L’autore di
questa straordinaria raccolta di racconti non ha bisogno di presentazioni,
trattandosi del mitico Edgar Allan Poe, scrittore americano dalla vita breve e
tormentata (1809-1849), noto per poesie ombrose come Il corvo e considerato l’inventore del poliziesco – o giallo, come
è stato ribattezzato in Italia grazie all’omonima collana della Mondadori – con
I delitti della Rue Morgue. I racconti del terrore è una raccolta
che assortisce complessivamente ventisei racconti, molti dei quali ormai
entrati nella leggenda, come ad esempio Manoscritto
trovato in una bottiglia, che fin dall’uscita conferì grande fama
all’autore americano, La caduta della
Casa Usher, Una discesa nel
Maelstroem, Il ritratto ovale, La maschera della Morte Rossa, Il pozzo e il pendolo, Il cuore rivelatore e Il barile d’Amontillado. Ovviamente
nell’indice della raccolta non manca forse il racconto più celebre di Edgar
Allan Poe, Il gatto nero, sospeso in
modo davvero inquietante tra noir ed horror. Si tratta di una storia davvero
straordinaria, narrata in prima persona con una prodigiosa prolessi che ammanterà
tutto lo sviluppo successivo con una cappa di angoscia opprimente. Il racconto
vede come protagonista un uomo timorato e amante degli animali, che passerà però
attraverso un’inspiegabile discesa esistenziale che lo porterà faccia a faccia
con il suo lato oscuro e malvagio, guidandolo verso un terribile delitto a cui
assisterà il gatto “responsabile” dello scatto di violenza omicida del
protagonista: il tutto in attesa dell’immancabile finale a sorpresa, una chiusa
davvero magistrale. I racconti del
terrore intriga a più riprese proponendo al lettore scenari gotici e
angosciosi, personaggi sull’orlo del baratro, incubi tremendamente realistici,
insomma, un campionario orrorifico davvero a pronta presa. Il pregio di questa
edizione è ampliato anche dalla notevole introduzione di Charles Baudelaire,
uno scritto dedicato appunto alla vita e alle opere di Edgar Allan Poe, autore
di cui per primo tradusse i racconti in francese. Assolutamente da provare: i
brividi sono garantiti in ogni racconto della raccolta, con un adeguato pizzico
di suspense e l’immancabile mistero
in sottofondo.
Edgar Allan Poe, I
racconti del terrore, Roma, Liberamente, 2018; pp. 296
martedì 18 maggio 2021
lunedì 17 maggio 2021
NOVECENTO, GRAN BELLA STORIA
Torinese, classe 1958, Alessandro Baricco è il fondatore della Scuola Holden, il più prestigioso istituto italiano di scrittura creativa, e come scrittore ha pubblicato romanzi come Castelli di rabbia, Oceano, mare, Seta e City. Novecento è un monologo teatrale che Baricco ha scritto per l'attore Eugenio Allegri e per il regista Gabriele Vacis, che ne hanno fatto uno spettacolo messo in scena nel Festival di Asti nel luglio del 1994. Una volta che Novecento è stato pubblicato, Baricco ha osservato nella prefazione che, più che un testo teatrale (peraltro il primo in cui si fosse cimentato), gli sembrava "un testo che sta in bilico tra una vera messa in scena e un racconto da leggere ad alta voce". E forse è proprio questa la dimensione ideale della storia che Novecento racconta, che è davvero una bella storia: siamo sul Virginian, un piroscafo che fa la spola tra l'Europa e l'America a cavallo tra i due conflitti mondiali. A bordo, trasportati da un capo all'altro dell'Atlantico, ci sono passeggeri ricchi, gente qualunque ed emigranti in cerca di fortuna nel Nuovo Mondo. Sembra che ogni sera sul Virginian si esibisse un eccezionale pianista, dotato di una tecnica straordinaria e in grado di suonare una musica che non si poteva ascoltare da nessuna altra parte in tutto il mondo, una vera meraviglia per le orecchie. Sembra inoltre che quel musicista strepitoso - pare che il suo strano nome per esteso suonasse Danny Boodman T.D. Lemon Novecento - fosse addirittura nato a bordo di quella nave e non ne fosse mai sceso. E sembra che nessuno ne conoscesse il perché. Per quanto breve, Novecento racconta una storia ricchissima e sorprendente, che parla di emigrazione, di sogni, di trovare il proprio posto nel mondo, della possibilità di una vita diversa, di jazz e di America, ovviamente... Da questo libro Giuseppe Tornatore ha tratto nel 1998 il film La leggenda del pianista sull'oceano. Assolutamente da provare.
Alessandro Baricco, Novecento, Milano, Feltrinelli, 1994; pp. 62
venerdì 14 maggio 2021
IO SONO MALALA
Il
sottotitolo dell’autobiografia di Malala Yousafzai, classe 1997, scritta dall’autrice
a quattro mani con la giornalista britannica Christina Lamb, è una bella
dichiarazione d’intenti: “La mia battaglia per la libertà e l’istruzione delle
donne”. E si tratta di una battaglia che parte molto presto: Malala ad appena
undici anni comincia a scrivere su un blog in urdu della BBC le sue
osservazioni sulla vita in Pakistan sotto i Talebani, contrari sia ai diritti
delle donne che al diritto per l’istruzione dei bambini. La tragedia che renderà
Malala un simbolo planetario accade il 9 ottobre 2012, alla fine delle lezioni,
all’uscita da scuola, quando sale sul vecchio autobus per tornare a casa:
improvvisamente sale a bordo un attentatore che le spara, colpendola al volto e
lasciandola a un passo dalla morte. Per Malala è il prezzo da pagare per aver
attirato l’attenzione dei Talebani esprimendo pubblicamente, fin da piccola, il
suo grande desiderio di leggere, studiare e imparare. Miracolosamente però
Malala sopravvive, viene trasferita, priva di coscienza, in un ospedale di
Birmingham e diventa in tutto il mondo l’emblema delle donne che lottano per il
diritto all’istruzione. Il suo impegno l’ha resa nel 2014, a soli diciassette
anni, la più giovane vincitrice di sempre del Premio Nobel per la Pace, che le
è stato conferito ex aequo con l’attivista
indiano Kailash Satyarthi con questa motivazione: “per la loro lotta contro la
sopraffazione dei bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini
all'istruzione”. Io sono Malala è l’appassionato
racconto di questo impegno profuso con coraggio e generosità, in nome della
tolleranza e del diritto all’educazione di ogni bambino del pianeta. Malala ha quindi
continuato a scrivere libri e ad impegnarsi come attivista. Un libro assolutamente
da leggere: nonostante la lunghezza e qualche sprazzo di retorica, le pagine di
questo libro traboccano letteralmente di umanità e di voglia di cambiare il
mondo.
Malala Yousafzai, Io sono Malala, Milano, Garzanti, 2016; pp. 292
lunedì 10 maggio 2021
PRIMO LEVI E IL SISTEMA PERIODICO
Anche
se il titolo sembrerebbe suggerire un trattato di chimica, Il sistema periodico è invece una raccolta di racconti che Primo
Levi (1919-1987) pubblicò nel 1975. Si tratta di ventuno storie che hanno come
titoli altrettanti elementi della tavola periodica, storie che in effetti
parlano anche degli elementi chimici
dei rispettivi titoli, per quanto si tratti effettivamente di racconti
variegati dal punto di vista tematico. Eccoli qua, in successione: si comincia
con l’Argon, seguito rispettivamente dall’Idrogeno, dallo Zinco, dal Ferro, dal
Potassio, dal Nichel, dal Piombo, dal Mercurio, dal Fosforo, dall’Oro, dal Cerio,
dal Cromo, dallo Zolfo, dal Titanio, dall’Arsenico, dall’Azoto, dallo Stagno, dall’Uranio,
dall’Argento, dal Vanadio e quindi dall’ultimo della serie, il Carbonio. Ognuna
delle storie è ovviamente collegata all’elemento chimico che le dà il titolo,
ma ogni volta a questo Leitmotiv si
associano spunti autobiografici di varia natura, che possono variare dagli
esperimenti universitari di Primo Levi ai suoi primi impieghi, dai ricordi
delle sue esperienze nei lager nazisti alle vicende, talvolta vere ma
all’occorrenza anche frutto di fantasia, associate alla professione di chimico:
insomma, Il sistema periodico per
certi versi è anche una sorta di autobiografia non lineare di Primo Levi raccontata
tramite la lente divergente della chimica. L’effetto talvolta è spiazzante ma
nell’insieme i racconti funzionano e si fanno leggere dal primo all’ultimo, Carbonio, che racconta la successione
di legami di un atomo del relativo elemento fino all’impulso per l’azione
decisiva del punto finale nel cervello del narratore (insomma, finisce
letteralmente con il punto che chiude la storia). La raccolta tra l’altro assortisce
anche due racconti di fantasia, Piombo
e Mercurio, che Levi scrisse
all’inizio Quaranta e che dunque costituiscono le sue prime prove letterarie.
Da segnalare una curiosità: a oltre trent’anni dalla pubblicazione Il sistema periodico nel 2006 fu scelto
dalla Royal Institution del Regno Unito come il miglior libro di scienza mai
scritto. In appendice, oltre a una rigorosa cronologia della vita e delle opere
dell’autore, figura anche l’intervista che lo scrittore americano Philip Roth fece
a Primo Levi nel 1986. Assolutamente da provare.
Primo Levi, Il sistema periodico, Torino, Einaudi, 2014; pp. 243
LA METAMORFOSI E ALTRI RACCONTI KAFKIANI
Questa
raccolta assortisce il racconto lungo più celebre di Franz Kafka (1883-1924) e
altri quindici storie decisamente caratteristiche dello stile essenziale ed
inquietante che ha reso l’autore praghese lo scrittore forse più significativo
d’inizio Novecento. La narrativa di Kafka, sia nella misura del romanzo che in
quello del racconto, spesso è infatti basata su situazioni surreali ed
inspiegabili che costringono il protagonista a mettersi alla prova con qualcosa
più grande di lui e senza cognizione di causa: l’effetto in genere è spiazzante
per il lettore, che si ritrova a seguire vicende apparentemente assurde, inspiegabili
e prive di significato apparente. Sotto questo punto di vista La metamorfosi risulta effettivamente
la più emblematica della narrativa kafkiana: il protagonista, Gregor Samsa,
giovane commesso viaggiatore, dopo una notte turbata da sogni inquieti si
sveglia una mattina trasformato in un mostruoso insetto senza avere la minima
idea di quale possa essere la causa della sua mutazione improvvisa. Il risvolto
più inquietante però è che il protagonista neppure si pone il problema di
quanto gli è successo ma cerca semplicemente, per quanto possibile, di andare
avanti come se niente fosse, anche se ovviamente la sua vita non può che essere
stravolta da ciò che gli è, inspiegabilmente, capitato. Il problema che lo
costringerà ad alzarsi in qualche modo dal letto e convivere con la sua nuova
forma è dunque di essere in ritardo al lavoro… Ovviamente la raccolta offre
altri esempi riusciti dell’immaginario kafkiano, come ad esempio Un vecchio foglio, Un sogno e soprattutto Un
messaggio dell’imperatore, in cui il misterioso messaggio dell’imperatore
morente a uno sconosciuto destinatario (che potrebbe anche essere il lettore,
chissà...) diventa per certi versi la metafora di ciò che l’umanità vorrebbe
disperatamente scoprire. Insomma, La
metamorfosi e altri racconti è una raccolta assolutamente da leggere:
pagina dopo pagina, racconto dopo racconto, dimostra implacabilmente il significato
dell’aggettivo kafkiano, che paradigmaticamente indica le situazioni assurde e
incomprensibili che caratterizzano la narrativa del celebre scrittore ceco.
Franz Kafka, La metamorfosi e altri racconti, Varese, Crescere Edizioni, 2019;
pp. 143
domenica 9 maggio 2021
STORIA DI IQBAL
Questo
libro racconta la vera storia di Iqbal Masih, un ragazzo pakistano dodicenne
che in tutto il mondo è diventato il simbolo della lotta contro lo sfruttamento
del lavoro minorile. L’autore di Storia
di Iqbal, Francesco D’Adamo, classe 1949, è ormai da tempo una firma
importante della narrativa per ragazzi: la sua ovviamente è una versione
romanzata della storia di questo coraggioso dodicenne, che forse è stato
descritto, come ammette lo stesso autore nella prefazione, un po’ più bello e
coraggioso di come magari fu nella realtà. D’Adamo invece ci confessa d’aver
inventato di sana pianta il personaggio di Fatima, la compagna di prigionia di
Iqbal che ci racconta la storia in prima persona, anche se sicuramente un’amica
o un amico gli sono stati accanto e hanno condiviso la sua sorte. È appunto
attraverso i ricordi di Fatima che l’autore ci porta nel laboratorio di tappeti
di Hussain Khan, nella periferia di Lahore, dove scopriamo il dramma comune di
tanti bambini ceduti ad un padrone in cambio di pochi dollari e poi ridotti in
schiavitù, incatenati ad un telaio a tessere tappeti in ambienti malsani, caldi
d’estate e freddi d’inverno, a lavorare ininterrottamente da mezz’ora prima
dell’alba fino a sera in cambio di una forma di pane chapati da intingere in
una grande ciotola comune piena di crema di lenticchie, per dormire poche ore
su scomodi giacigli e quindi ricominciare da capo l’indomani, finché non
avranno ripagato il debito delle proprie famiglie. Ma il debito di questi
piccoli lavoratori sta scritto su delle lavagne da cui ogni giorno il padrone,
se lo ritiene opportuno, cancella l’equivalente di una rupia: ma in realtà il
debito non si estingue mai. Un giorno nella fabbrica di Hussain Khan approda Iqbal,
rilevato da un altro padrone che ha deciso di disfarsene, nonostante la
grandissima abilità del ragazzo ad intessere tappeti, per la sua propensione
alla fuga ed il suo carattere particolarmente orgoglioso. Iqbal, come milioni
di altri bambini nella sua situazione, è stato ceduto dai suoi genitori,
contadini finiti in miseria, in cambio di appena 26 dollari. Non passa molto
prima che Iqbal dimostri al suo nuovo padrone di che tempra è fatto,
squarciandogli un tappeto di gran pregio – che lui stesso aveva intessuto,
l’unico tra i piccoli lavoranti della fabbrica ad esserne capace – davanti agli
occhi: è così che il giovane protagonista finirà nel luogo più temuto dai suoi
compagni di schiavitù, la Tomba, una prigione ricavata in una cisterna buia e
malsana. Nonostante le difficoltà, Iqbal riuscirà a fuggire ed avrà il coraggio
di denunciare il proprio padrone che, dopo essersi salvato una prima volta
corrompendo i poliziotti, finirà poi in carcere. Riacquistata la libertà, Iqbal
continuerà ad impegnarsi attivamente in un’associazione contro lo sfruttamento
del lavoro minorile, diventando un simbolo e contribuendo alla liberazione di
centinaia di piccoli schiavi, prima di morire assassinato per mano di sicari
della cosiddetta “mafia dei tappeti” il 16 aprile 1995. Una gran bella storia, insomma:
in questo romanzo di denuncia, triste e realistico al tempo stesso, D’Adamo ci
ricorda il valore della libertà e il diritto dei bambini a crescere in armonia,
a giocare ed a sognare. L’edizione 2015 dell’Einaudi, celebrativa del
venticinquennale della morte di Iqbal, è introdotta da una bella prefazione del
giornalista Gad Lerner, che riflette sull’importanza della figura dello
sfortunato giovane attivista pakistano e su quello che ha rappresentato per i
bambini che lavorano che, dati UNICEF alla mano, nel mondo ammontano a ben 168
milioni, più del 10% della popolazione infantile del pianeta.
Francesco D’Adamo, Storia di Iqbal, Torino, Einaudi, 2021; pp. 141
sabato 8 maggio 2021
L'ETÀ DEI MURI, UN PARADIGMA DEL NOSTRO TEMPO
Carlo
Greppi, classe 1982, è un giovane storico che da anni collabora con Rai Storia
e organizza viaggi della memoria con l’associazione Deina, ha inoltre scritto
libri di narrativa per ragazzi che esplorano tematiche a lui care come appunto
la memoria in Non restare indietro e
il concetto di confine in Bruciare la
frontiera. Nel saggio L’età dei muri
Greppi rilegge il nostro tempo attraverso la lente divergente dei muri e degli
strumenti di divisione in genere: si parte dallo spunto di un frammento del
muro per eccellenza del ventesimo secolo, il Muro di Berlino, portato come souvenir all’autore alla tenera età di
sette anni e qualche mese dal padre, di ritorno da un viaggio nella città
tedesca con l’impressione di aver appena vissuto una svolta epocale. Quel
frammento perduto (ci resterà la curiosità sul relativo ritrovamento) per
Greppi è l’innesco di un viaggio in quella che lui chiama l’età dei muri, in
quanto il Berliner Mauer, una volta abbattuto, è stato seguito da una vera e
propria schiera di sbarramenti divisori in varie parti del mondo. Nel capitolo
incipitario di questo viaggio nella storia Carlo Greppi ci mostra la preistoria
dell’argomento del suo saggio: nel corso dell’Ottocento infatti due uomini, il
francese Joseph Monier e l’americano Joseph Farwell Glidden, elaborano
altrettante invenzioni che si riveleranno decisive per creare divisioni nel
futuro prossimo e venturo, ovvero il cemento armato e il filo spinato, mentre
un terzo, l’inglese Charles Wheatstone, inventerà uno strumento musicale simile
a una fisarmonica, la concertina, che presterà il nome a un tipo di nastro spinato
a grandi bobine che si allargano per creare ostacoli militari dalla prima
guerra mondiale in poi. Da qui L’età dei
muri prosegue raccontando cronologicamente il Novecento attraverso una
serie di archi temporali caratterizzati da muri, divisioni e affini coprendo un
secolo e arrivando fino ai giorni nostri. Non si tratta di un racconto lineare,
però, dato che Greppi ha scelto di mostrarcelo dalle prospettive diversissime
ma con inquietanti punti di contatto di quattro protagonisti del nostro tempo:
si tratta rispettivamente dello storico polacco Emanuel Ringelblum, dell’attivista canadese John
Runnings, del fotografo tedesco Joe J. Heydecker e del mitico cantante
giamaicano Robert Nesta Marley, in arte Bob Marley. Sono quattro uomini che
hanno letteralmente attraversato l’età dei muri: Emanuel Ringelblum ha scelto
di non fuggire dal suo destino ma di farsi rinchiudere nel ghetto di Varsavia
per documentare la Shoah e nascondere le prove per quando tutto sarà finito;
John Runnings ha partecipato al D-Day e poi ha passato una vita da pacifista,
per diventare, già avanti negli anni, il celebre Wall Walker, colui che ha
sferrato la prima picconata al Muro di Berlino; Joe J. Heydecker è entrato
nella Wehrmacht perché la sua famiglia non subisse ripercussioni e da soldato
non ha quasi sparato al nemico, ma è entrato nel ghetto di Varsavia per
fotografare l’orrore, riuscendo a pubblicarne un libro decenni dopo; Bob Marley
è diventato la prima star del terzo mondo grazie al reggae, un nuovo genere musicale, perfetto per superare le
divisioni e celebrare l’amore universale (e non a caso ogni capitolo comincia
puntualmente con una citazione di una canzone del vasto repertorio del cantante
giamaicano). Un gran bel saggio storico, insomma, dove il lettore fluttua tra
quattro indimenticabili uomini persi nei meandri dell’età dei muri, che secondo
Greppi è ben lungi dal concludersi.
Carlo Greppi, L’età dei muri. Breve storia del nostro tempo, Milano, Feltrinelli, 2019; pp. 286
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