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domenica 9 maggio 2021

STORIA DI IQBAL

Questo libro racconta la vera storia di Iqbal Masih, un ragazzo pakistano dodicenne che in tutto il mondo è diventato il simbolo della lotta contro lo sfruttamento del lavoro minorile. L’autore di Storia di Iqbal, Francesco D’Adamo, classe 1949, è ormai da tempo una firma importante della narrativa per ragazzi: la sua ovviamente è una versione romanzata della storia di questo coraggioso dodicenne, che forse è stato descritto, come ammette lo stesso autore nella prefazione, un po’ più bello e coraggioso di come magari fu nella realtà. D’Adamo invece ci confessa d’aver inventato di sana pianta il personaggio di Fatima, la compagna di prigionia di Iqbal che ci racconta la storia in prima persona, anche se sicuramente un’amica o un amico gli sono stati accanto e hanno condiviso la sua sorte. È appunto attraverso i ricordi di Fatima che l’autore ci porta nel laboratorio di tappeti di Hussain Khan, nella periferia di Lahore, dove scopriamo il dramma comune di tanti bambini ceduti ad un padrone in cambio di pochi dollari e poi ridotti in schiavitù, incatenati ad un telaio a tessere tappeti in ambienti malsani, caldi d’estate e freddi d’inverno, a lavorare ininterrottamente da mezz’ora prima dell’alba fino a sera in cambio di una forma di pane chapati da intingere in una grande ciotola comune piena di crema di lenticchie, per dormire poche ore su scomodi giacigli e quindi ricominciare da capo l’indomani, finché non avranno ripagato il debito delle proprie famiglie. Ma il debito di questi piccoli lavoratori sta scritto su delle lavagne da cui ogni giorno il padrone, se lo ritiene opportuno, cancella l’equivalente di una rupia: ma in realtà il debito non si estingue mai. Un giorno nella fabbrica di Hussain Khan approda Iqbal, rilevato da un altro padrone che ha deciso di disfarsene, nonostante la grandissima abilità del ragazzo ad intessere tappeti, per la sua propensione alla fuga ed il suo carattere particolarmente orgoglioso. Iqbal, come milioni di altri bambini nella sua situazione, è stato ceduto dai suoi genitori, contadini finiti in miseria, in cambio di appena 26 dollari. Non passa molto prima che Iqbal dimostri al suo nuovo padrone di che tempra è fatto, squarciandogli un tappeto di gran pregio – che lui stesso aveva intessuto, l’unico tra i piccoli lavoranti della fabbrica ad esserne capace – davanti agli occhi: è così che il giovane protagonista finirà nel luogo più temuto dai suoi compagni di schiavitù, la Tomba, una prigione ricavata in una cisterna buia e malsana. Nonostante le difficoltà, Iqbal riuscirà a fuggire ed avrà il coraggio di denunciare il proprio padrone che, dopo essersi salvato una prima volta corrompendo i poliziotti, finirà poi in carcere. Riacquistata la libertà, Iqbal continuerà ad impegnarsi attivamente in un’associazione contro lo sfruttamento del lavoro minorile, diventando un simbolo e contribuendo alla liberazione di centinaia di piccoli schiavi, prima di morire assassinato per mano di sicari della cosiddetta “mafia dei tappeti” il 16 aprile 1995. Una gran bella storia, insomma: in questo romanzo di denuncia, triste e realistico al tempo stesso, D’Adamo ci ricorda il valore della libertà e il diritto dei bambini a crescere in armonia, a giocare ed a sognare. L’edizione 2015 dell’Einaudi, celebrativa del venticinquennale della morte di Iqbal, è introdotta da una bella prefazione del giornalista Gad Lerner, che riflette sull’importanza della figura dello sfortunato giovane attivista pakistano e su quello che ha rappresentato per i bambini che lavorano che, dati UNICEF alla mano, nel mondo ammontano a ben 168 milioni, più del 10% della popolazione infantile del pianeta.

Francesco D’Adamo, Storia di Iqbal, Torino, Einaudi, 2021; pp. 141

martedì 4 maggio 2021

SETTE MINUTI DOPO LA MEZZANOTTE

Che struggente meraviglia è Sette minuti dopo la mezzanotte! In effetti sembra poco professionale iniziare con un’esclamazione la recensione di un libro, però, a guardar bene, sembra ammissibile considerando che si tratta di un romanzo splendido e lancinante scritto dal talentuoso Patrick Ness su un soggetto elaborato dalla compianta Siobhan Dowd, uccisa dal cancro prima di poter tratteggiarne compiutamente la storia, che poi è stata illustrata con i disegni di Jim Kay, incisivi, chiaroscurali, inquietanti e talvolta perfino terrificanti. Il romanzo racconta un’ordinaria tragedia come tante di quelle che capitano ai giorni nostri: c’è un ragazzino che si chiama Conor O’Malley e vive solo con la madre, perché il padre ha divorziato e si è fatto una nuova famiglia in America. A parte la situazione familiare non felicissima (ma comunque ormai tristemente diffusa nella società di oggi), Conor soffre perché la madre da qualche tempo è oppressa da una tremenda malattia che, almeno stando ai sintomi, sembra a tutti gli effetti un tumore, purtroppo di quelli incurabili. Conor vive malissimo questa situazione difficile, non a caso tutte le notti, stranamente alla stessa ora, alle 12.07, sette minuti dopo mezzanotte, è solito risvegliarsi a causa di un terribile incubo che non riesce nemmeno a raccontare a se stesso, tanto è orripilante e indicibile. Poi una notte arriva lui a bussare (letteralmente) alla casa del ragazzo: un mostro, una sorta di gigantesco tasso millenario che si è alzato e ha iniziato a camminare verso Conor. Questo mostro enorme ed oscuro pare proprio un antico albero di tasso, un agglomerato di foglie e rami intrecciati in infiniti nodi, e afferma di avere tre storie da raccontare a Conor, è proprio per lui che si è alzato e ha iniziato a camminare come poche altre volte nel passato è accaduto. Questo orribile, enorme tasso racconterà al ragazzo le sue tre storie, poi sarà Conor a raccontargli la quarta, la sua storia: e sarà la verità. Da siffatto antefatto, inquietante e intrigante al tempo stesso, Sette minuti dopo la mezzanotte continua tra voli narrativi inauditi e metafore indecifrabili per arrivare esattamente (necessariamente) dove sentivamo che ci avrebbe portato insieme al giovane protagonista, al culmine liberatorio del suo dolore inenarrabile. Prima però Patrick Ness riuscirà a farci entrare nei suoi panni, invisibili a quasi tutto il resto del mondo, che non sa come ci si sente e quindi pietosamente pare guardare da un’altra parte. Un devastante romanzo di formazione che racconta in modalità struggenti e fantastiche la scoperta del dolore e l’ineluttabilità del male da parte di un adolescente: uno straordinario ed inquietante viaggio nell’intimità di un ragazzo sperduto, ancor più impressionante grazie agli strepitosi disegni di Jim Kay. C’è davvero magia in queste pagine, e chi è passato attraverso un dolore in famiglia avrà l’impressione che l’autore sappia esattamente di cosa sta parlando. Imperdibile. 

Patrick Ness, Sette minuti dopo la mezzanotte, Milano, Mondadori, 2012; pp. 229

sabato 26 dicembre 2020

VIOLA NELLA RETE (DEL CYBERBULLISMO)

L'autrice di Viola nella rete si chiama Elisabetta Belotti e, oltre che una scrittrice, è una docente di Lettere che insegna da anni nella scuola secondaria di primo grado, quindi conosce a menadito l'ambientazione del suo romanzo e uno degli ingredienti principali del medesimo, dato che si occupa da tempo di social in relazione agli adolescenti e di cyberbullismo. La storia è narrata in una modalità autobiografica mista, diciamo, in quanto corrisponde alle pagine di diario di due dei protagonisti, Leo e Viola, e ai post di Instagram del terzo personaggio principale, Chiara: gli spunti dei tre ragazzi si alterneranno dandoci l'idea dell'intrecciata vicenda scolastica ordita dall'autrice a nostro uso e consumo. Siamo in una seconda media dei giorni nostri, con le classiche dinamiche relazionali che ci si potrebbe aspettare, nel bene e nel male: Leo è il classico studente potenzialmente brillante ma svogliato che è stato bocciato per farlo maturare ma non sembra aver imparato granché dall'infortunio scolastico; Viola è la new entry della classe, dove tutti gli altri sembrano lontani anni luce da lei, lettrice incallita dal look alternativo e dal carattere ribelle ed anticonvenzionale; Chiara è invece la queen della classe, sempre vestita all'ultimo grido e con un seguito di ancelle adoranti (e tutti i maschi cotti di lei, compreso il buon Leo). Nella perfetta vita di Chiara, che aspira a far suo Federico, lo Strafigo di terza che le piace da morire, l'arrivo di Viola rappresenta uno spiacevole contrattempo e quindi la ragazza passa al contrattacco creando su Facebook un profilo falso della rivale per screditarla in classe e indurla a lasciare la scuola, sempre che Leo, che ha iniziato a collaborare con Viola per un progetto scolastico, non trovi un modo per risolvere l'intricata faccenda, magari evitando di farsi espellere dalla Gazzaniga, la prof di Lettere che dal primo giorno di scuola gli sta sempre col fiato sul collo. Con Viola nella rete la Belotti ha scritto un romanzo breve che affronta in modalità realistiche e intriganti tematiche difficili come il bullismo e il cyberbullismo, riuscendo a catturare in modo incisivo lo slang degli adolescenti dei nostri giorni. La storia prende subito e ricorda altri romanzi per ragazzi dotati di prospettiva multipla come Ciao, tu e Mi ricci. Davvero niente male, insomma, e tra le righe affiora anche un approccio variegato e non banale alla scrittura da parte dei tre protagonisti, che sono diversissimi ma che sono sempre spinti dalla loro prof a raccontarsi anche per imparare ad orientarsi nella giungla social in cui, da bravi nativi digitali, vivono da sempre. 

Elisabetta Belotti, Viola nella rete, Torino, Einaudi, 2020; pp. 122

venerdì 18 dicembre 2020

THEODORE BOONE INDAGA...

Nome: Theodore Boone. Età: 13 anni. Professione: studente e consulente legale part time. Figlio d'arte, Theodore Boone (Theo per gli amici) è un ragazzo con idee ben precise sul suo futuro prossimo e venturo: ripercorrere le orme paterne (e anche quelle materne) e diventare un avvocato. Nel frattempo, dato che ancora frequenta le medie, si tiene in esercizio fornendo gratuitamente consulenze legali ai suoi compagni di scuola ed è solito frequentare per diletto il tribunale di Strattenburg, la ridente cittadina dove abita da sempre. Il giovane protagonista usa spostarsi sulla sua inseparabile bicicletta ed è anche un piccolo hacker, abilità molto utile quando ha bisogno di inserirsi in database protetti. Le sue qualità lo rendono ovviamente popolare nella cerchia dei suoi coetanei, soprattutto tra quelli che hanno bisogno delle sue dritte per orientarsi nei divorzi dei genitori, per sopravvivere agli abusi dei compagni o, molto semplicemente, per recuperare l'amato cane finito nei meandri del canile municipale. Con simili interessi personali sembra più che logico che il buon Theo non si lasci sfuggire l'occasione di indagare sul campo quando si accorge che la giustizia sta commettendo un fatale errore nel processo dell'anno, che vede accusato dell'omicidio della moglie un ricco giocatore di golf, Peter Duffy. Il caso sembrerebbe avviato verso un'assoluzione per mancanza di prove ma, manco a dirlo, al nostro giovane avvocato dilettante capiterà tra le mani il classico testimone a sorpresa, che potrebbe anche inchiodare il colpevole (se non fosse che ha qualche problema a presentarsi in tribunale). La giustizia trionferà? Potremo scoprirlo in questo legal thriller per ragazzi firmato dallo stesso scrittore che ha inventato il genere oltre vent'anni fa, ovvero John Grisham, il fortunato autore di bestseller del calibro di Il momento di uccidere, Il socio, Il rapporto Pelican, Il cliente, L'uomo della pioggia e La giuria, tutti puntualmente finiti anche sul grande schermo. La prima indagine di Theodore Boone è un avvincente romanzo per ragazzi che intriga anche per la prospettiva dal basso con cui gli argomenti legali vengono di volta in volta presentati da questa curiosa (ma riuscita) figura di avvocato in erba. Ne vien fuori un atipico romanzo (peraltro seriale) per ragazzi che rischia di piacere forse più ai lettori adulti di Grisham che agli adolescenti dai dodici anni in su ai quali è rivolto. Si può provare. 

John Grisham, La prima indagine di Theodore Boone, Milano, Mondadori, 2011; pp. 238


sabato 21 novembre 2020

SKELLIG, UN “ANGELO” CHE NON TI ASPETTI

Si tratta del tardivo romanzo d’esordio dello scrittore inglese David Almond, classe 1951, un libro pubblicato nel 1998 e divenuto a sorpresa un bestseller della narrativa per ragazzi, premiato con un nugolo di riconoscimenti internazionali. A conferma del grande successo riscosso da Skellig basti pensare che da questo romanzo è stato tratto un adattamento teatrale, un’opera lirica e un film per la TV interpretato da Tim Roth. La storia in sé è semplice e quotidiana, ma davvero molto suggestiva: ne è protagonista un ragazzino, Michael, che sta vivendo un momento decisamente problematico della sua giovane vita. La sua famiglia si è trasferita in una casa prima appartenente a un vecchio e necessita di una ristrutturazione totale, e di recente è arrivata una sorellina nata prematuramente, sospesa tra la vita e la morte, e dunque costretta a lunghe degenze ospedaliere. In tale contesto Michael si ritrova nel cadente garage della sua nuova casa e vi scopre, tra la polvere e gli insetti morti, una strana creatura rispondente al nome di Skellig: è scontroso, sembra una via di mezzo tra un uomo e un uccello, ha bisogno di aspirine per combattere l’artrite che lo opprime, chiede di continuo cibo cinese e birra scura, che lui definisce il nettare degli dei. La sua figura inquietante e misteriosa catturerà ben presto l’attenzione di Michael, ma resterà sempre evanescente, enigmatica, sfumata. L’indecifrabile natura di Skellig sarà confermata e puntualizzata come angelica anche da Mina, la figlia della vicina della porta accanto, una ragazzina molto particolare con cui Michael stringerà subito un singolare rapporto d’amicizia, anche se il ragazzo è spesso spiazzato dal fatto che Mina non va a scuola ma è seguita direttamente dalla madre, che le propone un’educazione poco scolastica e molto alternativa, dove spiccano le poesie di William Blake, inquietanti e misteriose, come da copione. Skellig cattura l'attenzione del lettore fin dalle prime pagine attraverso la prospettiva dal basso del piccolo protagonista, che in un momento davvero particolare e difficile della sua vita finisce per ritrovarsi in una situazione indecifrabile e misteriosa, di quelle che ti cambiano la vita, insomma... e noi lettori non potremo che restare con lui per vedere come va a finire. Una gran bella storia, insomma, stranissimo e al contempo intrigante. 

David Almond, Skellig, Milano, Salani, 2009; pp. 151


venerdì 20 novembre 2020

L'INVENTORE DI SOGNI, UN CLASSICO PER RAGAZZI

Questo libro di Ian McEwan, già autore dei romanzi Bambini nel tempo e Lettera a Berlino, è una raccolta di otto avventure che vedono come protagonista Peter Fortune, un ragazzo di undici anni che ha come principale caratteristica l'inquietante capacità di sognare ad occhi aperti. In ognuna delle otto storie infatti Peter vive un’avventura che è incentrata su un sogno, anche se il sogno in questione prende talvolta forme diverse, dalla fantasia all’incubo fino alla riflessione immaginaria – e nei vari casi l’autore è sempre molto attento ad innescare il sogno senza colpo ferire, quasi come fosse una versione incredibile della realtà –. L’inventore di sogni è un perfetto esempio di narrativa per ragazzi che si propone di mostrarci il mondo dalla prospettiva di un adolescente che, come tutti i suoi coetanei, vive un momento di passaggio che lo proietterà in un futuro prossimo nel mondo degli adulti, talvolta ritratto come repellente, altre come incredibilmente attraente; non è un caso se la stessa citazione d’apertura è tratta dalle Metamorfosi ovidiane e suona più o meno così: «L’estro mi spinge a narrare di forme mutate in corpi nuovi». Ma veniamo alla storia, anzi alle storie: il protagonista impariamo a conoscerlo nel racconto d’apertura, dove scopriremo Peter Fortune e la sua particolare inclinazione per il sogno ad occhi aperti, un vizio che gli farà perdere la sorellina Kate nel tratto d’autobus da casa a scuola, costandogli una settimana di paghetta per evitare spiacevoli divulgazioni domestiche riguardo all’imbarazzante episodio, comunque significativo perché in esso si nasconde il talento di Peter per l’invenzione narrativa. Nel successivo racconto insieme a Peter assistiamo al topico momento di passaggio in cui il nostro piccolo eroe si guadagna una stanza da letto tutta per lui lasciando alla sorellina Kate quella finora condivisa da entrambi ed affollata da una sessantina di bambole: tra queste la più inquietante è la cosiddetta Cattiva, che pretenderà minacciosamente la nuova sistemazione di Peter per sé e per tutte le sue sorelle. Nel terzo racconto il buon Peter, come ogni gelida mattina d’inverno, si sveglia per andare a scuola e guarda con invidia William, il vecchio gatto domestico che invece se ne resta a casa a scaldarsi sul radiatore: scoprirà che la vita di un anziano felino è più avventurosa di quanto un ragazzo potrebbe aspettarsi… Esilarante anche lo spunto di partenza del quarto racconto, quando nel classico cassetto disordinato di cucina, dove si può trovare davvero di tutto, Peter scopre uno strano vasetto che contiene la miracolosa Pomata Svanilina, con cui cercherà di mettere ordine nella sua caotica famiglia (o, meglio, di far scomparire il disordine). Notevole anche la storia seguente, che narra un caso di ordinario bullismo: Barry Tamerlane è un ragazzo che ottiene sempre quello che vuole, soprattutto usando la forza e le minacce, tra le mura domestiche però sembra davvero un ragazzo normalissimo; Peter Fortune si accorgerà dell’incongruenza e lo rimetterà al suo posto, per poi stringervi amicizia subito dopo. E che dire della sesta storia, quando l’intera strada della famiglia Fortune è oppressa dalla minaccia di furto da parte del ladro che Peter ha denominato Sam Saponetta? Toccherà a lui, ovviamente, catturarlo e scoprirne la vera identità. Se tutto il libro è raccontato dalla prospettiva dal basso di un adolescente, nel penultimo racconto il protagonista, che non sopporta Kenneth, il bambino al quale i Fortune stanno dando ospitalità, si ritroverà a passare un’incredibile giornata da poppante, senza parole, con l'unica possibilità del pianto per richiamare l'attenzione dei grandi. Nell’ottavo ed ultimo racconto Peter invece avrà modo di vivere un giorno attraverso gli occhi di se stesso con dieci anni in più sulle spalle ed un’avvenente donzella da accompagnare in una romantica passeggiata nella natura. Una lettura deliziosa per adulti e per adolescenti, esilarante a tratti ma ricca di intelligenti spunti di riflessione per entrambe le categorie. A volte i voli fantastici di Peter Fortune potranno sconcertare i lettori, ma il consiglio è di lasciarsi intrigare dalla prima storia e perdersi ad occhi aperti nelle successive insieme allo stralunato ma irresistibile protagonista.

Ian McEwan, L’inventore di sogni, Torino, Einaudi, 1999; pp. 159

mercoledì 18 novembre 2020

LO STRANO CASO DEL CANE UCCISO A MEZZANOTTE

Si tratta del libro che ha reso noto a livello internazionale lo scrittore britannico Mark Haddon, classe 1963, poeta, romanziere e già autore di Boom!, un esempio di narrativa per ragazzi tornato in auge proprio dopo il successo de Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte. Già a partire dal titolo pare evidente che debba trattarsi di un giallo, e in effetti è così, anche se in effetti di un giallo piuttosto particolare, in primo luogo perché la storia è narrata dalla prospettiva del quindicenne protagonista, Christopher Boone, che ha la sindrome di Asperger, una forma di autismo che prende nome dallo psichiatra austriaco che la individuò nel gruppo dei ragazzi che aveva in cura e che consiste, sostanzialmente, nell'incapacità di comprendere gli stati d'animo delle persone dalle espressioni delle loro facce, oltre all'impossibilità di interpretare il linguaggio metaforico ma di comprenderne solo il significato letterale. Christopher inoltre non sopporta di essere toccato e non sorride mai, ma a compensazione di queste lacune "relazionali", è un piccolo genio della matematica ed è dotato di un incredibile spirito di osservazione. Detto questo, che già rende il romanzo di Haddon davvero unico, la seconda particolarità del libro è che Christopher, che ha obiettivamente qualche difficoltà a rapportarsi col prossimo, si troverà davanti un mistero da risolvere proprio a due passi da casa sua (un cane ucciso in modalità piuttosto raccapriccianti) e, essendo un appassionato lettore dei casi di Sherlock Holmes, deciderà di risolverlo in prima persona. Ovviamente l'indagine lo costringerà ad andare oltre i propri limiti per trovare una soluzione allo strano caso del cane Wellington, ma progressivamente l'inchiesta finirà per allargarsi fino a comprendere anche un mistero che riguarda proprio Christopher ed ha a che fare con la sua situazione familiare. La storia cattura fin dalla prima pagina per l'intrigante prospettiva con cui Haddon ha scelto di raccontarcela: dai pensieri dell'irresistibile protagonista si sviluppa infatti un godibile romanzo di formazione che consentirà a lettori giovani e maturi di sviscerare con delicatezza una tematica difficile come il disagio psichico. Un gran bel libro, insomma, all'occasione intenso e commovente, ma anche divertente e istruttivo. Da non perdere. 

Mark Haddon, Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, Torino, Einaudi, 2003; pp. 247 


venerdì 23 ottobre 2020

MÉTO. LA CASA: UNA SAGA DISTOPICA DA NON PERDERE

Prima parte della trilogia Méto dell'autore fracese Yves Grevet, La Casa (con la "c" maiuscola) è l'episodio iniziale di una saga distopica per ragazzi, un serrato romanzo d'avventura e al tempo stesso un intrigante esempio di letteratura carceraria. L'ambientazione è particolarissima e la scopriamo attraverso una narrazione in prima persona che offre al lettore l'impressione di scoprire la realtà circostante attraverso le impressioni in tempo reale del protagonista, Méto, appunto. Siamo in un'isola deserta (anche se non lo capiremo subito), all'interno di una grande casa in cui sessantaquattro ragazzi di varie età vivono isolati dal resto del mondo: sono suddivisi in gruppi caratterizzati da divise di colori diversi e sono sottomessi a rigidissimi sorveglianti che chiamano Cesari, implacabili nel punirli per la loro inosservanza alle regole, come pure per le domande non autorizzate (praticamente tutte). Per chi sgarra la punizione più temuta è di essere rinchiusi nel frigo, la cella frigorifera dove finiscono per essere chiusi a chiave, rigorosamente da soli, i ragazzi che non rispettano le regole. Tutti i giovani inquilini della Casa si fanno le stesse domande (destinate a non aver risposta): dove sono? Che facevano prima di finire lì? E, in particolare, dove diavolo andranno a finire quando saranno diventati troppo grandi? Questo è il dubbio principale di Méto, che è un Rosso (ovvero uno dei più grandi) e quindi è particolarmente ossessionato dal futuro che lo aspetto, anche se non può parlarne con nessuno, perché ignora le potenziali spie che potrebbero esserci nella cerchia dei compagni e che potrebbero far rapporto ai Cesari sul suo conto, facendolo così finire nel frigo. L'ambientazione, intrigante e inquietante al tempo stesso, è questa: siamo immersi nei pensieri del protagonista e insieme a lui scopriremo a piccoli passi una serie di indecifrabili indizi che chiariranno il quadro - come la misteriosa medicina che tutti i ragazzi assumono quotidianamente tramite iniezione, una sorta di sedativo per la memoria, oppure la strana coincidenza che nessuno ricordi la sua vita precedente all'arrivo nella Casa - e ci condurranno all'unico sviluppo possibile della vicenda, una rivolta dopo la quale nulla potrà più essere come prima. Nel complesso ne vien fuori una gran bella storia, dove la suspense si affetta letteralmente col coltello mettendo il lettore nell'impellenza di procedere a grandi falcate lungo gli sviluppi romanzeschi che lo attendono. Méto. La Casa convince anche per l'implicita simbologia del trapasso dall'adolescenza alla maturità che il romanzo nasconde in tralice. Una lettura imperdibile, insomma: se farete due passi nei primi capitoli della Casa, di sicuro vi troverete intrappolati nella saga fino all'ultima pagina.

Yves Grevet, Méto. La Casa, Casal Monferrato, Sonda, 2012; pp. 162


lunedì 19 ottobre 2020

VIETATO LEGGERE LEWIS CARROLL

Nonostante il titolo sembri un curioso divieto letterario, Vietato leggere Lewis Carroll è un ispirato esempio di romanzo illustrato che è diventato un piccolo caso letterario in Spagna ed ha ricevuto il generale apprezzamento della critica, nonché svariati premi relativi alla narrativa per ragazzi. Ne sono autori lo scrittore Diego Arboleda, nato a Stoccolma e laureatosi a Madrid, dove ha fatto il libraio prima di sfondare come autore, e  il disegnatore Raùl Sagospe, esperto di marketing col pallino dell'arte, già illustratore per vari editori iberici. La storia, che prende avvio con una intrigante disposizione sui battiti di ciglia, è ambientata nel lontano 1932 e prende avvio con una doppia carrellata dei personaggi ammessi in questo libro e di quelli non ammessi. La protagonista dell'assortito cast risponde al nome di Eugène Chignon, una giovane istitutrice francese specializzata in disastri, tanto che i suoi ex clienti (che le vogliono bene nonostante i danni che lei ha prodotto nelle loro case) sono felici quando trovano un'offerta di lavoro che pare fatta apposta per lei (oltre che per loro stessi, dato che la ragazza sarà costretta a lasciare la Francia... e i loro soprammobili). Si tratta in effetti di una proposta presentata in termini abbastanza curiosi: "Prestigiosa coppia di Manhattan, New York, cerca con urgenza una istitutrice francese per la sua unica figlia. Sono richieste buone referenze, ovviamente una buona educazione e, importante e indispensabile, la capacità di mentire (sia in inglese che in francese)". L'offerta è strana ma ancor più curiosa è la lettera in cui la famiglia, esaminate le referenze di Mademoiselle Chignon, le assegna l'incarico allegando un biglietto per la nave (linea transatlantica Southampton-New York) e precisando il particolare problema della figlia della famiglia, che si chiama Alice e ha una vera fissazione per il celebre personaggio di Alice nel paese delle meraviglie e di Attraverso lo specchio (personaggio di cui pare la copia vivente): la giovane istitutrice non dovrà darle corda in alcun modo riguardo ai due libri di Lewis Carroll o sarà automaticamente licenziata. Aggiungiamo alla storia, che sarebbe già intrigante così, il fatto che a bordo del transatlantico che la porta a New York la nostra eroina "disastratrice" conoscerà tra gli altri un simpatico belga di nome Baptiste Travagant (che si porta dietro un enorme uovo di un uccello africano ormai estinto) e un distinto editore di nome Peter Davies (che da bambino ispirò a Barrie il personaggio di Peter Pan). Mademoiselle Chignon si ritroverà assunta dai signori Welrush, una coppia abbastanza eccentrica cui si aggiunge Timothy Stilt, l'ancor più stravagante fratello della signora Welrush. Aggiungiamo alla storia anche l'imminente arrivo a New York della signora Alice Liddell, la simpatica ottantenne che da bambina ispirò a Lewis Carrol il personaggio di Alice (un imminente arrivo ovviamente da nascondere alla figlia dei signori Welrush). Ce n'è quanto basta per realizzare un romanzo dotato di un grande umorismo, che procede a ritmo sempre pimpante e ravvivato da qualche scena davvero esilarante. Il bello è che pur trattandosi di un libro letteralmente traboccante di riferimenti letterari, risulta divertentissimo da leggere sia per lettori maturi che per quelli di età più verdi, che magari potrebbero cogliere l'occasione per scoprire Lewis Carroll e (perché no?) appassionarsi all'opera di uno degli scrittori inglesi più interessanti di fine Ottocento.

Diego Arboleda - Raùl Sagospe, Vietato leggere Lewis Carroll, Roma, Lapis Edizioni, 2015; pp. 205


mercoledì 14 ottobre 2020

CUORI DI CARTA: AVVENTURA AD ALTA ENERGIA EPISTOLARE

Chi non sognerebbe un'emozionante corrispondenza epistolare con un coetaneo di sesso opposto di cui alla lunga innamorarsi perdutamente, magari innescata grazie alla comune passione per la letteratura di marca avventurosa? Alla questione risponde con un pizzico di magia Cuori di carta della scrittrice milanese Elisa Puricelli Guerra, che si confessa apertamente lettrice compulsiva di ogni romanzo di genere e sorta e non a caso, essendo anche un'apprezzata editor, passa gran parte della sua vita a leggere. In effetti le somigliano abbastanza i protagonisti del suo romanzo, che a volerne precisare la tipologia, potremmo a buon diritto definire romanzo epistolare per ragazzi con divagazioni sentimentali e avventurose, anche se non è tutto, come spiegheremo tra breve. Prima corre l'obbligo di precisare che i due adolescenti protagonisti impareranno a conoscersi senza mai vedersi di persona né usando mezzi informatici o telematici di qualsivoglia genere. I due, che ben presto stabiliranno di chiamarsi con i nomi fittizi di Una e Dan, inizieranno a scambiarsi messaggi in biblioteca (ad ore alterne, per non vedersi) utilizzando un libro come tramite, Puck il folletto, un mezzo assolutamente casuale peraltro, dato che il primo messaggio è metaforicamente il classico messaggio nella bottiglia lasciato da una ragazza in cerca di un destinatario tra i suoi compagni di scuola - ma sarà davvero una scuola, poi? Perché qua e là affiorano indizi piuttosto strani in merito -. All'inizio i due protagonisti ignorano perfino i rispettivi generi, ma ben presto diventano inseparabili amici di penna e cominciano a fantasticare: Dan in particolare vorrebbe conoscere Una in carne e ossa, anche se lei afferma di non essere ancora pronta ad incontrarlo. La nuova amicizia in corrispondenza è assai intrigante anche perché entrambi i ragazzi in teoria potrebbero vedersi, senza saperlo, per i corridoi del loro istituto scolastico. Ma Cuori di carta nasconde ben altro e molto presto le cose cominceranno a complicarsi quando compaiono tra le righe dei due corrispondenti alcuni riferimenti all'istituto che i due frequentano in mezzo a tanti altri compagni: sembra che i loro veri nomi gli studenti non li usino neanche più, e pare che tutti prendano una non meglio specificata medicina che, capitolo dopo capitolo, scopriremo che serve sostanzialmente a... dimenticare e voltare pagina. Un po' come stiamo facendo noi lettori perdendoci in questa storia, chissà... Il romanzo si complicherà con la presenza dell'unica amica del cuore di Una, Jolanda, e dei due inseparabili compagni d'avventura di Dan, Porthos e Aramis. E acquisterà sempre maggior definizione anche lo scenario del misterioso istituto sperduto in una foresta nella morsa di un rigido inverno, con la sua struttura a spirale e tanti inquietanti interrogativi da svelare in un'altalena di colpi di scena. Il tutto restando sempre nell'alveo di una serrata sequenza di messaggi, un tambureggiante botta e risposta che sembra costruito ad arte per rivelarci la storia centellinandone gli sviluppi in un crescendo di suspense. Assolutamente da provare: se avete minimamente apprezzato il gioco epistolare di Ciao, tu, il romanzo di Elisa Puricelli Guerra vi trasporterà senza colpo ferire in una realtà spazio- temporale tutta da scoprire fino all'ultima... lettera.

Elisa Puricelli Guerra, Cuori di carta, Torino, Einaudi, 2012; pp. 212

OPEN: LA STORIA DI ANDRE AGASSI

Lui è Andre Agassi da Las Vegas, classe 1970, uno dei talenti più cristallini che abbiano mai giocato su un campo di tennis, uno sportivo ch...