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domenica 24 novembre 2024

DRILLA, QUANDO LA PAROLA DIVENTA MAGIA

S’intitola Drilla (nell’edizione americana Frindle) e probabilmente è il libro più fortunato del prolifico scrittore americano Andrew Clements (1949-2019), che nel corso della sua carriera ha scritto una settantina di libri di narrativa per ragazzi, tra cui Il club dei perdenti. Uscito nel 1996, Drilla appartiene ovviamente alla categoria, anche se è al tempo stesso e a tutti gli effetti anche un romanzo breve di formazione: ne è protagonista un vispo ragazzino americano di nome Nick Allen, residente in una tranquilla cittadina di provincia, Westfield, ed iscritto al quinto anno della Lincoln Elementary School. Del gruppo dei docenti di Nick fa parte la tostissima Mrs. Granger, che insegna la lingua inglese con una devozione lessicale assoluta per il dizionario rosso che i suoi alunni devono sfogliare per copiare interminabili liste di parole. Il buon Nick avrebbe anche intenzione di trattare Mrs. Granger come tutte le altre insegnanti che l’hanno preceduta, impedendo ad arte il momento dell’assegnazione dei compiti a fine lezione con un’interessante domanda opportunamente posta con l’unico fine di perdere tempo: ma da dove vengono tutte le parole che finiscono nel dizionario? Purtroppo Mrs. Granger la sa troppo lunga per farsi prendere per il naso da uno studente, infatti blocca Nick e per giunta gli assegna di preparare una relazione su come nascono le parole per l’indomani. Il ragazzo mastica amaro pensando al suo pomeriggio di giochi completamente sfumato a favore dello studio ma, poco dopo e un po’ per caso, durante una tranquilla passeggiata con la sorella nella sua mente prende forma una grande idea: perché non creare una parola nuova di zecca come drilla per indicare una penna come quella che sua sorella ha appena trovato per terra? Una parola esiste se gli altri cominciano ad usarla sistematicamente e, nonostante l’opposizione di Mrs. Granger, Nick inizierà a promuovere il suo intrigante neologismo col supporto di un gruppo di coetanei fortemente motivati a vedere come andrà a finire la strana disfida lessicale. Ne viene fuori una storia essenziale ma davvero frizzante sul valore delle parole, anche quelle nate da un guizzo di fantasia e magari con l’intento di divertirsi un po’, come appunto drilla. D’altra parte questo romanzo breve di Andrew Clements non è soltanto questo, ma il neologismo al centro della trama è il fil rouge per una serie di riflessioni sulla libertà di parola, sulla capacità imprenditoriale e sul sogno di cambiare in meglio il mondo circostante. Drilla ha una struttura narrativa estremamente semplice ma che funziona come un oliato meccanismo ad orologeria: tratteggia i due protagonisti e il provinciale scenario della vicenda, racconta il germoglio dell’idea di un “dispetto” linguistico creato ad arte, prosegue con le dinamiche di diffusione di tutte le cosiddette mode di qualsivoglia genere, che diventano virali quando ci mettono lo zampino i mezzi d’informazione come i giornali o le televisioni. Il tutto in poco più di un centinaio di pagine con tanto di happy ending retroattivo e moraleggiante ma non troppo. Assolutamente delizioso, e con il grande merito di promuovere l’uso del dizionario, che non fa mai male alle nuove generazioni (come d’altra parte leggere buoni libri). E talvolta la realtà supera la fantasia, come ricorda nella prefazione all’edizione italiana Maria Cristina Torchia, consulente linguistico dell’Accademia della Crusca, citando la recente fortuna del neologismo petaloso, coniato da un emulo italiano di Nick Allen giusto qualche anno fa…

Andrew Clements, Drilla, Milano, Rizzoli, 2019; pp. 126

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