L'ultima fatica della scrittrice e giornalista spezzina Fulvia Degl'Innocenti s'intitola Sottovoce ed è l'ennesimo titolo di una carriera ventennale nell'ambito della narrativa per ragazzi. Si tratta a tutti gli effetti di un romanzo di formazione che gioca le sue carte migliori nel versante del sovrannaturale e che nella parte conclusiva si trasforma a tutti gli effetti in una tipica ghost story sullo stile di Amabili resti. La storia parte da lontano mostrandoci una strana "dote" della protagonista, Caroline, che emerge nell'infanzia, mentre la bambina sta accompagnando la nonna al cimitero e si accorge, senza essere capace di razionalizzare tale capacità, di riuscire ad avvertire le presenze dei defunti. Crescendo, e passando attraverso la separazione dei genitori, Caroline, ormai adolescente, è costretta a trasferirsi in una nuova casa, in un quartiere diverso da quello in cui ha passato i suoi primi anni: sceglie per sé la stanza più allettante, una mansarda, e comincia ad esplorare la nuova zona, compreso il cimitero abbandonato nei dintorni, si fa anche dei nuovi amici come Ruth e Eddie, un tipo un po' disconnesso appassionato di dietrologia e di storie horror. Qui le strane sensazioni che Caroline sentiva da bambina riaffiorano sotto forma di incubi e diventano un grosso problema, tanto che la madre, che nel frattempo ha perso il lavoro al giornale cittadino, accetta di trasferirsi in provincia per scrivere su un piccolo quotidiano locale. Anche qui Caroline tornerà ad avvertire voci provenienti dalla dimensione del cosiddetto "invisibile", ma stavolta deciderà di assecondarle e indagare, ritrovandosi invischiata nelle tragiche storie di tre ragazze scomparse nel nulla molti anni prima e di cui le famiglie non hanno saputo più notizie. Riuscirà a risolvere i loro casi, che sembrano misteriosamente intrecciati? Forse, e, magari anche rischiando in prima persona per trovare il colpevole... Sottovoce in ossequio al titolo si rivela una storia di formazione a tinte paranormali che inizia a scavare come una piccola goccia nell'orizzonte d'attesa del lettore, con una sequenza di piccole esperienze apparentemente senza importanza che, col passare delle pagine, diventeranno sempre più inquietanti, fino a farci sprofondare in un vero e proprio thriller adolescenziale sospeso tra sprazzi di cronaca nera e una serie di inspiegabili SOS dall'oltretomba. Un bel romanzo per ragazzi che si fa leggere tutto d'un fiato, insomma...
Fulvia Degl'Innocenti, Sottovoce, Milano, Pelledoca, 2020; pp. 143
venerdì 15 gennaio 2021
giovedì 14 gennaio 2021
VAI ALL'INFERNO, DANTE!
Non è certo un giornalista sportivo come tutti gli altri, Luigi Garlando,
classe 1962, una delle migliori firme della "Gazzetta dello Sport" e
da anni convincente autore di narrativa per ragazzi con titoli come Per questo mi chiamo Giovanni o la
popolare serie Gol! della Piemme.
L'ultima fatica di Garlando s’intitola Vai
all’Inferno, Dante! e prende ispirazione dal suo hobby di collezionare edizioni della Commedia di Dante in tutte le nazioni dove gli capita di viaggiare.
Il protagonista del romanzo si chiama Vasco, rampollo quattordicenne della
nobile e antica famiglia fiorentina dei Guidobaldi, che vive in una splendida
magione cinquecentesca, la Gagliarda, e vanta pure un antenato che ha
combattuto nelle Crociate. Il buon Vasco però non si può certo definire un
ragazzo esemplare: frequenta con scarso impegno la terza media (per la seconda
volta), non ha il benché minimo rispetto per i suoi prof e si diletta facendo
scherzi riprovevoli al malcapitato di turno insieme ad amici della sua stessa
risma. Apparentemente il suo unico pregio è quello di essere un imbattibile
giocatore di Fortnite (non proprio il videogame
più istruttivo del pianeta) seguito da cinquantamila followers e con la
prospettiva di diventare un gamer professionista. Le cose si complicano quando,
in procinto di ottenere l'ennesima Vittoria Reale, trova sulla sua strada un
avversario che si chiama Dante, porta il classico copricapo dell'autore della Divina Commedia e parla pure in
versi... Il buon Vasco, umiliato in diretta YouTube, medita vendetta finché non
gli capita d'incontrare in carne ed ossa la sua nuova nemesi, che sembra
veramente Dante Alighieri, si esprime esclusivamente attraverso terzine di
endecasillabi e per giunta afferma d'essere stato rimandato nel mondo terreno
per togliere il buon Vasco dalla selva oscura esistenziale da cui non il
ragazzo non pare capace di tirarsi fuori. Sì, in effetti una storia che
assomiglia parecchio a quella raccontata nel suo divino poema... Fatto sta che
da questo momento Vai all'Inferno,
Dante! inizia a proporre al lettore invenzioni a ripetizione: un rapper ecologista e un rapper commerciale che sogna di
smetterla per dedicarsi all'apicoltura, un sogno sportivo impossibile come la
Fiorentina che contende lo scudetto alla Juve, la scoperta della solidarietà
(al Meyer di Firenze, of course),
tanti sprazzi videoludici e un lutto mai superato. Insomma, per un terzo del
romanzo Garlando ci fa indignare con le perfide marachelle di un bad boy della Firenze dei giorni nostri,
poi nel resto della storia ci intriga con una metamorfosi esistenziale
apparentemente impossibile. Il romanzo convince anche per la felicità delle
invenzioni linguistiche, non soltanto a livello di endecasillabi ma anche sul
versante dello slang giovanile tra social
e videogames. Risultato: cinquecento
pagine che volano via, e non è mica poco…
Luigi
Garlando, Vai all'Inferno, Dante!,
Milano, Rizzoli, 2020; pp. 503mercoledì 13 gennaio 2021
NEXT, PICCOLO LIBRO SULLA GLOBALIZZAZIONE
Il sottotitolo di Next definisce questo lavoro di Alessandro Baricco come un “piccolo libro sulla globalizzazione e sul mondo che verrà” ma, più che dirci quale esattamente sia il significato (o i molteplici significati) del suo oggetto di ricerca, lo scrittore torinese con molta umiltà cerca di capire (lui per primo) origini, dimensione, portata ed aspetti nascosti del fenomeno. Il volume raccoglie quattro lunghi articoli dedicati al tema della globalizzazione, scritti dall’autore di Oceano mare, Seta e City all’indomani dei tragici fatti del G8 di Genova, pubblicati su “Repubblica” e riediti appunto in Next con qualche rimaneggiamento e l’aggiunta di un’interessante sezione finale di bonus tracks, una sorta di note di approfondimento per capire meglio il suo complesso oggetto di ricerca. Baricco, classe 1958, si è avvicinato ad una delle tematiche più dibattute del momento con lo stato d’animo di chi, come molti altri, ha trascurato la globalizzazione e gli argomenti ad essa correlati e, dopo la scossa emotiva di quella tragedia, ha avvertito un colpevole disagio, scegliendo di tentare almeno di tratteggiare i contorni del complesso fenomeno, perché non è mai troppo tardi per provarci. Il libro, oltre ad un successo di pubblico superiore alle aspettative, ha innescato molte polemiche a livello critico, ma è doveroso riconoscere a Baricco di aver dato un lodevole esempio di onestà intellettuale: Next affronta il tema di riferimento dall’ottica del neofita dichiarato e preoccupato di inquadrare il problema nei giusti termini, facendo chiarezza sui propri dubbi in proposito. A prescindere dall’assoluto rigore dei concetti che Baricco va enucleando pagina dopo pagina, l’interesse del volume è risposto forse proprio nel suo metodo di ricerca, caratterizzato da un linguaggio scarno ed essenziale, non tanto per il vezzo di svelare ardue verità ad un pubblico di non iniziati, quanto invece perché, affrontando un campo a lui stesso non congeniale, è l’autore stesso a sentire il bisogno di procedere fissando concetti base: alla fine, esaurito questo percorso maieutico, più che il tragitto, si ricorda appunto il metodo dell’approccio utilizzato, la via indicata, insomma. La rotta d’avvicinamento scelta da Baricco punta sui numerosi pseudo-dogmi circolanti in materia di globalizzazione – gli isolatissimi monaci tibetani che navigano su Internet, la Coca Cola o le Nike che si trovano ovunque, la possibilità di comprare azioni online o qualunque altra cosa – per smontarli uno ad uno e chiedersi: se in fondo pochissimi acquistavano libri o titoli in rete, se i monaci tibetani non erano affatto netsurfers, se in India la Coca Cola si trova, ma solo a beneficio dei turisti o dei ricchi locali, allora perché c’era bisogno di veicolare simili informazioni? Perché dare l’idea che la globalizzazione fosse l’ultima frontiera, il futuro che è già qui, ciò da cui non si può più prescindere? Forse perché la proiezione fantastica di nuove sterminate frontiere economiche, se considerata reale, finirà per divenire reale ed indispensabile. Il progresso è stato finanziato dai detentori dei grossi capitali, desiderosi di creare una nuova frontiera, gli artefici del treno diretto verso l’ultimo West possibile, ovvero il West virtuale. Chiaramente i costi umani fanno parte del gioco ed il progresso, la cosiddetta Best Next Thing, implica vittime sacrificabili: secondo Baricco i no-global sono quei pionieri del nuovo millennio saltati giù dal treno perché si erano accorti che la meta non era più eticamente condivisibile.
Alessandro Baricco, Next, Milano, Feltrinelli, 2002; pp. 90
sabato 9 gennaio 2021
BENIGNI E IL "SUO" DANTE
È un tipo di libro che potremmo definire ingenerosamente... pleonastico, Il mio Dante di Roberto Benigni, per dire in modo molto educato che avrebbe potuto farne a meno. È peraltro un libro che neppure lui stesso pensava di scrivere, ma che gli è stato suggerito, per così dire, dall’editore Einaudi, pensato e concepito per la fortunata collana “Stile Libero” e poi felicemente riedito in quella altrettanto fortunata degli "Einaudi Tascabili". Un'operazione dichiaratamente commerciale, insomma... Ma è anche vero che si tratta di un volumetto intrigante e molto gradevole da sfogliare, che sfodera un breve ma arguto scritto introduttivo nientemeno che del professor Umberto Eco, più una corposa ma agile presentazione che Benigni ha fatto distillando il succo delle sue fortunatissime Lecturae Dantis portate con successo in giro per l’Italia e capaci di ottenere incredibili indici d’ascolto anche sul piccolo schermo, emozionando il pubblico con un argomento non immediato come la Divina Commedia del sommo Dante Alighieri. Anche sulla pagina scritta si evince infatti il grande entusiasmo, l’efficacia didattica e l’immediatezza che Benigni ha mostrato a meraviglia sul palcoscenico, facendoci anche sorridere ma senza trascurare le spiegazioni lessicali, gli accenti, le figure retoriche, i motivi, le storie ed i personaggi dei canti affrontati volta per volta. Già, perché, oltre che attore da Oscar, regista ispirato, comico prodigioso, enigmista per diletto, Roberto Benigni è indubbiamente anche un raffinato ed atipico esempio di intellettuale, dotato tra l’altro di una rara capacità divulgativa anche relativamente a materie di solito ostiche da trattare ma che diventano fruibili e godibili grazie al suo stile leggero e rigoroso al tempo stesso. Con i tempi che corrono c'è davvero da tenerselo stretto un personaggio così... A corredo del volume figurano in versione integrale i tredici canti della Divina Commedia che Roberto Benigni ha trattato nel suo spettacolo e l'intrigante genesi del progetto "TuttoDante" raccontata da Valentina Pattavina. Insomma, un libro non indispensabile ma vivamente consigliato, soprattutto per i neofiti della Commedia.
Roberto Benigni, Il mio Dante, Torino, Einaudi, 2010; pp. 147
venerdì 8 gennaio 2021
DANTE E IL CIRCOLO SEGRETO DEI POETI
Un romanzo per ragazzi su Dante? Una sfida difficile sulla carta, ma Silvia Vecchini, una scrittrice specializzata nella narrativa per adolescenti, è riuscita a vincerla con Dante e il circolo segreto dei poeti. La storia si apre ovviamente a Firenze, nel lontano 1277, quando il futuro autore della Divina Commedia ha appena dodici anni e coltiva un paio di sogni di quelli davvero importanti: il primo è diventare un poeta celebre al pari del grande Virgilio o almeno quanto Guido Cavalcanti, un giovane letterato che si è già fatto notare a livello cittadino con le sue rime, mentre il secondo è conoscere Beatrice, una ragazza a cui non riesce a smettere di pensare da quando l'ha vista per la prima volta. Tutto procede in modo apparentemente normale nella vita del giovane Dante, che passa le sue giornate per le vie di Firenze in compagnia dell'amico Lapo Gianni, suo coetaneo, a sognare un futuro ben diverso da quello che Alighiero immagina per lui. Un'improvvisa svolta sembra arrivare quando Guido Cavalcanti offre a Dante di entrare in un circolo segreto di poeti, ma prima di coronare questo sogno il nostro eroe dovrà arrovellarsi non poco per risolvere un intrigo davvero pericoloso, oltre che superare tre prove apparentemente proibitive, ma c'è da immaginarsi che il futuro autore della Vita Nova e della Commedia riuscirà senz'altro a superarle... Dante e il circolo segreto dei poeti cattura l'attenzione fin dalle prime pagine, che ci mostrano il nostro giovane eroe mentre scorrazza per le vie del centro storico fiorentino per riuscire a vedere anche per pochi secondi il suo oggetto d'amore, Beatrice, finendo per scontrarsi col cattivo della storia, il violento Corso Donati, e vivere una brutta disavventura. Nel prosieguo la trama scorre sui due binari paralleli dei sogni danteschi cui si alludeva in apertura, lasciando il lettore col fiato in sospeso fino all'immancabile happy ending, che arriva in modalità intriganti e affatto scontate. Assolutamente da leggere per un approccio atipico col più grande poeta della letteratura italiana... quando ancora doveva diventarlo. Il libro fa parte della collana "Sì, io sono", che propone romanzi per romanzi ispirati alle biografie giovanili di celebri personaggi del mondo dell'arte, della scienza e della letteratura.
Silvia Vecchini, Dante e il circolo segreto dei poeti, Roma, Lapis Edizioni, 2010; pp.
mercoledì 30 dicembre 2020
GHOST: UNA STORIA DI SPORT & DISAGIO SOCIALE
Per l’anagrafe
lui è Castle Cranshaw, anche se preferisce farsi chiamare Ghost: è un ragazzo
senza molti punti fermi nella vita, a parte la bustina di semi di zucca che ogni
santo giorno compra nel negozio del vecchio Mr. Charles e… correre. Castle ha
la consapevolezza di saper correre sul serio da quando una sera suo padre (che
amava i semi di zucca come lui) è stato abbrutito senza ritorno dall’alcool ed ha
sparato al figlio e alla moglie mentre scappavano di casa, per poi finire
dritto in galera senza fiatare. Da quel giorno la vita è stata particolarmente
grama per il giovane protagonista, che non riesce mai a tenersi lontano dagli
alterchi con chi lo provoca per il suo taglio di capelli strampalato, per i
vestiti troppo grandi e poco trendy o
per il fatto che abita a Glass Manor, che non è proprio il posto più elegante
della città. Tutto cambia quando Ghost scorge un gruppo di ragazzi che si
stanno allenando nella pista d’atletica del parco e, senza saper bene neanche
lui perché, si ritrova a sfidare il più veloce di loro, finendo peraltro per ‘asfaltarlo’
nonostante sia vestito in modo improponibile per correre (e non abbia mai preso
in seria considerazione nessuno sport tranne il basket). Fatto sta che l’impresa
colpisce subito l’attenzione dell’allenatore del gruppo, Coach Brody, tassista
ed ex medaglia d’oro olimpica che assomiglia in modo inquietante a una
tartaruga con un dente scheggiato. Il buon Ghost entra così nella squadra dei
Defenders, a patto di tenersi lontano dai guai, ma ben presto scoprirà di non
essere particolarmente fortunato su questo fronte. Ghost è un romanzo di formazione di ambito sportivo che prende
subito per la prospettiva dal basso del protagonista, che vive in una
situazione svantaggiata con una madre sola e senza troppe prospettive, peraltro
oppresso da un trauma infantile con cui è dura scendere a patti, però di buon
cuore ed anche piuttosto cool,
qualità non banali per il quartiere in cui vive e cerca di tirare avanti. A
parte la trascinante sequenza di disavventure che Ghost si trova costretto a
superare, la storia prende anche per i dettagli di atletica che la
contrappuntano e per lo spirito di squadra che la pervade. Senza spoilerare troppo,
colpisce anche lo spaccato di interiorità che Jason Reynolds ci regala un
attimo prima dei titoli di coda. Da provare.
Jason Reynolds, Ghost,
Milano, Rizzoli, 2020; pp. 191
LA STRAORDINARIA INVENZIONE DI HUGO CABRET
Di questo romanzo hanno scritto che si tratta del “primo libro in cui le parole illustrano le immagini”, ed in effetti questa definizione è decisamente calzante per La straordinaria invenzione di Hugo Cabret di Brian Selznick, classe 1966, celebre illustratore per ragazzi che è riuscito a realizzare un’opera che è la perfetta sintesi tra un romanzo di formazione, una graphic novel a carboncino e un atto d’amore per il cinema muto (e la fantasia in genere). È un libro per ragazzi, indubbiamente, ma è confezionato proprio come la narrativa per adulti con la “N” maiuscola: si comincia con una prefazione che incornicia la storia vera e propria, presentataci, con tanto di consigli per una corretta fruizione, da un certo Professor Alcofrisbas, la cui identità scopriremo solo alla fine. Voltata pagina, inizia subito la magia: attraverso una prospettiva ‘telescopica’ arriveremo nella Parigi del 1931, in una stazione, dietro un orologio dal quale un ragazzino sta tenendo d’occhio l’anziano gestore di un chiosco di giocattoli. Hugo è un orfano che ha perso il padre, provetto orologiaio morto a causa di un incendio nel museo in cui lavorava, ed è stato adottato dallo zio alcolizzato che vive nei meandri della stazione, con l’incarico di tenere gli orologi in efficienza. È ormai da tempo però che lo zio non ha più fatto ritorno e Hugo è abbandonato a se stesso, sopravvive con piccoli furti e continua a provvedere agli orologi della stazione per evitare che qualcuno si accorga dell’assenza del suo tutore. L’unica luce nella solitudine del ragazzo è la sola eredità che il padre gli ha lasciato, un vecchio automa a carica che rappresenta uno scrivano ed a cui il padre di Hugo ha continuato a lavorare fino alla tragica notte in cui è morto: il giovane protagonista infatti è sicuro che il genitore sia riuscito a ripararlo e gli abbia affidato il suo ultimo messaggio per lui, così ha cercato di ripararlo seguendo gli appunti paterni e procurandosi i pezzi di ricambio dal chiosco di giocattoli della stazione. Le cose peggiorano quando il vecchio negoziante lo pesca con le pive nel sacco e gli sequestra il taccuino del padre, restandone turbato e ripromettendosi di distruggerlo. Per rientrarne in possesso Hugo cercherà l’appoggio di Isabelle, la figlioccia del negoziante, molto intrigata dal suo nuovo amico e dall’avventura che le si prospetta davanti. Passando attraverso molteplici citazioni letterarie e la fantasmagorica scoperta del cinema – soprattutto le straordinarie invenzioni su celluloide di Georges Méliès, il cineasta che ideò il concetto stesso di effetti speciali –, arriverà anche il tassello narrativo decisivo per mezzo della chiave a forma di cuore che serve ad attivare l’automa di Hugo (e le meraviglie che ne deriveranno). Il tutto per arrivare all’immancabile happy ending che chiuderà la vicenda in modo impeccabilmente circolare. Una gran bella storia, che impone al lettore l’assoluta necessità di scoprire dove lo porteranno i primi passi inquieti del protagonista, attraverso la sua particolare prospettiva del mondo e la sua frenesia per la soluzione dell’ultimo mistero del padre perduto. L'alchimia tra disegni e narrazione è assolutamente funzionale a tratteggiare una storia di formazione davvero coinvolgente. Passate parola.
Brian Selznick, La straordinaria invenzione di Hugo Cabret, Milano, Mondadori, 2007; pp. 544
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