui. Un'improvvisa svolta sembra arrivare quando Guido Cavalcanti offre a Dante di entrare in un circolo segreto di poeti, ma prima di coronare questo sogno il nostro eroe dovrà arrovellarsi non poco per risolvere un intrigo davvero pericoloso, oltre che superare tre prove apparentemente proibitive, ma c'è da immaginarsi che il futuro autore della Vita Nova e della Commedia riuscirà senz'altro a superarle... Dante e il circolo segreto dei poeti cattura l'attenzione fin dalle prime pagine, che ci mostrano il nostro giovane eroe mentre scorrazza per le vie del centro storico fiorentino per riuscire a vedere anche per pochi secondi il suo oggetto d'amore, Beatrice, finendo per scontrarsi col cattivo della storia, il violento Corso Donati, e vivere una brutta disavventura. Nel prosieguo la trama scorre sui due binari paralleli dei sogni danteschi cui si alludeva in apertura, lasciando il lettore col fiato in sospeso fino all'immancabile happy ending, che arriva in modalità intriganti e affatto scontate. Assolutamente da leggere per un approccio atipico col più grande poeta della letteratura italiana... quando ancora doveva diventarlo. Il libro fa parte della collana "Sì, io sono", che propone romanzi per romanzi ispirati alle biografie giovanili di celebri personaggi del mondo dell'arte, della scienza e della letteratura.

Silvia Vecchini, Dante e il circolo segreto dei poeti, Roma, Lapis Edizioni, 2010; pp. 

mercoledì 30 dicembre 2020

GHOST: UNA STORIA DI SPORT & DISAGIO SOCIALE

Per l’anagrafe lui è Castle Cranshaw, anche se preferisce farsi chiamare Ghost: è un ragazzo senza molti punti fermi nella vita, a parte la bustina di semi di zucca che ogni santo giorno compra nel negozio del vecchio Mr. Charles e… correre. Castle ha la consapevolezza di saper correre sul serio da quando una sera suo padre (che amava i semi di zucca come lui) è stato abbrutito senza ritorno dall’alcool ed ha sparato al figlio e alla moglie mentre scappavano di casa, per poi finire dritto in galera senza fiatare. Da quel giorno la vita è stata particolarmente grama per il giovane protagonista, che non riesce mai a tenersi lontano dagli alterchi con chi lo provoca per il suo taglio di capelli strampalato, per i vestiti troppo grandi e poco trendy o per il fatto che abita a Glass Manor, che non è proprio il posto più elegante della città. Tutto cambia quando Ghost scorge un gruppo di ragazzi che si stanno allenando nella pista d’atletica del parco e, senza saper bene neanche lui perché, si ritrova a sfidare il più veloce di loro, finendo peraltro per ‘asfaltarlo’ nonostante sia vestito in modo improponibile per correre (e non abbia mai preso in seria considerazione nessuno sport tranne il basket). Fatto sta che l’impresa colpisce subito l’attenzione dell’allenatore del gruppo, Coach Brody, tassista ed ex medaglia d’oro olimpica che assomiglia in modo inquietante a una tartaruga con un dente scheggiato. Il buon Ghost entra così nella squadra dei Defenders, a patto di tenersi lontano dai guai, ma ben presto scoprirà di non essere particolarmente fortunato su questo fronte. Ghost è un romanzo di formazione di ambito sportivo che prende subito per la prospettiva dal basso del protagonista, che vive in una situazione svantaggiata con una madre sola e senza troppe prospettive, peraltro oppresso da un trauma infantile con cui è dura scendere a patti, però di buon cuore ed anche piuttosto cool, qualità non banali per il quartiere in cui vive e cerca di tirare avanti. A parte la trascinante sequenza di disavventure che Ghost si trova costretto a superare, la storia prende anche per i dettagli di atletica che la contrappuntano e per lo spirito di squadra che la pervade. Senza spoilerare troppo, colpisce anche lo spaccato di interiorità che Jason Reynolds ci regala un attimo prima dei titoli di coda. Da provare.

Jason Reynolds, Ghost, Milano, Rizzoli, 2020; pp. 191

LA STRAORDINARIA INVENZIONE DI HUGO CABRET

Di questo romanzo hanno scritto che si tratta del “primo libro in cui le parole illustrano le immagini”, ed in effetti questa definizione è decisamente calzante per La straordinaria invenzione di Hugo Cabret di Brian Selznick, classe 1966, celebre illustratore per ragazzi che è riuscito a realizzare un’opera che è la perfetta sintesi tra un romanzo di formazione, una graphic novel a carboncino e un atto d’amore per il cinema muto (e la fantasia in genere). È un libro per ragazzi, indubbiamente, ma è confezionato proprio come la narrativa per adulti con la “N” maiuscola: si comincia con una prefazione che incornicia la storia vera e propria, presentataci, con tanto di consigli per una corretta fruizione, da un certo Professor Alcofrisbas, la cui identità scopriremo solo alla fine. Voltata pagina, inizia subito la magia: attraverso una prospettiva ‘telescopica’ arriveremo nella Parigi del 1931, in una stazione, dietro un orologio dal quale un ragazzino sta tenendo d’occhio l’anziano gestore di un chiosco di giocattoli. Hugo è un orfano che ha perso il padre, provetto orologiaio morto a causa di un incendio nel museo in cui lavorava, ed è stato adottato dallo zio alcolizzato che vive nei meandri della stazione, con l’incarico di tenere gli orologi in efficienza. È ormai da tempo però che lo zio non ha più fatto ritorno e Hugo è abbandonato a se stesso, sopravvive con piccoli furti e continua a provvedere agli orologi della stazione per evitare che qualcuno si accorga dell’assenza del suo tutore. L’unica luce nella solitudine del ragazzo è la sola eredità che il padre gli ha lasciato, un vecchio automa a carica che rappresenta uno scrivano ed a cui il padre di Hugo ha continuato a lavorare fino alla tragica notte in cui è morto: il giovane protagonista infatti è sicuro che il genitore sia riuscito a ripararlo e gli abbia affidato il suo ultimo messaggio per lui, così ha cercato di ripararlo seguendo gli appunti paterni e procurandosi i pezzi di ricambio dal chiosco di giocattoli della stazione. Le cose peggiorano quando il vecchio negoziante lo pesca con le pive nel sacco e gli sequestra il taccuino del padre, restandone turbato e ripromettendosi di distruggerlo. Per rientrarne in possesso Hugo cercherà l’appoggio di Isabelle, la figlioccia del negoziante, molto intrigata dal suo nuovo amico e dall’avventura che le si prospetta davanti. Passando attraverso molteplici citazioni letterarie e la fantasmagorica scoperta del cinema – soprattutto le straordinarie invenzioni su celluloide di Georges Méliès, il cineasta che ideò il concetto stesso di effetti speciali –, arriverà anche il tassello narrativo decisivo per mezzo della chiave a forma di cuore che serve ad attivare l’automa di Hugo (e le meraviglie che ne deriveranno). Il tutto per arrivare all’immancabile happy ending che chiuderà la vicenda in modo impeccabilmente circolare. Una gran bella storia, che impone al lettore l’assoluta necessità di scoprire dove lo porteranno i primi passi inquieti del protagonista, attraverso la sua particolare prospettiva del mondo e la sua frenesia per la soluzione dell’ultimo mistero del padre perduto. L'alchimia tra disegni e narrazione è assolutamente funzionale a tratteggiare una storia di formazione davvero coinvolgente. Passate parola. 

Brian Selznick, La straordinaria invenzione di Hugo Cabret, Milano, Mondadori, 2007; pp. 544


domenica 27 dicembre 2020

JACK BENNET E LA CHIAVE PER LA FANTASIA

L'autrice di Jack Bennet e la chiave di tutte le cose si chiama Fiore Manni, classe 1988: romana, Fiore è figlia d'arte, dato che sua madre è l'attrice Fiorenza Tessari e suo nonno il noto regista Duccio Tessari, Dopo aver conseguito un diploma in fashion design, la Manni è stata la conduttrice di "Camilla Store", un programma televisivo di successo che le ha aperto le porte nell'editoria con una serie di titoli del brand Camilla Store per De Agostini Editore. Jack Bennet e la chiave di tutte le cose è il suo primo romanzo per ragazzi e vede come protagonista un ragazzino di dieci anni senza troppa fortuna, dato che ha perso suo padre (che gli manca moltissimo) e che neppure sua mamma se la passa troppo bene, al punto che lui è costretto ad accettare un lavoro in una tipografia per darle una mano a tirare avanti, nonostante abbia soltanto dieci anni. Una perfetta situazione dickensiana, insomma, finché un bel giorno, uscendo dal lavoro (che consiste più che altro nel risolvere i problemi d'inceppamento del processo di stampa), il buon Jack, perennemente avvolto nella lunga sciarpa a righe blu regalatagli dal padre, incontra uno strano tizio vestito di viola che dice di chiamarsi il Padre di Tutte le Cose, che gli affida un passepartout dopo aver avuto dal ragazzo una generica disponibilità a dargli una mano. Non è che l'inizio di una svolta fantastica che porterà il nostro piccolo e modesto eroe a spasso per tre mondi alternativi a risolvere in modo sempre spontaneo problemi apparentemente al di fuori della sua portata, sia che finisca in una strana fabbrica di pappagalli tipografi che stampano libri magici praticamente per ogni occasione, sia che si trovi a tu per tu con l'Architetto dei sogni o che sia catapultato su una nave pirata su un oceano di foglie in rotta verso un incredibile tesoro. Ne viene fuori un romanzo fantastico per ragazzi che in modo strano e indecifrabile riesce a raccontare il desiderio di scoperta e di apprendimento insito nel cuore di ogni adolescente, come appunto nell'impagabile Jack Bennet, un piccolo protagonista di buon cuore che desidera più di ogni altra cosa scoprire qualcosa di nuovo e che nel farlo è sempre disposto a dare una mano a chi ne ha bisogno: attraverso i suoi occhi viaggeremo per strani mondi, alla ricerca inconscia di un sogno impossibile, solo per scoprire, forse, che il tesoro più grande per un ragazzino di dieci anni può rivelarsi l'amicizia. Assolutamente intrigante  e ricco di immaginazione: insieme a Jack Bennet non potremo fare a meno di vedere cosa c'è dall'altra parte di ogni porta che conduce a un mondo ignoto, una pagina dopo l'altra fino all'immancabile lieto fine.

Fiore Manni, Jack Bennet e la chiave di tutte le cose, Milano, Rizzoli, 2018; pp. 351


SETTE ABBRACCI E TIENI IL RESTO

Già autore de L'ombelico di Adamo, Stefano Tofani con Sette abbracci e tieni il resto ha scritto un romanzo di formazione per ragazzi di quelli che conquistano fin dalle prime pagine e non ti lasciano più. Il merito in gran parte è del protagonista, un ragazzino di dodici anni che si chiama Ernesto, anche se parecchi lo apostrofano con un soprannome che a lui non piace per niente come Quattrocchi, perché ovviamente porta gli occhiali. Non se la passa granché bene in effetti: zoppica per i postumi di un incidente automobilistico in cui ha perso l'amata nonna, di cui continua a ricordare come un mantra gli insegnamenti di vita, i proverbi e l'affetto. E la sfortuna del ragazzino non è finita qui: Ernesto ha i genitori separati, vive con una madre che spesso rincasa tardi dalle discoteche, e anche il padre non è affatto il massimo. Il protagonista insomma ha un'unica consolazione: sognare di essere considerato un po' da Martina, l'immancabile ragazza più carina della classe che ha ben altri studenti per la testa, purtroppo, ovviamente più grandi di lei. Tutto cambia quando Ernesto viene a conoscenza di un sistema per osservare il suo amore impossibile in modalità discinta, finendo per combinare l'immancabile disastro. D'altra parte non ha neanche un amico in grado di dargli consigli sensati, eccettuando Lucio, che è bloccato su una carrozzina ed ha purtroppo la vocazione del grillo parlante. In un quadro desolante a dir poco però Ernesto intravede l'occasione per coprirsi di gloria e conquistare Martina quando quest'ultima sparisce nel nulla sgomentando l'intero paese. Con un improbabile segugio prestato da un amico albanese di un centro accoglienza, Ernesto cercherà infatti di fare la cosa giusta e ritrovare Martina. Ci riuscirà? E si tratterà davvero di un caso di rapimento come tutti sembrano pensare? La storia al centro di questo delicato romanzo di formazione di Stefano Tofani regala al lettore una realistica ricostruzione della vita di provincia dalla prospettiva di un ragazzino sfortunato che vorrebbe qualcosa di più dalla vita e ragiona a un livello più alto della fauna giovanile che lo circonda e spesso finisce per ferirlo (gratuitamente) a livello emotivo. Da provare, soprattutto per la verve linguistica, che a tratti in effetti stende il lettore.

Stefano Tofani, Sette abbracci e tieni il resto, Milano, Rizzoli, 2019; pp. 222

sabato 26 dicembre 2020

LA BELLA RESISTENZA

Il sottotitolo di questo libro è "L'antifascismo raccontato ai ragazzi" e già costituirebbe un ottimo motivo per consigliarne la lettura. L'autore, Biagio Goldstein Bolocan, classe 1966, laureato in Storia, si occupa della redazione di manuali di Storia per le scuole secondarie di primo e di secondo grado. Nelle prime pagine rivela ai lettori di aver scritto La bella resistenza come debito di gratitudine verso nonna Emma, pessima cuoca ma fervente divulgatrice dei tempi difficilissimi vissuti in gioventù, che hanno innescato nell'autore l'amore per la Storia e lo sdegno per le ingiustizie patite dalla propria famiglia nel periodo del ventennio, in particolare dal 1938, con l'emanazione delle Leggi razziali, dato che la sua era una famiglia di origine ebraica. Il libro di Biagio Goldstein Bolocan si alterna infatti tra le vicende private familiari, spesso intrecciate con la vita culturale di Milano, e una serie di efficacissimi profili dei momenti cruciali tra il 1914 e il 1945, sempre illustrati dagli incisivi disegni di Matteo Berton: la Grande guerra, il primo dopoguerra, l'avvento del fascismo, la dittatura di Benito Mussolini, l'antifascismo, l'apoteosi del fascismo negli anni Trenta,  fascismo e nazismo, le leggi razziali, la seconda guerra mondiale, la resistenza. Per quanto riguarda le storie della grande famiglia Damiani-Bolocan, è decisamente arduo ricordare tutte le figure che si alternano nel periodo ma, dovendo scegliere, è doveroso ricordare almeno l'irresistibile ritratto dell'orientaleggiante nonno Alexandru Bolocan, un ingegnere che ama suonare il violino che a un certo punto è costretto a fuggire in esilio in Svizzera, dove finisce comunque in una sorta di campo di lavoro per ebrei ma si salva dal tifo e dagli stenti proprio grazie alla sua passione, "adottato" da un maestro svizzero amante della buona musica. D'obbligo anche ricordare il senso di giustizia di nonna Emma, che all'indomani del 25 aprile 1945 imbracciando una scopa salva dall'esecuzione da parte dei partigiani il segretario comunale di Mozzate, che comunque non l'aveva mai denunciata pur sapendo che lei e i suoi figli erano ebrei. Da leggere per non dimenticare.

Biagio Goldstein Bolocan, La bella resistenza, Milano, Feltrinelli, 2019; pp. 126

OPEN: LA STORIA DI ANDRE AGASSI

Lui è Andre Agassi da Las Vegas, classe 1970, uno dei talenti più cristallini che abbiano mai giocato su un campo di tennis, uno sportivo ch...