giovedì 13 febbraio 2025

L'ITALIA DI OGGI, LA NATURA, L'ÌRONIA E... MARGHERITA DOLCEVITA

Stefano Benni, classe 1947, con Margherita Dolcevita ha scritto una fiaba ecologica che nasconde al suo interno un quadro ironico e dissacrante dell’Italia di oggi, oppressa dalla divinità del sacro consumo e da un’imperante sottovuoto morale. Di nuovo rispetto ai romanzi precedenti dello scrittore bolognese Margherita Dolcevita può contare su un’irresistibile protagonista che ci racconta la storia (e si racconta) in prima persona, Margherita ovviamente, una “bambina in scadenza” di quasi quindici anni: leggermente sovrappeso, con occhi maliardi e blu e capelli biondi ricci tendenti al fusillo, fiera inventrice di libri mai scritti (che racconta però di aver letto), una piccola anticonformista con un problemino alla valvola cardiaca ed un’innata propensione a leggere la realtà attraverso il filtro di una naturale ironia. Insieme al suo cosiddetto “cancatalogo” Pisolo, incredibile incrocio di ogni razza canina, animale e forse vegetale, la nostra Margherita ci porta all’interno di una normalissima famiglia media italiana, la sua: un padre mite e pensionato, strenuo difensore dei vecchi oggetti che raccoglie e ripara in un vecchio capannone; una madre casalinga che fuma sigarette virtuali e non si perde una replica dell’amata soap “Eternal love”; un fratello maggiore, di professione ultrà che si divide tra calcio e pallone; un fratello minore genio in erba e videogiocatore incallito; un nonno stralunato che ingerisce cibi scaduti per immunizzarsi dai veleni della società postindustriale. La famiglia della nostra eroina vive in una cadente villetta periferica con giardino, una casa ai margini di un grande prato e di un bosco che nasconde al suo interno le macerie di una casa bombardata e il fantasma della Bambina di Polvere, l’anima di una bimba morta durante la guerra, l’amica dolce e spaventosa di Margherita nonché il personaggio più struggente di tutto il romanzo. A turbare questo quadretto familiare nel prato accanto spunta dal terreno un gigantesco cubo di cemento che ricorderebbe il deposito di Zio Paperone, se non fosse ricoperto interamente di vetro nero, recintato da una siepe artificiale in perfetto accordo con il tono sintetico del giardino con piscina annessa. All’interno si nasconde un prototipo di famiglia dei nostri tempi che sembra cesellato sul massimo esempio nazionale: il padre, Frido Del Bene – sempre sorridente e con una chioma fasulla ottenuta da “trapianto progressivo bioselezionato” –, rampante affarista senza scrupoli e biecamente reazionario verso i margini sociali, come la gentil consorte Lenora, celebrazione della casalinga ricca, alla moda e nullafacente, o la figlia adolescente Labella, una superficiale top model in erba. Ben presto la diabolica famiglia Del Bene – che al suo interno accoglie perfino l’eccezione autorizzata di Angelo, il classico figlio ribelle per cui subito ovviamente Margherita sentirà simpatia – comincerà ad allungare le proprie spire consumistiche verso i vicini, mesmerizzandoli uno ad uno con un’irresistibile gradualità che ricorda L’invasione degli ultracorpi: solo Margherita ed il vecchio nonno resteranno immuni al loro fascino sottile e tenteranno, con l’arma scardinante della fantasia e con l’indispensabile aiuto dell’amica fantasma, di salvare il loro piccolo mondo, che come il mondo intero sembra avviato a precipitare verso un abisso di colpevole stupidità. Un gran bel romanzo per ragazzi che condensa tutta l’arte narrativa di Stefano Benni nell’irresistibile figura Di Margherita. Assolutamente da provare. 

Stefano Benni, Margherita Dolcevita, Milano, Feltrinelli, 2005; pp. 207

ANNA, L'APOCALISSE DELL'ADOLESCENZA

Anna di Niccolò Ammaniti, classe 1966, segna un'inversione di tendenza rispetto alla sua produzione precedente e rappresenta il primo tentativo dell'autore romano di mettersi alla prova con il romanzo di marca distopica. Siamo in un futuro imprecisato, che purtroppo non sembra molto distante dal nostro presente: il mondo che conosciamo non esiste più, è stato spazzato via da un'epidemia inarrestabile che ha ucciso tutti gli adulti, lasciando di conseguenza un mondo pieno di bambini e ragazzi orfani. Già, perché infatti il contagio si concretizza quando gli adolescenti arrivano all'età dello sviluppo e sui loro corpi si manifestano i segni inequivocabili della malattia che minaccia di portare la razza umana all'estinzione, la cosiddetta "Rossa". Ci troviamo a scoprire questo quadro apocalittico attraverso gli occhi di Anna, una ragazza di tredici anni rimasta ovviamente orfana della madre e responsabile del fratellino, Astor: i due vivono desolatamente soli in una casa sperduta nella campagna di una Sicilia che pare un ininterrotto cumulo di rovine. Anna ha con sé un quaderno di istruzioni che la mamma le ha lasciato per cercare di sopravvivere quando lei non ci sarebbe stata più, anche se spesso la giovane protagonista si trova davanti un quadro in cui le regole materne sono inefficaci e lei è costretta di volta in volta a improvvisare cercando di fare la cosa giusta. A un certo punto, tutto questo diventa un'impellente necessità, perché il fratellino le viene rapito da una banda di coetanei regrediti a uno stadio tribale: con l'aiuto di un compagno di viaggio incontrato durante la sua ricerca, Anna intraprende un viaggio per ritrovare Astor e sfuggire alla Rossa, che le sta inesorabilmente arrivando addosso con lo scorrere dei giorni, magari arrivando al Continente, dove nell'immaginario di Anna forse qualcuno ha trovato una cura per questo desolato mondo di giovani senza futuro. Una gran bella storia, senza dubbio, di struggente presa narrativa grazie alla capacità di Ammaniti di immergerci nella vicenda attraverso gli occhi della protagonista, che ci fanno scoprire un mondo che sembra l'ombra di quello che conosciamo, in cui i bambini e i ragazzi superstiti, abbandonati a se stessi, sono sopravvissuti grazie ai loro sforzi isolati oppure sono finiti in gruppi selvaggiamente tribali - per tratteggiare i quali di certo Ammaniti ha tenuto presente la lezione di William Golding ne Il signore delle mosche -. Insomma, ne vien fuori un altro gran bel romanzo sulla scoperta della realtà da parte dell'adolescenza, come avremmo potuto aspettarci dall'autore di Io non ho paura e Io e te. Ammaniti si conferma dunque uno scrittore di grande presa anche alla prova con la narrativa di marca distopica. Assolutamente da non perdere. 

Niccolò Ammaniti, Anna, Torino, Einaudi, 2015; pp. pp. 278 

mercoledì 5 febbraio 2025

L'ULTIMA ESTATE COI DISCHI VOLANTI

È uno scrittore che a suo dire ha vissuto diverse vite (alcune anche piuttosto avventurose) Maurizio Maggiani, nato nel 1951 in un paese della provincia di La Spezia: maestro carcerario e di bambini non vedenti, aiuto regista, montatore, fotografo, pubblicitario, impiegato e infine autore di romanzi. Tra i suoi libri corre l’obbligo di ricordare almeno Il coraggio del pettirosso (Premio Viareggio e Premio Campiello), La regina disadorna e Il viaggiatore notturno (Premio Strega). La sua ultima fatica letteraria s’intitola L’ultima estate coi dischi volanti, che è anche il suo primo romanzo per ragazzi. Si tratta di una storia a tinte dichiaratamente autobiografiche, che attinge a pieni neuroni dalle memorie dell’autore adolescente a Castelnuovo Magra, ovvero il paese tra le Alpi Apuane e il mare dove Maggiani è nato ed ha passato i suoi anni giovanili. Ed è proprio qui, in questo tipico luogo di provincia, ricco di storie strane e improbabili che si raccontano a veglia tra amici davanti a un focolare, che fin da bambino Maggiani ha scoperto la sua vena da narratore e che è diventato scrittore, ascoltando racconti (alcuni abbastanza) assurdi tramandati nella sua famiglia, come quello della gallina che viveva anche senza cervello, giusto per ricordarne uno. In effetti l’autore si scopre narratore quando si trova a vivere in prima persona un’avventura horror, trovandosi inseguito da un fantomatico mostro sul ciglio del canale tornando a casa con l’oscurità, e poi la racconta in modo apprezzabile. Si conferma tale tempo dopo quando entra nella locale Società dei cacciatori di dischi volanti, un pugno di ragazzini che si ritrovano in una scalcinata baracca in mezzo a un boschetto superstite di un progetto edilizio di ampliamento del paese: l’autore diventa il trascrittore del libro mastro delle imprese dell’associazione, durante le cui riunioni i componenti fumano amarissime radici di sambuco e discutono dei libri del loro eroe, lo scrittore e divulgatore Peter Kolosimo. Tutto cambia quando la compagnia entra in contatto con la Patri e soprattutto con il padre di lei, professore ed esperto escursionista, pronto a guidare la variegata truppa dei cacciatori di dischi volanti in gita notturna al Monte Bruno, dove si dice che da secoli gli alieni siano soliti discendere periodicamente per visitare il nostro pianeta. Per i componenti dell’allegra brigata di ragazzini interessati agli alieni e dintorni l’escursione è l’avventura più grande che hanno mai sperato di vivere e, come spesso capita nella vita reale, è il preludio alla fine dell’adolescenza e all’ingresso nell’età adulta, anche se all’autore restano comunque i ricordi alla base di questo libro... L’ultima estate coi dischi volanti è un accattivante romanzo di formazione per ragazzi che riesce a catturare a meraviglia l’incertezza e la voglia di scoprire l’ignoto che caratterizzava quel grande periodo di trasformazione nazionale all’inizio degli anni Sessanta, quando tanti paesi di campagna come Castelnuovo Magra cambiarono pelle entrando a timidi passi nell’Italia dei tempi nostri. Assolutamente da scoprire.

Maurizio Maggiani, L’ultima estate coi dischi volanti, Milano, Feltrinelli, 2024; pp. 203

venerdì 24 gennaio 2025

NOWHERE GIRL, UNA GRAPHIC NOVEL TRA BEATLES E ADOLESCENZA

Classe 1979, Magali Le Huche è un’illustratrice francese che si è formata alla Scuola di Arti Decorative di Strasburgo ed ha iniziato a disegnare fin da piccola, dato che si inventava storie che non le facevano prendere sonno e allora si metteva a disegnare per cercare di addormentarsi. Nowhere girl è una graphic novel di sapore autobiografico in cui l’autrice transalpina parla della se stessa undicenne degli anni Novanta che muove i primi passi nella scuola media Massillon dove è approdata insieme all’inseparabile Agathe, la sua miglior amica dai tempi dell’asilo. Il problema è che ben presto lo zaino della protagonista comincia a diventare progressivamente più pesante e l’ansia quotidiana sempre più opprimente, al punto che i suoi genitori se ne accorgono e tentano di correre ai ripari: fobia scolare è la diagnosi della specialista a cui si rivolgono, così che Magali sospende la frequenza scolastica in attesa di tempi migliori. E nel frattempo, all’improvviso, ascoltando per caso un CD della sorella maggiore, Magali scopre l’esistenza dei Beatles, ne viene contagiata e resta col passare del tempo letteralmente catturata dal coloratissimo mondo dei Fab Four, che riscopre a bocce ferme a vent’anni dal loro scioglimento e a dieci dalla tragica scomparsa di John Lennon: l’apprendistato amburghese, il Cavern di Liverpool, la Beatlemania, i film, il cartoon del sottomarino giallo, i dischi epocali, gli aneddoti su John, Paul, George & Ringo. I Beatles diventano il talismano curativo di una ragazzina troppo fragile per camminare da sola nel mondo esterno, la rassicurante coperta di Linus sempre pronta ad accoglierla. Alla fine, c’è da immaginarselo, la giovanissima protagonista imparerà ad accettare l’adolescenza ed a smettere di isolarsi, ma dimenticare i Beatles si rivelerà una faccenda leggermente più ostica... Nowhere girl è un’intrigante graphic novel sulla difficoltà ad accettare se stessi nel periodo più confuso della crescita ed una bella metafora sul valore salvifico che riveste la musica dei quattro di Liverpool, i protagonisti della più grande leggenda del rock del Novecento, che hanno sviluppato in una fantasmagoria di sperimentazioni musicali, cambiandolo per sempre in modo indelebile. In siffatto percorso ci si perde volentieri anche per gli essenziali e coloratissimi disegni di Magali Le Huche, che talvolta raggiungono abissi caleidoscopici e visionari degni di quel rivoluzionario cartoon che fu Yellow Submarine. Da provare.

Magali Le Huche, Nowhere girl. A scuola con i Beatles, Latina, Tunué, 2024; pp. 118

mercoledì 22 gennaio 2025

LE FIABE (IN VERSI PERVERSI) DI ROALD DAHL

Lui è il nume tutelare della fantasia rivolta all’infanzia e dintorni, ma nel corso della sua vita rocambolesca ha anche fatto la spia, l’aviatore e l’inventore di marchingegni medici: nato in una famiglia di origine norvegese, Roald Dahl (1916-1990) nella sua lunga carriera letteraria ha scritto numerosi capolavori della narrativa per ragazzi, come Matilde, Il GGG e La fabbrica di cioccolato, spesso puntualmente finiti sul grande schermo con altrettanto successo. Le invenzioni narrative di Dahl sono praticamente sconfinate, ma curiosamente quando ha scelto di dedicarsi alle fiabe più classiche ne è venuto fuori questo piccolo libro in rima intitolato Versi perversi: non si tratta di una riscrittura tradizionale perché le fiabe sono rilette invece in chiave parodica e puntualmente concluse con spiazzanti finali a sorpresa. Le fiabe al centro del libro sono soltanto sei, equamente distribuite tra tre estrapolate dal corpus dei Fratelli Grimm e altrettante della tradizione popolare britannica: nell’ordine l’indice presenta Cenerentola, Giacomino e il Granfagiolo, Biancaneve e i Sette Nani, Treccedoro e i Tre Orsi, Cappuccetto Rosso e il Lupo e, per finire, I Tre Porcellini. Senza dubbio le parodie più esilaranti sono la prima e la penultima: Cenerentola nella fase in cui il principe la sta cercando si rende conto del carattere sanguinario del suo possibile sposo e cerca un buon partito dall’indole più rassicurante, al contrario Cappuccetto Rosso da vittima annunciata si trasforma in una spietata killer a danno del povero Lupo – e la nomea di pistolera della bambina arriva alle orecchie del fratello superstite dei Tre Porcellini per mettere la parola fine alla minaccia del Lupo –. Se le fiabe in rime baciate di Dahl sono delle vere chicche è anche per la maestria poetica di chi le ha tradotte nella nostra lingua, ovvero il grande Roberto Piumini, ormai da decenni autore di punta della narrativa italiana per ragazzi ma altrettanto valido nelle vesti di traduttore (vedere in merito l'edizione nella collana "Einaudi Ragazzi" de Le avventure di Tom Sawyer). Corredano questo piccolo libro le intriganti illustrazioni di Quentin Blake, storico disegnatore dei romanzi di Roald Dahl. Da non perdere.

Roald Dahl, Versi perversi, Milano, Salani, 2024; pp. 45

domenica 19 gennaio 2025

RICORDAMI DI MERCOLEDÌ DI JERRY SPINELLI

Senza dubbio Jerry Spinelli è uno degli autori di libri di narrativa per ragazzi più prolifici degli Stati Uniti da diversi decenni: classe 1941, lo scrittore originario della Pennsylvania all’inizio della sua lunga carriera ha scritto romanzi per adulti ma ben presto si è reso conto che il suo pubblico di riferimento sono bambini e adolescenti, ai quali ha dedicato piccoli capolavori come La schiappa, Crash, Stargirl e Misha corre. Al centro del suo ultimo romanzo Ricordami di mercoledì figura una particolarissima tradizione che riguarda tutti gli studenti di terza media della cittadina di Amber Springs, Pennsylvania, che ricorre ogni secondo mercoledì di giugno: ogni alunno riceve infatti una camicia nera e la tessera anagrafica di uno dei cosiddetti “spiaccichi”, ovvero di un adolescente morto in un incidente stradale che ha causato con un comportamento imprudente o sconsiderato. Una volta indossata la camicia nera, ogni studente per convenzione sparisce e nessuno lo vede né lo considera più per tutta la giornata, come se fossero i ragazzi deceduti a cui sono stati associati. È il “mercoledì dei morti” e in teoria sarebbe una ricorrenza per indurre i ragazzini a non ripetere gli errori che sono costati la vita a chi li ha preceduti, ma in realtà quasi tutti la vivono come una giornata speciale di libertà assoluta in cui possono combinare impunemente ogni scherzo o idiozia la loro mente possa immaginare, dato che gli adulti fingono di non vederli. Ed essendo uno studente di terza media,  il timidissimo Robbie Tarnauer, Bruco per gli amici, aspetta a gloria questo giorno per vedere cosa combineranno le teste calde della sua scuola, e anche perché all’ora di pranzo è in programma una rissa tra due compagni che si odiano dall’asilo e finalmente faranno a botte come desiderano da sempre. Bruco ha un soprannome che descrive perfettamente la sua indole schiva ed il suo entusiasmarsi per interposta persona, infatti si accontenta di vivere della luce riflessa del suo migliore amico Eddie, che è il ragazzo più popolare e trascinante della scuola. Tutto cambia però quando Bruco si vede assegnare la tessera di Becca Finch, morta per uno sfortunato incidente causato dalla neve: un attimo dopo infatti il piccolo protagonista comincia a parlare con la “fanciulla spettrale” che la sorte ha associato a lui, rendendosi subito conto che è l’unico a percepirla. I due tra l’altro sono diversissimi: Bruco è schivo in modo imbarazzante, mentre Becca è (o, meglio, era) vivace ed estroversa. All’inizio la ragazza non capisce a cosa sia dovuto il suo momentaneo ritorno sulla Terra, poi comprende che la sua missione è far crescere il suo nuovo amico, così i due cominciano a familiarizzare ricostruendo la sfortunata catena di circostanze che ha portato Becca a morire. Nel frattempo nasce un’amicizia indimenticabile e Bruco inizia a scoprire il mondo, conoscersi meglio e credere in se stesso. Ricordami di mercoledì è un piccolo romanzo di formazione che racconta l’indimenticabile giorno che unisce un adolescente in fieri con una ragazza che non ce l’ha fatta cambiando per sempre il mondo del primo. Jerry Spinelli si conferma un delicato narratore di storie struggenti in grado di lasciare un segno profondo nei lettori, stavolta con una vicenda che miscela le difficoltà della crescita, la memoria e la morte. Assolutamente da provare.

Jerry Spinelli, Ricordami di mercoledì, Milano, Mondadori, 2023; pp. 235

lunedì 13 gennaio 2025

SE PENNAC PARLA DI LETTURA... COME UN ROMANZO

Docente di lettere e poi scrittore assurto alla fama internazionale grazie alla saga di Benjamin Malaussène di Belleville (capro espiatorio per professione), Daniel Pennac, classe 1944, è anche autore di libri di narrativa per ragazzi come L’occhio del lupo ed ha dedicato il saggio Come un romanzo alla lettura, in particolare riflettendo sul piacere della lettura fine a se stessa. L’idea è stata innescata proprio dalla sua ultraventennale esperienza di insegnante, che gli ha offerto un punto di osservazione sui giovani e sulla loro progressiva perdita di interesse (spesso divenuta un’aperta avversione) per la lettura. Da bravo prof empatico Pennac affronta il problema di come invece si possa fare per contagiare positivamente i ragazzi per avvicinarli ai libri, oggetti che talvolta sono percepiti dalle generazioni più verdi come ingombranti ‘mattoni’ che occupano ingiustamente lo spazio dei comodini delle loro camerette. Secondo lo scrittore francese il trucco consiste non tanto nel puntare sulla promozione della lettura a tutti i costi quanto sul piacere della lettura, mostrando come i libri possano rivelarsi amici in grado di ampliare i nostri orizzonti e portarci in altri mondi, insomma degli ideali compagni di viaggio capaci di farci vivere più vite di quante potremmo soltanto sognare. Pennac comincia la sua riflessione dichiarando che “il verbo leggere non sopporta l’imperativo”, come pure altri pezzi da novanta del panorama dei verbi come amare o sognare, quindi, nel resto del primo capitolo, l’autore francese rileva che ogni bambino è stato allevato al piacere della lettura al punto di sviluppare una gran voglia di imparare prima possibile a leggere e poi col tempo si è trasformato in un adolescente che non sa come ritrovare quell’ancestrale piacere di ascoltare una storia. Una volta perso quel piacere, infatti, la situazione del ragazzo “non lettore” fa letteralmente a cozzi con la scuola, che in teoria promuove la necessità della lettura a tutti i costi (argomento del secondo capitolo) che, va da sé, non trasforma per forza tutti gli studenti in altrettanti lettori. Nel terzo capitolo del suo saggio Pennac costruisce creativamente un “cast” di buone letture e poi, giusto nell’ultima pagina, propone un bel decalogo dei diritti dei lettori “a cominciare da quelli negati ai giovani che affermiamo di voler iniziare alla lettura”. Eccoli qua, rigorosamente in ordine: “1) Il diritto di non leggere. 2) Il diritto di saltare le pagine. 3) Il diritto di non finire il libro. 4) Il diritto di rileggere. 5) Il diritto di leggere qualsiasi cosa. 6) Il diritto al bovarismo [ovvero ad emozionarsi anche fino a piangere]. 7) Il diritto di leggere ovunque. 8) Il diritto di spizzicare. 9) Il diritto di leggere ad alta voce. 10) Il diritto di tacere.” Nel quarto e ultimo capitolo del suo saggio Pennac spiega analiticamente il senso di ognuno dei dieci diritti, che stanno tra i due estremi della rinuncia tout court alla lettura alla sacrosanta possibilità di lasciare la lettura alla sfera della nostra intimità, cioè di non fare un parola sui libri che abbiamo oppure di scriverci sopra Come un romanzo, perché no?

Daniel Pennac, Come un romanzo, Milano, Feltrinelli, 1995; pp. 141

OPEN: LA STORIA DI ANDRE AGASSI

Lui è Andre Agassi da Las Vegas, classe 1970, uno dei talenti più cristallini che abbiano mai giocato su un campo di tennis, uno sportivo ch...