martedì 22 marzo 2022

STORIE A CINQUE CERCHI: NARRATIVA… OLIMPICA

L’espressione “cinque cerchi” evoca istantaneamente le Olimpiadi moderne e, esattamente come tale manifestazione sportiva internazionale a cadenza quadriennale, è frutto dell’intraprendenza del barone Pierre de Coubertin, che ne fu promotore e che per essa volle un simbolo universale: “La Bandiera Olimpica ha un fondo bianco, con cinque anelli intrecciati al centro: azzurro, giallo, nero, verde e rosso. Questo disegno è simbolico; rappresenta i cinque continenti abitati del mondo, uniti dall'Olimpismo; inoltre i cinque colori sono quelli che appaiono fino ad ora in tutte le bandiere nazionali”. I dieci racconti che lo scrittore e giornalista Gino Cervi ha inserito nella raccolta Storie a cinque cerchi sono ispirati ad alcuni dei leggendari atleti che hanno animato alcune edizioni delle Olimpiadi che dal 1896 hanno rappresentato un appuntamento sportivo fisso (tranne le parentesi causate dalle due guerre mondiali) per tutte o quasi le nazioni del pianeta. Nell’introduzione, in cui Cervi ci racconta che i suoi primi ricordi più o meno diretti partono dalle Olimpiadi del 1968 a Città del Messico e alla mitica foto di protesta di Tommie Smith e John Carlos, l’autore presenta i dieci protagonisti dei suoi racconti in una carrellata di grande intensità. Sfogliando le pagine di questa raccolta partiremo appunto da quella mitica foto spiegata a uno studente dal Professor Smith in persona per arrivare all’ultimo racconto della serie, che ci farà scoprire la storia di Fanny Blankers-Koen, campionessa olandese di atletica leggera entrata nella storia delle Olimpiadi come la “mamma volante”. In mezzo ai due estremi figurano le storie del saltatore Ray Ewry (il cosiddetto “uomo molla”), della fiorettista tedesca Helen Mayer (pluricampionessa tedesca ma di origini ebraiche), del sollevatore Joe DePietro, di misure ridotte ma capace di alzare la medaglia d’oro, della splendida amicizia fiorita a Berlino 1936 tra l’americano Jesse Owens e il tedesco Luz Long, dello strepitoso canottiere britannico Steve Redgrave, dell’occhialuto calciatore italiano Annibale Frossi, capocannoniere della nazionale olimpica medaglia d’oro di Berlino 1936, del pugile cubano Teofilo Stevenson, del nuotatore di Honolulu Duke Paoa Kahinu Makoe Hulikohola Kahanamoku. Il libro si avvale delle illustrazioni di Marco Ceruti e propone a chiosa di ogni storia la relativa scheda biografica e una sezione di playlist finali che documentano le canzoni, i testi e le immagini citate nella raccolta. Un vero must della narrativa sportiva, insomma.
Gino Cervi, Storie a cinque cerchi, Firenze, ed.it, 2012; pp. 127

lunedì 21 marzo 2022

IL GRANDE MONDO LAGGIÙ: BRADBURY RACCONTA…

Romanziere tra i più influenti della sua generazione, Ray Bradbury (1920-2012) all’inizio degli anni Cinquanta ha scritto in breve successione i suoi due indiscussi capolavori romanzeschi, Cronache marziane e Fahrenheit 451, con cui ha rinnovato il genere fantascientifico, ma nel corso di tutta la sua carriera si è dedicato alla stesura di racconti, puntualmente raccolti su varie antologie. Nell’ambito della narrativa breve il picco assoluto della produzione di Bradbury sono senza dubbio i trentaquattro racconti pubblicati nella raccolta Il grande mondo laggiù, uscita nel 1984 e che assortisce storie scritte dall’autore nell’arco temporale tra il 1944 e il 1980 (circa un terzo risalgono agli anni Quaranta e oltre due terzi agli anni Cinquanta). I racconti di questa straordinaria raccolta assortiscono generi diversi, con una decisa prevalenza per quelli che raccontano ricordi del passato, misteri inquietanti e indecifrabili o storie fantascientifiche, racconti sempre narrati sul filo di in un’insostenibile suspense, perché Bradbury sa come intrigare il lettore e tenerlo sulla corda fino all’ultima riga, prima di stupirlo con un finale mozzafiato. La raccolta prende avvio con La sera, che narra la strana notte di attesa di una possibile disgrazia dalla prospettiva di un ragazzino che vive l’ansia vissuta dalla madre per il ritardo (inspiegabile) del fratello maggiore nel rientro serale a casa, e si chiude con una storia davvero simbolica come La fine del principio, che ci mostra l’inizio dei viaggi spaziali dal punto di vista di due persone come tante che riflettono sul momento di svolta cui stanno per assistere (che cambierà per sempre il destino dell’umanità) prima di tornare ai propri impegni quotidiani. In mezzo tra i due estremi figurano molti racconti a pronta presa e un pugno di gemme assolute: come Il lago, che rievoca una tragedia lacustre che si chiude anni dopo in modo inquietante e simbolico, oppure Rumore di tuono, che narra un safari temporale e le imprevedibili conseguenze dell’effetto farfalla sul flusso temporale, o infine Tutta l’estate in un giorno, che ci farà scoprire il Sole dalla prospettiva di un gruppo di bambini nati su Venere, dove la pioggia costante s’interrompe soltanto una volta ogni sette anni. Il Leitmotiv della raccolta è sempre l’universo fantastico dell’autore, che si alterna tra presente e futuro per raccontarci il mondo emotivo dei suoi personaggi cercando di catturarne la ragnatela di valori: gli affetti, l’amicizia, la solidarietà, l’amore, non necessariamente in quest’ordine. Un’antologia davvero splendida e scritta da un autore davvero ispirato: vi catturerà dalla prima storia e vi incuriosirà fino all’ultima con racconti difficili da dimenticare, di quelli che consentono al lettore di lasciarsi trasportare altrove in poche pagine per ritornare a casa in tempo per cena…

Ray Bradbury, Il grande mondo laggiù, Milano, Mondadori, 2002; pp. 434

domenica 20 marzo 2022

VIAGGIO AL CENTRO DELLA TERRA

Precursore della narrativa di fantascienza, Jules Verne (1828-1905) è l’indiscusso nume tutelare del romanzo d’avventura per ragazzi grazie a titoli ben presto divenuti classici come Il giro del mondo in ottanta giorni, Ventimila leghe sotto i mari, Dalla Terra alla Luna e Viaggio al centro della Terra. L’ultimo romanzo in particolare, uscito nel 1864 e subito premiato da un vasto successo di pubblico anche a livello internazionale, s’iscrive al fortunato filone del mondo perduto, raccontando la missione di uno scienziato tedesco con due collaboratori alla ricerca di un itinerario sotterraneo per il centro della Terra. La storia prende avvio ad Amburgo dove il Prof. Otto Lidenbrock, docente universitario di mineralogia, esaminando un prezioso manoscritto islandese del XII secolo insieme al nipote Axel, tra le pagine del libro trova una pergamena su cui è stato tracciato un crittogramma in runico. Una volta tradotto il rompicapo, i due vi scoprono il nome di Arne Saknussemm, uno scienziato islandese del XVI secolo che ha lasciato nel testo le istruzioni per raggiungere il centro della Terra, impresa che lui stesso ha compiuto. Lidenbrock e nipote partono dunque alla volta dell’Islanda per ripetere la missione. Giunti nell’isola, dopo aver ingaggiato la guida Hans, i due protagonisti arrivano allo Sneffels, il vulcano da cui secondo il documento ritrovato partirebbe la via sotterranea al centro del pianeta. Neanche a dirlo, una volta penetrati nelle viscere del vulcano, le avventure e i pericoli per i tre iniziano a susseguirsi una dietro l’altra fino all’approdo a un mare sotterraneo: una volta superato l’ostacolo tra mille difficoltà i tre giungeranno a una costa caratterizzata da una flora e da una fauna molto particolare (e primigenia). Da qui si innescherà il complesso percorso di risalita alla superficie, che sarà compiuto in modalità pirotecniche altamente spettacolari e decisamente sorprendenti per quanto riguarda il punto d’uscita… Insomma, l’intreccio di Viaggio al centro della Terra non delude mai le aspettative e conduce il lettore in un accidentato percorso ricco di fatti imprevedibili e di forti emozioni. La storia è narrata in prima persona da Axel, il titubante nipote di buona volontà del dinamico Prof. Lidenbrock, agitatissimo motore della vicenda, ben compensato dalla guida islandese Hans, pacato e silenzioso ma efficacissimo a tirar fuori il trio da ogni difficoltà e ad assicurarne la sopravvivenza in condizioni progressivamente sempre più estreme. Certo, ogni tanto le pause riflessive della voce narrante e le varie digressioni mineralogiche rallentano il ritmo della storia, ma Verne ci conduce con maestria fino alla scoppiettante conclusione con l’impressione di aver assaporato un capolavoro del genere avventuroso. Un classico per lettori di ogni età.

Jules Verne, Viaggio al centro della Terra, Milano, Rizzoli, 1991; pp. 304

sabato 19 marzo 2022

FAHRENHEIT 451: IL FUTURO DISTOPICO È QUI

Ray Bradbury (1920-2012) è stato uno dei più grandi scrittori di fantascienza della sua generazione e uno dei più ispirati autori contemporanei della sua epoca, soprattutto grazie a due capolavori romanzeschi come Cronache marziane e Fahrenheit 451, ma anche per le tante raccolte di racconti, alcune davvero straordinarie (come Il grande mondo laggiù, tanto per dirne una). A differenza dal romanzo d’esordio, più ‘classico’ dal punto di vista tematico (trattando della colonizzazione del pianeta rosso), Fahrenheit 451 è quello che oggi, memori del successo delle saghe di Hunger Games e Divergent, definiremmo un romanzo distopico, dato che nella storia colpisce soprattutto l’ambientazione futura, in un domani in cui qualcosa è cambiato rispetto al presente – ovviamente dovremmo rapportarci al presente dell’autore, all’inizio degli anni Cinquanta del Novecento, ma il paragone tutto sommato regge abbastanza anche in rapporto al presente dei giorni nostri –. Siamo in un futuro prossimo e venturo in cui i pompieri appartengono alla cosiddetta “milizia del fioco” e, anziché spengere incendi, si occupano di appiccare roghi nelle case di coloro che possiedono libri, oggetti assolutamente proibiti dalla legge. Il protagonista, Guy Montag, è appunto un pompiere ed esercita la sua professione con zelo e convinzione, non riuscendo assolutamente a comprendere le ragioni dei cittadini che infrangono la legge decidendo consapevolmente di possedere dei libri. Le certezze esistenziali di Montag cominciano però a vacillare quando un’anziana signora decide di morire nel rogo della propria abitazione piuttosto che separarsi dai propri libri: in seguito il protagonista porta a casa dei volumi e comincia a leggerli, iniziando a dubitare della propria missione. Nel frattempo sua moglie – completamente assuefatta, come tanti cittadini del futuro, ai programmi televisivi che interagiscono addirittura con gli spettatori – si accorge dei comportamenti del marito e lo denuncia alle autorità, innescando una serie di eventi che faranno di Montag un fuggiasco assegnato come bersaglio a un letale segugio meccanico. Nel finale visionario che incombe sulla storia Montag è destinato a scoprire l’esistenza di un gruppo clandestino di umani che cercano di far sopravvivere i libri oltre il ricettacolo cartaceo con cui storicamente le storie si sono trasmesse nei secoli sia copiate a mano sia stampate. Fahrenheit 451 è un’appassionata apologia del libro come oggetto simbolicamente destinato a salvare il libero pensiero, che nella società futura è avversato per facilitare il controllo sociale, mentre il mezzo televisivo è diffuso ad libitum per favorire una tranquillizzante narcosi della coscienza. Senza dubbio nell’immaginario di Bradbury durante l’elaborazione del romanzo si fece sentire il ricordo angosciante dei roghi di libri perpetrati dal regime nazista negli anni Trenta, ma anche il clima di caccia alle streghe alimentato dal senatore McCarthy nei primi anni Cinquanta negli Stati Uniti durante la Guerra Fredda, con l’ossessione costante dei complotti comunisti e la minaccia incombente di un conflitto atomico (che aleggia anche sul finale del romanzo). Col titolo Fahrenheit 451, così evocativo e particolare, sembra che l’autore volesse indicare la temperatura di accensione della carta alla pressione di un’atmosfera, anche se nel libro l’unico riferimento diretto è la cifra 451 sull’elmetto di Montag. Fahrenheit 451 ebbe un’immediata e vasta fortuna, tanto che nel 1966 fu traslato sul grande schermo nell’omonimo film di François Truffaut. Insomma, un apocalittico canto d’amore sui libri e un romanzo assolutamente da leggere.

Ray Bradbury, Fahrenheit 451, Milano, Mondadori, 2018; pp. 207

mercoledì 16 marzo 2022

LA BOUTIQUE DEL MISTERO: IL BEST OF DEI RACCONTI DI BUZZATI

Questa raccolta uscì nel lontano 1968 e, a differenza delle precedenti pubblicate fino a quel momento da Dino Buzzati (1906-1972), non comprendeva inediti ma soltanto racconti già pubblicati in altre raccolte. Il grandissimo narratore originario di Belluno aveva selezionato e ordinato trentuno racconti “nella speranza di far conoscere il meglio”, per sua stessa ammissione, della sua sterminata produzione: in pratica si era proposto di creare una sorta di best of delle migliori storie del suo repertorio narrativo privilegiato, quello della narrativa breve, a cui Buzzati si è dedicato per tutta la vita. In particolare racconti selezionati sono stati tratti dalle raccolte I sette messaggeri, Paura alla Scala, Il crollo della Baliverna, In quel preciso momento, Sessanta racconti e Il colombre. In pratica si tratta dell’itinerario perfetto per addentrarsi nel misterioso e talvolta indecifrabile universo buzzatiano, con una serie strepitosa di storie altamente simboliche, inquietanti, di afflato fantastico e spesso altamente simboliche. E poi Buzzati sapeva come costruire la suspense di un racconto e conquistare il lettore dalle prime righe per poi incantarlo in progressione e fulminarlo con un finale di grande impatto, come succede ad esempio in un racconto (Il mantello) sullo strano ritorno a casa del figlio partito anni prima per la guerra e tornato per una breve visita alla famiglia con un angosciante mantello addosso che non vuole assolutamente togliersi. L’autore talvolta ci conquista con una storia inquietante e col non detto ma suggerito, come avviene ne I topi, oppure ci avvince con storie di grande impatto simbolico come I sette messaggi, che apre la raccolta, e Il colombre. D’obbligo segnalare infine il racconto forse più notevole dell’opera buzzatiana, una gemma del genere fantastico e dintorni intitolata La giacca stregata. Un’antologia semplicemente unica, insomma.

Dino Buzzati, La boutique del mistero, Milano, Mondadori, 2009; pp. 238

lunedì 14 marzo 2022

TUTTI I ROBOT DI ASIMOV

È una raccolta imprescindibile per tutti i veri appassionati di fantascienza e per chi ama il nume tutelare di questo genere in assoluto, ovvero il grande ed inimitabile Isaac Asimov (1920-1992), che in mezzo secolo di onorata carriera ha pubblicato un numero incredibile di romanzi, racconti e testi di divulgazione scientifica, senza considerare le numerose raccolte narrative fantascientifiche di colleghi da lui curate. Tutti i miei robot fu pubblicata nel 1982 ed assortisce complessivamente trentun racconti che Asimov scrisse tra il 1940 e il 1977: al suo interno figurano infatti tutte e sette le storie di Io, robot, il libro d’esordio che l’autore americano pubblicò nel 1950, più altre venti tratte da sei antologie diverse (addirittura otto da Il secondo libro dei robot) e quattro inedite. In ossequio al titolo ovviamente Tutti i miei robot è una raccolta tematica di racconti che vertono sul filone robotico della fantascienza, che proprio Asimov contribuì a creare inventando il termine robotica con le relative tre leggi. I racconti non sono proposti in ordine cronologico ma sono suddivisi in sette sezioni in base ad altrettante tipologie: robot non umani, robot immobili, robot di metallo, robot umanoidi, Powell e Donovan (due personaggi umani che hanno a che fare con robot), Susan Calvin (la robopsicologa asimoviana per eccellenza) e due apoteosi conclusive (tra cui il celebre racconto L’uomo bicentenario, che chiude la raccolta). Prescindendo da racconti ‘storici’ ed oggettivamente notevoli (come Robbie, Circolo vizioso e Il robot scomparso ovvero le gemme di Io, robot), corre l’obbligo di citare almeno il simpatico apripista del libro, ovvero Il fedele amico dell’uomo (che parla di un affettuoso cane robot in una base lunare) e una storia narrata da un’anomale prospettiva dal basso come Certezza di esperto, entrambi inediti, il catastrofico AL-76 e Lenny. È una corposa antologia come tante altre pubblicate da Asimov nella sua lunga carriera, ma la particolare struttura, l’introduzione d’autore e le sue brevi presentazioni alle varie sezioni la rendono una raccolta davvero da non perdere.

Isaac Asimov, Tutti i miei robot, Milano, Mondadori, 2007; pp. 560

domenica 13 marzo 2022

L’AMICO RITROVATO, UN LIBRO PER NON DIMENTICARE

A pensare di scoprire un cospicuo catalogo di libri di questo autore di origini tedesche naturalizzato britannico, si rischierebbe una delusione: l’opera più famosa di Fred Uhlman infatti è proprio L’amico ritrovato, che ha ispirato l’omonima pellicola di Jerry Schatzberg. Nato a Stoccarda nel 1901, Uhlman è morto a Londra ad ottantaquattro anni, ed è anche autore di un’autobiografia intitolata Storia di un uomo. Considerando che ha poco più di un’ottantina di pagine, L’amico ritrovato rientra nella tipologia del romanzo breve, anche se racconta una storia di quelle che si possono ritenere davvero di grande respiro. La vicenda narrata è ambientata per gran parte nel periodo che prelude al secondo conflitto mondiale, a Stoccarda per l’esattezza, ed è più che altro la storia di una splendida amicizia tra due ragazzi, la classica amicizia che si ricorda per una vita intera. I due s’incontrano sui banchi dell’esclusivo liceo che entrambi frequentano nella città tedesca ma la loro estrazione sociale è la più diversa che si possa immaginare: uno, Hans, è figlio di un medico ebreo, mentre l’altro, Konradin, proviene da una delle più antiche famiglie aristocratiche di tutta la Germania. In un decennio politicamente marcato come quello degli anni Trenta  a dividere i due ragazzi si aggiungono la storia, il Nazismo, il pregiudizio razziale. Il padre del ragazzo ebreo nel 1938 prende la drammatica decisione di staccarsi dal figlio per garantirgli un futuro in America. E la Shoah segna Hans per tutta la vita, indelebilmente, proprio come quella preziosa amicizia andata in frantumi insieme ai sogni della sua giovinezza, ma questo piccolo libro si rivela un’autentica bomba ad orologeria nel finale, quando la verità restituirà alle cose la giusta prospettiva. L’autore, originario di Stoccarda e transfuga dalla Germania negli anni Trenta, in Inghilterra divenne un affermato pittore e pubblicò L’amico ritrovato a settant’anni, azzeccando un’opera destinata a diventare un classico: Ulhman stesso d’altra parte disse che “si può sopravvivere con un solo libro”, come conferma decisamente L’amico ritrovato, di cui l’autore scrisse i due seguiti Un’anima non vile e Niente resurrezioni, per favore, che insieme hanno così composto la cosiddetta Trilogia del ritorno. Questo libro è una piccola gemma da leggere per non dimenticare che anche la pagina più buia della storia non è riuscita a spegnere la luce di una bella amicizia tra due ragazzi. Una splendida storia per tutte le età.

Fred Uhlman, L’amico ritrovato, Milano, Feltrinelli, 1991; pp. 93

OPEN: LA STORIA DI ANDRE AGASSI

Lui è Andre Agassi da Las Vegas, classe 1970, uno dei talenti più cristallini che abbiano mai giocato su un campo di tennis, uno sportivo ch...