
Lui è
Frank McCourt (1930-2009), newyorchese di nascita, irlandese di ritorno e di
nuovo migrante nella Grande Mela, dove è sbarcato in cerca di fortuna ed ha
passato tutta la vita da docente delle superiori, finché da pensionato si è
ritrovato a diventare un incredibile caso letterario internazionale con il bestseller autobiografico Le ceneri di Angela, premiato col
Pulitzer nel 1997 e poi diventato un film di Alan Parker. Dopo l’immancabile sequel Che paese, l’America! è poi arrivato Ehi, prof!, altro memoriale centrato in particolare sul Frank McCourt
dietro la cattedra, un romanzo autobiografico di ambientazione scolastica,
insomma. La storia prende avvio nel marzo 1958 quando il protagonista è in trepidante attesa
dei suoi studenti in un’aula vuota dell’Istituto Tecnico e Professionale McKee,
distretto di Staten Island, New York. Lui, insegnante alle prime armi, sta
giocherellando nervosamente con gli oggetti scalcinati dell’arredo scolastico,
e fin dalle prime battute ci fa capire che ci troveremo spesso a girovagare
per i suoi pensieri con quello stile sarcastico, disincantato e irresistibile
che ormai è diventato il suo marchio di fabbrica: infatti ci dice fin dall’inizio
che il primo giorno ha rischiato il posto per aver mangiato il panino a un
alunno e il secondo giorno, non contento, di averci riprovato facendo un’ambigua
allusione sulla confidenza ‘relazionale’ che gli irlandesi avrebbero con gli
ovini. Dalla prima pagina in poi è un ininterrotto diario di giorni e giorni di
scuola, di centinaia (anzi di migliaia) di alunni spesso senza prospettive ma
con un bagaglio di umanità da vendere che si alternano sui banchi di scuola
davanti al nostro eroe, sempre più sfinito, sempre più assordato dal brusio di
sottofondo della classe durante le sue lezioni ma sempre con la voglia di trovare
il modo di insegnare qualcosa ai suoi ragazzi, non necessariamente quello più convenzionale possibile. E poi ci sono divagazioni imperdibili sulle amenità scolastiche per definizione, come l'irresistibile excursus sulle giustificazioni più fantasiose raccolte negli anni dai suoi studenti. Alla fine, dopo trent’anni di lezioni tra scuole
tecniche (e non) ubicate tra Staten Island, Brooklyn e Manhattan, Frank McCourt
si dichiara stupito di aver resistito tutto quel tempo, anche se da una pagina
all’altra, si fa presto a capire il perché: ha raccontato un sacco di aneddoti
personali, si è fatto continui esami di coscienza per capire dove sbagliava e
aggiustare il tiro, ha sempre provato a fare quella che gli sembrava la cosa
giusta, insomma, è stato umano fino allo squillo dell’ultima campanella della
sua carriera. La prima, che poi ha usato per raccontare la seconda da
scrittore, soprattutto in questo libro. Leggendo Ehi, prof! sembra di vedere all’opera una versione normale del John
Keating del mitico L’attimo fuggente, meno fantasioso e
memorabile ma non meno sognatore, perché il bello di un prof di buona volontà è
non smettere mai di provarci fino all'ultimo secondo dell'ultima ora di lezione. Assolutamente da leggere nonché auspicabile come
lettura obbligatoria per qualunque docente contemporaneo.
Frank McCourt, Ehi, prof!, Milano, Adelphi, 2006;
pp. 309