lunedì 19 ottobre 2020

ERRORI GALATTICI: QUANDO LA SCIENZA... SBAGLIA

L'autore di Errori galattici si chiama Luca Perri, dottorando all'Università dell'Insubria e all'Osservatorio di Brera e da un decennio abbondante anche apprezzato divulgatore scientifico su vari organi d'informazione. In realtà questo libro, più che spiegare le più importanti scoperte scientifiche dei principali scienziati della storia, approfondisce (e spesso diverte) raccontando le cantonate più memorabili che gli studiosi della scienza hanno involontariamente preso (e frequentemente difeso con parecchia convinzione) nel corso dei loro studi, talvolta anche per molti anni. Secondo Luca Perri spesso il cammino della scienza è stato caratterizzato da moltissimi errori, che però in certi casi hanno in qualche modo favorito scoperte sensazionali che sono arrivate in seguito proprio a quegli errori, sempre molto divertenti da scoprire. E il bello è che comunque, sfogliando una pagina dopo l'altra, il giovane lettore avrà modo senza colpo ferire di scoprire davvero un gran numero di curiosità scientifiche, moltissime battute e varie curiosità su scienziati del calibro dell'astronomo Giovanni Virginio Schiaparelli, smanettoni ante litteram come Guglielmo Marconi, per non parlare del genio più celebre di tutti, l'immenso Albert Einstein con la sua linguaccia ribelle ed il suo caratterino talora intrattabile. Nel complesso Errori galattici si rivela una piacevole lettura, adatta ai lettori onnivori ma anche a chi di scienza ne capisce il giusto ma è animato dalla giusta curiosità nei confronti dei misteri del nostro mondo e... dell'universo. Corredano il volume gli effervescenti disegni di Tuono Pettinato, nome d'arte di Andrea Paggiaro, fumettista non nuovo alla trattazione (figurata) di argomenti scientifici. Da provare.

Luca Perri, Errori galattici, Milano, De Agostini, 2018; pp. 192


IL CIMITERO SENZA LAPIDI E ALTRE STORIE NERE

Uno dei motivi per cui leggere questa deliziosa antologia di racconti del grande Neil Gaiman è senz'altro l'introduzione, dove l'autore ci ricorda che il valore aggiunto di qualunque raccolta di racconti consiste proprio nel fatto che attraverso poche pagine regalano "viaggi fino all’estremo opposto dell’universo [...] con la certezza di essere di ritorno per l’ora di cena”. Il libro in effetti offre la possibilità di alternarsi tra dieci racconti (più una stranissima poesia finale) alternati tra i generi della fantascienza, dell'horror e del fantasy. Si comincia con il racconto che dà il titolo alla raccolta, un'intrigante avventura di Nobody Owens (che diventerà il protagonista de Il figlio del cimitero), il ragazzo che vive in un cimitero in contatto con le anime di chi vi riposa, compresa una giovane strega giustiziata qualche secolo prima ma sempre vivacissima anche in versione ectoplasmica. Nel successivo, Il ponte del troll, si gioca su uno spunto fantasy di un vorace troll che mangia le vite di chi ha la sfortuna di incontrarlo: il giovane malcapitato proverà a convincerlo che sarebbe meglio aspettare il tempo adatto per divorarlo, ma la scusa non può reggere per sempre. Da citare anche Cavalleria, una bella rivisitazione del mito cavalleresco per eccellenza, il santo Graal, finito sulla mensola di un'anziana signora dei giorni nostri. C'è anche un raccontino brevissimo e tremendamente intrigante come Non chiedetelo a Jack, dove scopriremo un inquietante giocattolo che sa aspettare le sue vittime per molto, davvero molto tempo. Da segnalare anche due storie di fantascienza: una aneddotica, Come vendere il ponte di Ponti, e l'altra, davvero strana, Come parlare con le ragazze alle feste, che parla di una sorta di iniziazione sessuale destinata a culminare nell'incontro con esponenti femminili di razza... aliena. Prima di chiudere i battenti Gaiman ci stupisce con una sorta di poesia sull'arte narrativa, Istruzioni. Un'antologia di racconti dove perdersi e sorprendersi a più riprese: come spesso capita nei libri dell'autore di Coraline e Stardust, appena finito il primo racconto, il lettore non potrà che assaporarli tutti uno ad uno. 

Neil Gaiman, Il cimitero senza lapidi e altre storie nere, Milano, Mondadori, 2007; pp. 220 


IO NON HO PAURA, UN CLASSICO PER L'ADOLESCENZA

Romano, classe 1966, Niccolò Ammaniti è stato uno dei migliori esponenti della cosiddetta gioventù cannibale che qualche anno fa ha tentato di dare una sana scossa tellurica alla narrativa italiana. Già autore dei romanzi Branchie (1994) e Ti prendo e ti porto via (1999), e della raccolta Fango (1996), Ammaniti con il suo terzo romanzo Io non ho paura ha forse trovato la sua opera più riuscita ed ambiziosa. La storia presenta contenuti risvolti pulp, peraltro costanti nel resto della produzione dello scrittore romano: fin dalla prima pagina è il punto di vista di Ammaniti però ad essere più maturo e consapevole rispetto al passato, nonostante la voce narrante sia quella di un bambino di nove anni, Michele Amitrano. Io non ho paura è ambientato in un'indefinita località della campagna meridionale: il paese si chiama Acqua Traverse, una frazione di Lucignano comprendente quattro case allineate intorno ad un'unica strada, un minuscolo centro abitato disperso tra sterminati campi di grano, un luogo immaginario ma incredibilmente realistico. Nella calma piatta e sfaccendata dei giorni uguali a se stessi della torrida estate del 1978 Michele, la sorellina immancabilmente portata a traino ed il suo gruppo di amichetti, tra un gioco e l'altro, esplorano i dintorni sulle loro biciclette, arrivano in un casolare abbandonato e pericolante, e fanno la conta per decidere chi vi entrerà: toccherà a Michele, che durante la sua 'intrusione' tra le rovine scoprirà qualcosa (o qualcuno?) fuori posto, che non dovrebbe esserci ma di fatto si trova proprio lì. La scoperta, incomprensibile e traumatica al tempo stesso, cambierà per sempre la sua giovane vita, modificando in particolare la sua percezione del mondo adulto circostante, compresa la sua stessa famiglia. Per non rovinare il gusto della sorpresa, ci limiteremo a svelare soltanto che si tratta di un segreto innescato da un micidiale cocktail di variegate componenti ottative - un indiscriminato desiderio di rivalsa sociale, il sogno di una vita diversa al Nord, la necessità fisiologica di fuggire da un Sud povero e privo di prospettive -: aspirazioni comprensibili per un gruppo di adulti disperati e pronti (quasi) a tutto per cambiare l'iter delle proprie esistenze, ma ingiustificabili per un bambino come Michele, che si ritroverà con il proprio immaginario infantile ridotto in frantumi dalla dura realtà. Io non ho paura è un romanzo di grande impatto emotivo e dall'incredibile felicità di descrizione ambientale: in un quadro assolutamente "normale" il piccolo protagonista percepisce, per caso, un'anomalia destinata a causare inquietanti sviluppi nella sua vita. La soluzione narrativa escogitata da Ammaniti per chiudere la storia è in fondo, come accadeva anche ne L'ultimo capodanno, un'esplosione, non generalizzata ma individuale, svolta in modalità assai cinematografiche nel sorprendente finale. Assolutamente da provare. 

Niccolò Ammaniti, Io non ho paura, Einaudi, Torino, 2001; pp. 219


VIETATO LEGGERE LEWIS CARROLL

Nonostante il titolo sembri un curioso divieto letterario, Vietato leggere Lewis Carroll è un ispirato esempio di romanzo illustrato che è diventato un piccolo caso letterario in Spagna ed ha ricevuto il generale apprezzamento della critica, nonché svariati premi relativi alla narrativa per ragazzi. Ne sono autori lo scrittore Diego Arboleda, nato a Stoccolma e laureatosi a Madrid, dove ha fatto il libraio prima di sfondare come autore, e  il disegnatore Raùl Sagospe, esperto di marketing col pallino dell'arte, già illustratore per vari editori iberici. La storia, che prende avvio con una intrigante disposizione sui battiti di ciglia, è ambientata nel lontano 1932 e prende avvio con una doppia carrellata dei personaggi ammessi in questo libro e di quelli non ammessi. La protagonista dell'assortito cast risponde al nome di Eugène Chignon, una giovane istitutrice francese specializzata in disastri, tanto che i suoi ex clienti (che le vogliono bene nonostante i danni che lei ha prodotto nelle loro case) sono felici quando trovano un'offerta di lavoro che pare fatta apposta per lei (oltre che per loro stessi, dato che la ragazza sarà costretta a lasciare la Francia... e i loro soprammobili). Si tratta in effetti di una proposta presentata in termini abbastanza curiosi: "Prestigiosa coppia di Manhattan, New York, cerca con urgenza una istitutrice francese per la sua unica figlia. Sono richieste buone referenze, ovviamente una buona educazione e, importante e indispensabile, la capacità di mentire (sia in inglese che in francese)". L'offerta è strana ma ancor più curiosa è la lettera in cui la famiglia, esaminate le referenze di Mademoiselle Chignon, le assegna l'incarico allegando un biglietto per la nave (linea transatlantica Southampton-New York) e precisando il particolare problema della figlia della famiglia, che si chiama Alice e ha una vera fissazione per il celebre personaggio di Alice nel paese delle meraviglie e di Attraverso lo specchio (personaggio di cui pare la copia vivente): la giovane istitutrice non dovrà darle corda in alcun modo riguardo ai due libri di Lewis Carroll o sarà automaticamente licenziata. Aggiungiamo alla storia, che sarebbe già intrigante così, il fatto che a bordo del transatlantico che la porta a New York la nostra eroina "disastratrice" conoscerà tra gli altri un simpatico belga di nome Baptiste Travagant (che si porta dietro un enorme uovo di un uccello africano ormai estinto) e un distinto editore di nome Peter Davies (che da bambino ispirò a Barrie il personaggio di Peter Pan). Mademoiselle Chignon si ritroverà assunta dai signori Welrush, una coppia abbastanza eccentrica cui si aggiunge Timothy Stilt, l'ancor più stravagante fratello della signora Welrush. Aggiungiamo alla storia anche l'imminente arrivo a New York della signora Alice Liddell, la simpatica ottantenne che da bambina ispirò a Lewis Carrol il personaggio di Alice (un imminente arrivo ovviamente da nascondere alla figlia dei signori Welrush). Ce n'è quanto basta per realizzare un romanzo dotato di un grande umorismo, che procede a ritmo sempre pimpante e ravvivato da qualche scena davvero esilarante. Il bello è che pur trattandosi di un libro letteralmente traboccante di riferimenti letterari, risulta divertentissimo da leggere sia per lettori maturi che per quelli di età più verdi, che magari potrebbero cogliere l'occasione per scoprire Lewis Carroll e (perché no?) appassionarsi all'opera di uno degli scrittori inglesi più interessanti di fine Ottocento.

Diego Arboleda - Raùl Sagospe, Vietato leggere Lewis Carroll, Roma, Lapis Edizioni, 2015; pp. 205


mercoledì 14 ottobre 2020

SCOPRENDO IL MONDO... A PIEDI

Sì, in effetti un libro come questo risulterà “strano” per la maggior parte dei lettori, soprattutto dei lettori giovani o giovanissimi i quali, stando a recenti indagini statistiche, fanno sempre meno attività fisica. Si tratta di un libro scritto da un “camminatore” d’eccezione, Paolo Rumiz, classe 1947, giornalista de “La Repubblica” e de “Il Piccolo”: è una sorta di diario di bordo del viaggio a piedi da Trieste a Promontore, sulla punta all’estremo Sud della penisola dell’Istria. A piedi è scansionato in sette capitoli per i relativi sette giorni di viaggio percorsi da Rumiz quasi rigorosamente a piedi, tranne un tratto iniziale in autobus. È un viaggio in solitario e aperto ad imprevisti molteplici, che forse costituiscono il vero centro d’interesse del viaggio stesso, che altrimenti consisterebbe, nell’accezione più tristemente diffusa al giorno d’oggi, nel recarsi da un posto all’altro nel modo più asettico ed indolore possibile. Al contrario A piedi dimostra con grande dinamismo ed indubbia facilità che, anche nel terzo millennio, il succo del viaggio consiste nel conoscere gente nuova, nel vivere avventure (talvolta anche a correre pericoli), nel godersi la fatica di andare da un posto all’altro avendo il tempo di guardare cosa c’è ai bordi della strada, che potrebbe essere un sentiero in mezzo al bosco o attraverso un campo incolto. Camminando a piedi, precisa spesso Rumiz, è necessario portarsi nello zaino una quantità adeguata di acqua, the o succo di frutta, perché camminando d’estate si suda molto, è consigliabile indossare un paio di scarpe ben “rodate”, in modo da preservare i piedi, che sono lo strumento primario per compiere il viaggio, è bene portarsi dietro il siero antivipera in caso di incontri indesiderati ed anche avere un numero adeguato di aneddoti da ricordare, dato che chi cammina da solo finirà immancabilmente per parlare con se stesso. E da Trieste a Promontore, passando per Gracischie, Montona, Antignana, Canfanaro, Valle e Fasana, di storie varie, attrattive naturali e storico-artistiche ne scopriremo più d’una seguendo il buon Rumiz: squarci sulla guerra dell’ex Jugoslavia, i confini degli stati da attraversare, gli animali selvatici delle zone circostanti, l’orientamento con le stelle, le birre dei viaggi dei tempi che furono ed infine persone, cibi, bevande e usanze dei paesi dove sostare da una tappa all’altra, che molte sorprese le riservano sempre. Assolutamente da provare e (perché no?) magari da mettere in pratica. Corredano il tutto le illustrazioni di Alessandro Baronciani. 

Paolo Rumiz, A piedi, Milano, Feltrinelli, 2013; pp. 125 


CUORI DI CARTA: AVVENTURA AD ALTA ENERGIA EPISTOLARE

Chi non sognerebbe un'emozionante corrispondenza epistolare con un coetaneo di sesso opposto di cui alla lunga innamorarsi perdutamente, magari innescata grazie alla comune passione per la letteratura di marca avventurosa? Alla questione risponde con un pizzico di magia Cuori di carta della scrittrice milanese Elisa Puricelli Guerra, che si confessa apertamente lettrice compulsiva di ogni romanzo di genere e sorta e non a caso, essendo anche un'apprezzata editor, passa gran parte della sua vita a leggere. In effetti le somigliano abbastanza i protagonisti del suo romanzo, che a volerne precisare la tipologia, potremmo a buon diritto definire romanzo epistolare per ragazzi con divagazioni sentimentali e avventurose, anche se non è tutto, come spiegheremo tra breve. Prima corre l'obbligo di precisare che i due adolescenti protagonisti impareranno a conoscersi senza mai vedersi di persona né usando mezzi informatici o telematici di qualsivoglia genere. I due, che ben presto stabiliranno di chiamarsi con i nomi fittizi di Una e Dan, inizieranno a scambiarsi messaggi in biblioteca (ad ore alterne, per non vedersi) utilizzando un libro come tramite, Puck il folletto, un mezzo assolutamente casuale peraltro, dato che il primo messaggio è metaforicamente il classico messaggio nella bottiglia lasciato da una ragazza in cerca di un destinatario tra i suoi compagni di scuola - ma sarà davvero una scuola, poi? Perché qua e là affiorano indizi piuttosto strani in merito -. All'inizio i due protagonisti ignorano perfino i rispettivi generi, ma ben presto diventano inseparabili amici di penna e cominciano a fantasticare: Dan in particolare vorrebbe conoscere Una in carne e ossa, anche se lei afferma di non essere ancora pronta ad incontrarlo. La nuova amicizia in corrispondenza è assai intrigante anche perché entrambi i ragazzi in teoria potrebbero vedersi, senza saperlo, per i corridoi del loro istituto scolastico. Ma Cuori di carta nasconde ben altro e molto presto le cose cominceranno a complicarsi quando compaiono tra le righe dei due corrispondenti alcuni riferimenti all'istituto che i due frequentano in mezzo a tanti altri compagni: sembra che i loro veri nomi gli studenti non li usino neanche più, e pare che tutti prendano una non meglio specificata medicina che, capitolo dopo capitolo, scopriremo che serve sostanzialmente a... dimenticare e voltare pagina. Un po' come stiamo facendo noi lettori perdendoci in questa storia, chissà... Il romanzo si complicherà con la presenza dell'unica amica del cuore di Una, Jolanda, e dei due inseparabili compagni d'avventura di Dan, Porthos e Aramis. E acquisterà sempre maggior definizione anche lo scenario del misterioso istituto sperduto in una foresta nella morsa di un rigido inverno, con la sua struttura a spirale e tanti inquietanti interrogativi da svelare in un'altalena di colpi di scena. Il tutto restando sempre nell'alveo di una serrata sequenza di messaggi, un tambureggiante botta e risposta che sembra costruito ad arte per rivelarci la storia centellinandone gli sviluppi in un crescendo di suspense. Assolutamente da provare: se avete minimamente apprezzato il gioco epistolare di Ciao, tu, il romanzo di Elisa Puricelli Guerra vi trasporterà senza colpo ferire in una realtà spazio- temporale tutta da scoprire fino all'ultima... lettera.

Elisa Puricelli Guerra, Cuori di carta, Torino, Einaudi, 2012; pp. 212

MARCOVALDO ALLA RICERCA DELLA NATURA PERDUTA

Il titolo per esteso di questa raccolta di novelle di Italo Calvino, classe 1923, è Marcovaldo ovvero le stagioni in città e in effetti la sequenza delle storie segue appunto un criterio stagionale: dalla prima all'ultima delle venti novelle del libro passeremo dunque lungo cinque sequenze narrative ambientate in primavera, in estate, in autunno e in inverno. Ne è protagonista ovviamente Marcovaldo, che lavora come manovale nella Sbav, un'indefinita ditta di una città metropolitana non meglio identificata che potrebbe trovarsi in una qualunque regione del Nord d'Italia, come Torino o Milano, diciamo. Il filo rosso che collega tutte le storie, ambientate negli anni Sessanta, è il desiderio che Marcovaldo ha di ritrovare la natura, di cui lo squattrinato protagonista coglie ogni piccolo mutamento nell'alternanza delle stagioni: Marcovaldo vive infatti in un luogo urbano assolutamente artificiale, dove gli spazi verdi non si intravedono quasi più, soffocati come sono da un mare di asfalto e di cemento. In tale situazione il protagonista, di umore spesso malinconico ma tutto sommato ottimista, è pronto a cogliere ogni minima manifestazione della natura - che spesso cerca poi di condividere con la famiglia -, ma ogni volta il suo entusiasmo è destinato a spegnersi in finali solitamente catastrofici quanto divertenti. Il tono di Marcovaldo è insomma tragicomico e riesce a denunciare con efficacia i limiti della vita cittadina, davvero deficitaria per quanto riguarda il rapporto con la natura. In molti casi Calvino riesce ad ottenere il doppio risultato di farci sorridere dispensando riflessioni dolceamare di retrogusto ecologico con novelle davvero irresistibili, come succede nella storia apripista, Funghi in città (dove il protagonista trova nelle aiuole pubbliche funghi apparentemente gustosi che non potrebbe mai permettersi di comprare), oppure ne Il bosco sull'autostrada (dove troverà un modo originale per procurarsi legna da ardere ricavandola da cartelloni pubblicitari) o infine in Dov'è più azzurro il fiume (in cui Marcovaldo finirà in un pescosissimo fiume, anche troppo blu per essere vero). Assolutamente da provare, anche per scoprire il quadro di realtà di un'Italia che ormai non c'è più che traspare da una novella all'altra. 

Italo Calvino, Marcovaldo, Torino, Einaudi, 2013; pp. 189 


OPEN: LA STORIA DI ANDRE AGASSI

Lui è Andre Agassi da Las Vegas, classe 1970, uno dei talenti più cristallini che abbiano mai giocato su un campo di tennis, uno sportivo ch...