Docente
di lettere e poi scrittore assurto alla fama internazionale grazie alla saga di
Benjamin Malaussène di Belleville (capro espiatorio per professione), Daniel
Pennac, classe 1944, è anche autore di libri di narrativa per ragazzi come L’occhio del lupo ed ha dedicato il
saggio Come un romanzo alla lettura,
in particolare riflettendo sul piacere della lettura fine a se stessa. L’idea è
stata innescata proprio dalla sua ultraventennale esperienza di insegnante, che
gli ha offerto un punto di osservazione sui giovani e sulla loro progressiva
perdita di interesse (spesso divenuta un’aperta avversione) per la lettura. Da
bravo prof empatico Pennac affronta il problema di come invece si possa fare
per contagiare positivamente i ragazzi per avvicinarli ai libri, oggetti che
talvolta sono percepiti dalle generazioni più verdi come ingombranti ‘mattoni’
che occupano ingiustamente lo spazio dei comodini delle loro camerette. Secondo
lo scrittore francese il trucco consiste non tanto nel puntare sulla promozione
della lettura a tutti i costi quanto sul piacere della lettura, mostrando come
i libri possano rivelarsi amici in grado di ampliare i nostri orizzonti e
portarci in altri mondi, insomma degli ideali compagni di viaggio capaci di
farci vivere più vite di quante potremmo soltanto sognare. Pennac comincia la sua
riflessione dichiarando che “il verbo leggere non sopporta l’imperativo”, come
pure altri pezzi da novanta del panorama dei verbi come amare o sognare, quindi,
nel resto del primo capitolo, l’autore francese rileva che ogni bambino è stato
allevato al piacere della lettura al punto di sviluppare una gran voglia di
imparare prima possibile a leggere e poi col tempo si è trasformato in un
adolescente che non sa come ritrovare quell’ancestrale piacere di ascoltare una
storia. Una volta perso quel piacere, infatti, la situazione del ragazzo “non
lettore” fa letteralmente a cozzi con la scuola, che in teoria promuove la necessità della lettura a tutti i costi (argomento
del secondo capitolo) che, va da sé, non trasforma per forza tutti gli studenti
in altrettanti lettori. Nel terzo capitolo del suo saggio Pennac costruisce
creativamente un “cast” di buone letture e poi, giusto nell’ultima pagina,
propone un bel decalogo dei diritti dei lettori “a cominciare da quelli negati
ai giovani che affermiamo di voler iniziare alla lettura”. Eccoli qua,
rigorosamente in ordine: “1) Il diritto di non leggere. 2) Il diritto di
saltare le pagine. 3) Il diritto di non finire il libro. 4) Il diritto di
rileggere. 5) Il diritto di leggere qualsiasi cosa. 6) Il diritto al bovarismo
[ovvero ad emozionarsi anche fino a
piangere]. 7) Il diritto di leggere ovunque. 8) Il diritto di spizzicare. 9)
Il diritto di leggere ad alta voce. 10) Il diritto di tacere.” Nel quarto e
ultimo capitolo del suo saggio Pennac spiega analiticamente il senso di ognuno
dei dieci diritti, che stanno tra i due estremi della rinuncia tout court alla lettura alla sacrosanta
possibilità di lasciare la lettura alla sfera della nostra intimità, cioè di
non fare un parola sui libri che abbiamo oppure di scriverci sopra Come un romanzo, perché no?
Daniel Pennac, Come un romanzo, Milano, Feltrinelli, 1995; pp. 141
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