Giovanni Verga pubblicò la prima edizione di Vita dei campi nel 1880 e continuò a
rimaneggiare questa raccolta narrativa fino all'edizione definitiva del 1897.
Nel suo insieme il libro assortisce nove novelle, da Cavalleria Rusticana (che divenne la fonte dell’omonimo libretto
d'opera di Mascagni) fino a Pentolaccia.
Nel complesso questa raccolta è una perfetta esemplificazione della poetica
verista di Verga: l'ambientazione spesso è umile, i personaggi sono solitamente
popolani, le situazioni sono ispirate a fatti tipicamente quotidiani come
amori, affari di poco conto, relazioni varie, storie professionali di povera
gente. Le novelle più rappresentative sono sicuramente l'apripista, La lupa, Rosso Malpelo e Fantasticheria,
che esprimono aspetti molto diversi dello stesso mondo contadino. Cavalleria rusticana racconta il
ritorno in paese di un contadino partito per il servizio di leva e della
ripresa del suo rapporto amoroso con la fidanzata di un tempo, che nel
frattempo si è promessa a un facoltoso carrettiere e del duello d'onore che ne
segue; come spesso accade nelle storie dell’autore siciliano i personaggi che
si staccano dal loro ambiente d’origine sono fatalmente destinati all’insuccesso,
all’infelicità e alla morte. La lupa
racconta una storia ancora più basica e viscerale: narra di una donna dai
famigerati appetiti sessuali che induce la figlia a sposare il giovane da cui è attratta e dell’inarrestabile
tragedia che ne segue. Rosso Malpelo
dipana la triste storia umana dello sfortunato ragazzino protagonista, che
lavora in una miniera di rena rossa dove il padre ha perso la vita e in cui
tutti lo disprezzano, come pure nella sua famiglia, in cui la sorella e la
madre lo tollerano solo per la paga che porta a casa a fine settimane: Rosso
Malpelo vive una vita di infelicità, priva di affetti e di interessi,
completamente stritolata dalla situazione di sfruttamento minorile, che
purtroppo è tutto ciò che ha. Fantasticheria
è uno spaccato del paese di Trezza descritto dall'autore a una conoscente straniera
che l'ha visitato subendone subito la fascinazione (ma da cui comunque è presto
ripartita). È una raccolta ricca di sfaccettature sociali e che applica la
morale dell'ostrica sottintesa nelle opere maggiori del Verga, come I Malavoglia e Mastro don Gesualdo.
Giovanni Verga, Vita dei campi, in Tutte le novelle I, Milano, Mondadori, 1971; pp. 137-240