sabato 19 marzo 2022

FAHRENHEIT 451: IL FUTURO DISTOPICO È QUI

Ray Bradbury (1920-2012) è stato uno dei più grandi scrittori di fantascienza della sua generazione e uno dei più ispirati autori contemporanei della sua epoca, soprattutto grazie a due capolavori romanzeschi come Cronache marziane e Fahrenheit 451, ma anche per le tante raccolte di racconti, alcune davvero straordinarie (come Il grande mondo laggiù, tanto per dirne una). A differenza dal romanzo d’esordio, più ‘classico’ dal punto di vista tematico (trattando della colonizzazione del pianeta rosso), Fahrenheit 451 è quello che oggi, memori del successo delle saghe di Hunger Games e Divergent, definiremmo un romanzo distopico, dato che nella storia colpisce soprattutto l’ambientazione futura, in un domani in cui qualcosa è cambiato rispetto al presente – ovviamente dovremmo rapportarci al presente dell’autore, all’inizio degli anni Cinquanta del Novecento, ma il paragone tutto sommato regge abbastanza anche in rapporto al presente dei giorni nostri –. Siamo in un futuro prossimo e venturo in cui i pompieri appartengono alla cosiddetta “milizia del fioco” e, anziché spengere incendi, si occupano di appiccare roghi nelle case di coloro che possiedono libri, oggetti assolutamente proibiti dalla legge. Il protagonista, Guy Montag, è appunto un pompiere ed esercita la sua professione con zelo e convinzione, non riuscendo assolutamente a comprendere le ragioni dei cittadini che infrangono la legge decidendo consapevolmente di possedere dei libri. Le certezze esistenziali di Montag cominciano però a vacillare quando un’anziana signora decide di morire nel rogo della propria abitazione piuttosto che separarsi dai propri libri: in seguito il protagonista porta a casa dei volumi e comincia a leggerli, iniziando a dubitare della propria missione. Nel frattempo sua moglie – completamente assuefatta, come tanti cittadini del futuro, ai programmi televisivi che interagiscono addirittura con gli spettatori – si accorge dei comportamenti del marito e lo denuncia alle autorità, innescando una serie di eventi che faranno di Montag un fuggiasco assegnato come bersaglio a un letale segugio meccanico. Nel finale visionario che incombe sulla storia Montag è destinato a scoprire l’esistenza di un gruppo clandestino di umani che cercano di far sopravvivere i libri oltre il ricettacolo cartaceo con cui storicamente le storie si sono trasmesse nei secoli sia copiate a mano sia stampate. Fahrenheit 451 è un’appassionata apologia del libro come oggetto simbolicamente destinato a salvare il libero pensiero, che nella società futura è avversato per facilitare il controllo sociale, mentre il mezzo televisivo è diffuso ad libitum per favorire una tranquillizzante narcosi della coscienza. Senza dubbio nell’immaginario di Bradbury durante l’elaborazione del romanzo si fece sentire il ricordo angosciante dei roghi di libri perpetrati dal regime nazista negli anni Trenta, ma anche il clima di caccia alle streghe alimentato dal senatore McCarthy nei primi anni Cinquanta negli Stati Uniti durante la Guerra Fredda, con l’ossessione costante dei complotti comunisti e la minaccia incombente di un conflitto atomico (che aleggia anche sul finale del romanzo). Col titolo Fahrenheit 451, così evocativo e particolare, sembra che l’autore volesse indicare la temperatura di accensione della carta alla pressione di un’atmosfera, anche se nel libro l’unico riferimento diretto è la cifra 451 sull’elmetto di Montag. Fahrenheit 451 ebbe un’immediata e vasta fortuna, tanto che nel 1966 fu traslato sul grande schermo nell’omonimo film di François Truffaut. Insomma, un apocalittico canto d’amore sui libri e un romanzo assolutamente da leggere.

Ray Bradbury, Fahrenheit 451, Milano, Mondadori, 2018; pp. 207

mercoledì 16 marzo 2022

LA BOUTIQUE DEL MISTERO: IL BEST OF DEI RACCONTI DI BUZZATI

Questa raccolta uscì nel lontano 1968 e, a differenza delle precedenti pubblicate fino a quel momento da Dino Buzzati (1906-1972), non comprendeva inediti ma soltanto racconti già pubblicati in altre raccolte. Il grandissimo narratore originario di Belluno aveva selezionato e ordinato trentuno racconti “nella speranza di far conoscere il meglio”, per sua stessa ammissione, della sua sterminata produzione: in pratica si era proposto di creare una sorta di best of delle migliori storie del suo repertorio narrativo privilegiato, quello della narrativa breve, a cui Buzzati si è dedicato per tutta la vita. In particolare racconti selezionati sono stati tratti dalle raccolte I sette messaggeri, Paura alla Scala, Il crollo della Baliverna, In quel preciso momento, Sessanta racconti e Il colombre. In pratica si tratta dell’itinerario perfetto per addentrarsi nel misterioso e talvolta indecifrabile universo buzzatiano, con una serie strepitosa di storie altamente simboliche, inquietanti, di afflato fantastico e spesso altamente simboliche. E poi Buzzati sapeva come costruire la suspense di un racconto e conquistare il lettore dalle prime righe per poi incantarlo in progressione e fulminarlo con un finale di grande impatto, come succede ad esempio in un racconto (Il mantello) sullo strano ritorno a casa del figlio partito anni prima per la guerra e tornato per una breve visita alla famiglia con un angosciante mantello addosso che non vuole assolutamente togliersi. L’autore talvolta ci conquista con una storia inquietante e col non detto ma suggerito, come avviene ne I topi, oppure ci avvince con storie di grande impatto simbolico come I sette messaggi, che apre la raccolta, e Il colombre. D’obbligo segnalare infine il racconto forse più notevole dell’opera buzzatiana, una gemma del genere fantastico e dintorni intitolata La giacca stregata. Un’antologia semplicemente unica, insomma.

Dino Buzzati, La boutique del mistero, Milano, Mondadori, 2009; pp. 238

lunedì 14 marzo 2022

TUTTI I ROBOT DI ASIMOV

È una raccolta imprescindibile per tutti i veri appassionati di fantascienza e per chi ama il nume tutelare di questo genere in assoluto, ovvero il grande ed inimitabile Isaac Asimov (1920-1992), che in mezzo secolo di onorata carriera ha pubblicato un numero incredibile di romanzi, racconti e testi di divulgazione scientifica, senza considerare le numerose raccolte narrative fantascientifiche di colleghi da lui curate. Tutti i miei robot fu pubblicata nel 1982 ed assortisce complessivamente trentun racconti che Asimov scrisse tra il 1940 e il 1977: al suo interno figurano infatti tutte e sette le storie di Io, robot, il libro d’esordio che l’autore americano pubblicò nel 1950, più altre venti tratte da sei antologie diverse (addirittura otto da Il secondo libro dei robot) e quattro inedite. In ossequio al titolo ovviamente Tutti i miei robot è una raccolta tematica di racconti che vertono sul filone robotico della fantascienza, che proprio Asimov contribuì a creare inventando il termine robotica con le relative tre leggi. I racconti non sono proposti in ordine cronologico ma sono suddivisi in sette sezioni in base ad altrettante tipologie: robot non umani, robot immobili, robot di metallo, robot umanoidi, Powell e Donovan (due personaggi umani che hanno a che fare con robot), Susan Calvin (la robopsicologa asimoviana per eccellenza) e due apoteosi conclusive (tra cui il celebre racconto L’uomo bicentenario, che chiude la raccolta). Prescindendo da racconti ‘storici’ ed oggettivamente notevoli (come Robbie, Circolo vizioso e Il robot scomparso ovvero le gemme di Io, robot), corre l’obbligo di citare almeno il simpatico apripista del libro, ovvero Il fedele amico dell’uomo (che parla di un affettuoso cane robot in una base lunare) e una storia narrata da un’anomale prospettiva dal basso come Certezza di esperto, entrambi inediti, il catastrofico AL-76 e Lenny. È una corposa antologia come tante altre pubblicate da Asimov nella sua lunga carriera, ma la particolare struttura, l’introduzione d’autore e le sue brevi presentazioni alle varie sezioni la rendono una raccolta davvero da non perdere.

Isaac Asimov, Tutti i miei robot, Milano, Mondadori, 2007; pp. 560

domenica 13 marzo 2022

L’AMICO RITROVATO, UN LIBRO PER NON DIMENTICARE

A pensare di scoprire un cospicuo catalogo di libri di questo autore di origini tedesche naturalizzato britannico, si rischierebbe una delusione: l’opera più famosa di Fred Uhlman infatti è proprio L’amico ritrovato, che ha ispirato l’omonima pellicola di Jerry Schatzberg. Nato a Stoccarda nel 1901, Uhlman è morto a Londra ad ottantaquattro anni, ed è anche autore di un’autobiografia intitolata Storia di un uomo. Considerando che ha poco più di un’ottantina di pagine, L’amico ritrovato rientra nella tipologia del romanzo breve, anche se racconta una storia di quelle che si possono ritenere davvero di grande respiro. La vicenda narrata è ambientata per gran parte nel periodo che prelude al secondo conflitto mondiale, a Stoccarda per l’esattezza, ed è più che altro la storia di una splendida amicizia tra due ragazzi, la classica amicizia che si ricorda per una vita intera. I due s’incontrano sui banchi dell’esclusivo liceo che entrambi frequentano nella città tedesca ma la loro estrazione sociale è la più diversa che si possa immaginare: uno, Hans, è figlio di un medico ebreo, mentre l’altro, Konradin, proviene da una delle più antiche famiglie aristocratiche di tutta la Germania. In un decennio politicamente marcato come quello degli anni Trenta  a dividere i due ragazzi si aggiungono la storia, il Nazismo, il pregiudizio razziale. Il padre del ragazzo ebreo nel 1938 prende la drammatica decisione di staccarsi dal figlio per garantirgli un futuro in America. E la Shoah segna Hans per tutta la vita, indelebilmente, proprio come quella preziosa amicizia andata in frantumi insieme ai sogni della sua giovinezza, ma questo piccolo libro si rivela un’autentica bomba ad orologeria nel finale, quando la verità restituirà alle cose la giusta prospettiva. L’autore, originario di Stoccarda e transfuga dalla Germania negli anni Trenta, in Inghilterra divenne un affermato pittore e pubblicò L’amico ritrovato a settant’anni, azzeccando un’opera destinata a diventare un classico: Ulhman stesso d’altra parte disse che “si può sopravvivere con un solo libro”, come conferma decisamente L’amico ritrovato, di cui l’autore scrisse i due seguiti Un’anima non vile e Niente resurrezioni, per favore, che insieme hanno così composto la cosiddetta Trilogia del ritorno. Questo libro è una piccola gemma da leggere per non dimenticare che anche la pagina più buia della storia non è riuscita a spegnere la luce di una bella amicizia tra due ragazzi. Una splendida storia per tutte le età.

Fred Uhlman, L’amico ritrovato, Milano, Feltrinelli, 1991; pp. 93

ETERNI SECONDI... QUANDO PERDERE È UN'AVVENTURA MERAVIGLIOSA

Si tratta di una raccolta nata nella Scugnizzeria, una libreria nata a Scampia che si è autodefinita “Piazza di spaccio di libri”, che è un bel modo per ribaltare in chiave letteraria un termine che in questo quartiere di Napoli spesso ha un significato decisamente più negativo: una bella idea, insomma, che è il coronamento del sogno di Rosario Esposito La Rossa, scrittore ed editore, che infatti sotto l’insegna ha fatto scrivere “Sognare il sogno impossibile”. E basta leggere la prefazione di Eterni secondi – che ha un sottotitolo significativo come Perdere è un’avventura meravigliosa – che ci si rende immediatamente conto che l’intento è stato raggiunto in questa libreria di frontiera dove esiste il libro sospeso (ovvero già pagato a favore di chi non può permetterselo, come il caffè), dove oltre ai libri si possono acquistare prodotti tipici, dove si possono frequentare corsi di recitazione e laboratori di scrittura creativa. Infatti Eterni secondi è nato qui dalla fantasia dei piccoli frequentatori della Scugnizzeria: a dire il vero il primo lavoro che avevano proposto all’Einaudi era stato rifiutato e per superare il comprensibile sconforto, hanno iniziato a discutere dei campioni che sono stati sconfitti ma hanno trovato la forza di rimettersi in piedi e riprovarci. Così  i ragazzi della Scugnizzeria hanno raccolto venti storie di sportivi che magari non sono riusciti a vincere ma in qualche modo con la loro passione hanno cambiato il mondo, o almeno hanno tracciato la via del cambiamento col primo gesto esemplare. E sono venti storie per altrettante figure indimenticabili: il viaggio comincia alle Olimpiadi di Berlino del 1936 con L’ultima riga bianca, che ci farà scoprire l’incredibile amicizia tra Luz Long e Jesse Owens, due atleti in grado di vincere le barriere razziali, e si conclude con Lo stupore dei tacchetti, dove conosceremo il più grande calciatore argentino di tutti i tempi, che non era Maradona né Messi, ma El Trinche, al secolo Tomás Carlovich, un esteta del pallone. E in mezzo troviamo personaggi altrettanto straordinari, come il leggendario mezzofondista ceco Emil Zatopek, il velocista australiano Peter Norman (secondo nella finale dei 200 metri a Messico 1968 con la premiazione di protesta di Tommy Smith e John Carlos), il maratoneta italiano Dorando Pietri, la tennista Billie Jean King, che in nome della parità di genere accettò e vinse lo scontro tennistico con un uomo in una partita passata alla storia come “La battaglia dei sessi” o del giovane canadese Kerry Fox, che cercò di attraversare il Canada coast to coast nella Maratona della Speranza per raccogliere fondi per la lotta contro il cancro, morendo nel tentativo. Un piccolo grande libro che si legge tutto d’un fiato e regala venti storie esemplari di sport e buona volontà. Impreziosiscono il tutto le illustrazioni di Lorenzo Conti.
Rosario Esposito La Rossa, Eterni secondi, Torino, Einaudi, 2019; pp. 183

mercoledì 9 marzo 2022

BIANCO: IL MONDO DOPO LA FINE DEL MONDO

L'autrice della strana storia raccontata in Bianco è Laura Bonalumi, classe 1966, che ha lavorato a lungo nel settore della pubblicità ma poi è stata folgorata dalla passione per la scrittura ed è diventata una scrittrice di narrativa per ragazzi. Propriamente Bianco è un romanzo di formazione dai risvolti distopici, talmente generalizzati da risultare davvero molto inquietanti. Siamo in un futuro prossimo e venturo in una città non specificata in cui tutto è avvolto dal bianco manto della neve: la voce narrante della protagonista, la diciannovenne Isabella, ci trasporta in una realtà glaciale e senza speranza. All'inizio le prime nevicate autunnali sono state accolte con sorpresa e quasi con gioia, ma l'incredibile ondata di freddo che è seguita ha fatto morire per assideramento gran parte della popolazione. Quaranta giorni dopo Isabella è rimasta orfana ed è stata salvata da morte sicura dall'intervento di Davide, un uomo che ha raccolto un manipolo di sopravvissuti che cercano di tirare avanti nella canonica di una chiesa: oltre a lui e ad Isabella ci sono una donna che ha perso la sua famiglia, due fratellini che hanno perduto i genitori e un prete. A un certo punto nel variegato gruppo arriva anche un giovane che si e introdotto di soppiatto in chiesa. Non ci sono informazioni di sorta per capire cosa è successo né speranze in arrivo sui titoli di coda: i sette protagonisti lottano per sopravvivere, vanno in escursione nel bianco inferno che è diventato la città in cerca di cibo e di altri sopravvissuti, cercano di non perdere la fede a cui ognuno di loro attribuisce forme diverse. Tirano avanti, insomma. Isabella, in particolare, non crede più che prima o poi arriverà un happy ending a sistemare le cose, tenta di ricordare la sua storia e chi ha perso, continua ad amare i libri che amava prima, consapevole che continueranno ad esistere anche nell'incerto domani che si profila all'orizzonte. Bianco racconta davvero una bella storia, dolorosa da far male, molto simile, anche troppo, ai panorami di solitudine ed incertezza che tutto il mondo ha vissuto dall'inizio della pandemia. Da questo punto di vista, nonostante le sequenze di tensione e di azione, questo romanzo offre numerosi spunti di riflessioni su cosa conta veramente quando la realtà "normale" a cui siamo abituati è scossa alle fondamenta e il mondo che conosciamo sembra diventato un'irreale distesa di bianco troppo fredda per sopravvivere. Assolutamente da leggere fino all'ultima pagina.

Laura Bonalumi, Bianco, Casal Monferrato, Piemme ("Il Battello a Vapore"), 2020; pp. 239


IO SONO ZERO

Medico e psicoanalista milanese, Luigi Ballerini è anche uno scrittore specializzato in narrativa per ragazzi e un giornalista pubblicista che da anni scrive per vari periodici, soprattutto di tematiche quali la scuola, l'educazione e i giovani. I suoi argomenti privilegiati sembrano essere confluiti in massa in questo romanzo, che si intitola Io sono Zero ed è incentrato su un esperimento educativo davvero estremo ed inquietante. Il protagonista della storia è un ragazzo che sta per compiere quattordici anni e sa di chiamarsi semplicemente Zero: ha vissuto tutta la vita da solo, in un ambiente protetto chiamato Mondo, senza mai conoscere il mondo esterno (quindi ignora il vento o le precipitazioni atmosferiche). Zero è stato addestrato a combattere pilotando droni tramite computer, guidato da quando iniziano i suoi ricordi unicamente da una voce che lui chiama Madar - molto simile all'espressione inglese per "madre", in effetti -, che di solito lo premia al conseguimento dei suoi obiettivi. Perché Zero rappresenta una tipologia di studente davvero inquietante, anche se in effetti sembra sereno, complessivamente contento della sua vita, motivato a migliorare ed impaziente di scoprire i nuovi livelli che lo attendono in futuro. A un certo punto, però, nel Mondo in cui Zero è vissuto da sempre tutto diventa buio: il ragazzo pensa che si tratti di un test, cerca una via d’uscita e in qualche modo si ritrova all’esterno, nel mondo reale, dove fa freddo e c’è la neve, dove le persone parlano tra sé e senza schermi telematici. Ed è un mondo, quello vero, che gli è completamente ignoto, purtroppo. Per sua fortuna Zero trova l’aiuto di una coppia di buona volontà e piena di buone intenzioni nei suoi confronti, nonostante il ragazzo non voglia affatto collaborare con loro e desideri soprattutto tornare nel suo rassicurante Mondo con la “M” maiuscola, anche se ben presto il contatto con il mondo vero scatenerà in lui sensazioni e desideri sino a quel momento neppure immaginati. La domanda fondamentale a questo punto è la seguente: chi l’ha messo nella sua particolarissima situazione? E perché mai l'ha fatto? Potremo scoprirlo soltanto leggendo questo trascinante, inquietante ed originalissimo libro di Luigi Ballerini, felicemente sospeso a mezzo tra la storia di formazione e il romanzo distopico: ci spiazzerà a partire dalle prime pagine, coinvolgendoci fino alle ultime con il processo di rinascita (nel senso letterale di “seconda nascita”) del giovane protagonista. In tralice affiorano riflessioni davvero profonde sull'adolescenza e sulla vita “virtuale” che caratterizza già il nostro presente e minaccia di diventare un aspetto assai più invasivo del futuro che ci aspetta. Insomma, è Io sono Zero, un romanzo assolutamente da provare. 

Luigi Ballerini, Io sono Zero, Milano, Il Castoro, 2015; pp. 184


OPEN: LA STORIA DI ANDRE AGASSI

Lui è Andre Agassi da Las Vegas, classe 1970, uno dei talenti più cristallini che abbiano mai giocato su un campo di tennis, uno sportivo ch...