giovedì 24 aprile 2025

DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO D'AMORE

L’autore di questa raccolta è Raymond Carver (1938-1988), uno scrittore considerato il nume tutelare della short story americana e del cosiddetto minimalismo, una tendenza letteraria diffusasi negli Stati Uniti negli anni Ottanta del secolo scorso, che tratteggia squarci di realtà quotidiana con uno stile essenziale. Di cosa parliamo quando parliamo d’amore comprende diciassette racconti che, nel loro insieme, rileggono tout court il concetto di narrativa breve, realizzando un salto in avanti sul piano del realismo, paragonabile forse soltanto alla forza dialogica (e anche al non detto) dei racconti di Ernest Hemingway. Carver riesce nell’impresa di catturare, nei propri testi, la lingua d’uso del suo tempo così come se ne servivano i suoi personaggi privilegiati: la gente comune, “fotografata” nelle sue idiosincrasie, nelle sue dipendenze – a partire da quella dell’alcolismo, vissuta in prima persona dall’autore – e nei suoi lavori ordinari, senza prospettive. Carver scriveva di ciò che aveva intorno e sotto gli occhi giorno dopo giorno. Semplicemente, scriveva racconti brevi perché la vita stressante di ogni giorno non gli consentiva di mantenere la concentrazione necessaria per affrontare un romanzo. Scriveva di getto, per poi rielaborare per sottrazione, cogliendo l’essenziale delle storie che lo avevano colpito. Sembra niente, invece fu una sorta di rivoluzione copernicana per quei lettori che si lasciarono incantare da questo straordinario cantore della normalità e della quotidianità, mentre altri si limitarono a bollarlo, superficialmente, come uno scrittore deprimente. In effetti, il milieu e le situazioni di certi suoi racconti potrebbero inizialmente dare questa impressione; in realtà, nascondono una ricchezza umana difficile da trovare altrove. Basti pensare al racconto che apre la raccolta, Perché non ballate?, che mostra una coppia di giovani innamorati in cerca di mobilia a buon mercato nel giardino di un uomo di mezza età che dà l’impressione di essersi da poco separato (e dell’incontro umano che ne deriva). Tra i racconti notevoli della raccolta, corre l’obbligo di citare almeno Di’ alle donne che andiamo, che narra la deriva di due uomini in libera uscita senza le rispettive compagne, e ciò che ne segue fino al dirompente finale di ordinaria brutalità. Molto efficace anche lo scenario di incomunicabilità tra due divorziati raccontato in Un discorso serio: Burt torna nella vecchia casa dove l’ex moglie Vera continua a vivere con i figli, deciso a fare con lei un discorso serio sul loro rapporto, un discorso che aleggia su tutta la storia senza che la comunicazione tra i due si attivi mai veramente. Il tutto è narrato in modo estremamente naturale, come se la storia si raccontasse da sola, sviluppandosi frase dopo frase. Esemplare, da questo punto di vista, anche il racconto che dà il titolo al libro, che fotografa la conversazione tra due coppie molto diverse, impegnate a bere e discutere su cosa sia veramente l’amore – un concetto che resta indecifrabile fino all’ultimo –. Una raccolta assolutamente da scoprire, un racconto dopo l’altro.

Raymond Carver, Di cosa parliamo quando parliamo d’amore, Roma, Minimum Fax, 2009; pp. 153

domenica 13 aprile 2025

I BEATLES. I FAVOLOSI QUATTRO

Uscita nella collana “Grandissimi” delle Edizioni EL, I Beatles. I favolosi quattro è una biografia illustrata del più grande gruppo rock della storia, ovvero i Beatles, noti anche come i Fab Four, capaci di infrangere qualunque record di vendita e di popolarità mai raggiunti in precedenza da altri gruppi o artisti solisti tra il 1962 e il 1970, l’anno del loro scioglimento. L’autore del libro è un grande scrittore di narrativa per ragazzi del calibro di Pierdomenico Baccalario – tra le sue opere principali da segnalare Lo spacciatore di fumetti e Le volpi del deserto –, che in poco più di cinquanta pagine riesce nell’obiettivo di ricostruire in modo essenziale ma efficace gli esordi dei Beatles, i principali snodi della loro carriera, un nugolo di personaggi a loro vicini, gli aneddoti principali sul loro magico gruppo, i principali dischi. Si comincia scendendo le scale del Cavern, un locale di musica dal vivo di Liverpool, insieme a Brian Epstein, il loro futuro manager, in cerca del gruppo che ha inciso un disco che non riesce a trovare in nessun catalogo (My Bonnie) ma che molti clienti del suo negozio di dischi continuano a chiedergli. Quando Epstein si trova davanti i primi Beatles intuisce subito il potenziale di questa band dinamica ma poco professionale e – dopo aver conosciuto il chitarrista George Harrison, il cantante e chitarrista John Lennon, l’altro cantante e bassista Paul McCartney, e infine il batterista… Pete Best – si propone subito come manager. Sarà proprio lui a trovare un po’ per caso un’etichetta discografica disposta a far firmare ai quattro ragazzi un contratto, ma il produttore esige che si trovino un batterista più dotato, e la scelta di John, Paul e George cade su Ringo Starr, all’anagrafe Richard Starkey. E comincia così l’avventura musicale più avvincente di tutti i tempi: il successo arriva fin dal primo 45 giri, Love Me Do, e subito scoppia la Beatlemania: i ragazzi d’Inghilterra e poi di tutto il mondo iniziano a vestirsi come i Fab Four, che sfornano singoli e album che finiscono regolarmente al numero uno di tutte le classifiche, girano due film, fanno concerti ovunque e talmente pieni di gente che non riescono nemmeno a sentirsi tra loro quattro sul palco. Così nel 1965 decidono di dedicarsi soltanto a registrare album in studio e incidono capolavori a ripetizione: Rubber Soul, Revolver (con la mitica copertina psichedelica di Klaus Voormann), Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (il primo concept album della storia), un album doppio completamente bianco (The White Album), Abbey Road (con la celebre copertina di loro quattro sulle strisce pedonali davanti agli studi di registrazione) e infine Let It Be, assemblato dal produttore Phil Spector quando ormai il gruppo era già sciolto. E nel mezzo c’è la colonna sonora del cartoon Yellow Submarine, lo strano esperimento del Magical Mystery Tour, l’esecuzione in mondovisione di All You Need Is Love e l’ultimo concerto sul tetto della Apple (il cosiddetto “Rooftop Concert”). Assolutamente da leggere.

Pierdomenico Baccalario, I Beatles. I favolosi quattro, Edizioni EL, 2017; pp. 74

sabato 5 aprile 2025

TESTI E NOTE DI ISAAC ASIMOV

La raccolta Testi e note è un'antologia che raccoglie ventiquattro racconti di fantascienza scritti dal grande Isaac Asimov tra il 1950 e il 1973 e già usciti in Italia in due distinti volumi della collana Urania. Negli Stati Uniti la raccolta si intitolava Buy Jupiter and Other Stories, un titolo che ha una storia piuttosto curiosa: uno dei racconti inclusi, infatti, il brevissimo e fulminante It Pays (tradotto in italiano con Pianeta comprasi), venne ribattezzato da un editor piuttosto creativo in Buy Jupiter – un gioco di parole con l’esclamazione inglese “By Jupiter!” – e ad Asimov (che neanche era stato consultato al riguardo) piacque così tanto che lo scrittore americano lo adottò addirittura per l'intera raccolta. L'edizione italiana propone invece un titolo come Testi e note che rende bene l'idea dell'elemento distintivo del volume, ovvero le introduzioni e i commenti dell'autore che accompagnano ogni racconto. Sono proprio quelle “note”, scritte da Asimov col suo caratteristico stile affabulatorio e ricco d'ironia a fare la differenza: l'autore di Io, robot racconta infatti come e perché tutte le storie sono nate, per quali riviste sono state scritte e quale accoglienza hanno ricevuto. Ne scaturisce un autoritratto informale, leggero e ricco di aneddoti simpatici, che aiuta a comprendere meglio non solo l’evoluzione dell'autore di fantascienza unanimemente riconosciuto come il più grande, ma anche come funzionava la macchina editoriale americana alla sua epoca. Il tratto distintivo dei racconti in genere è la loro brevità e varietà, nel complesso sono un’efficace esemplificazione del miglior Asimov: alcuni sono piccoli esperimenti narrativi, altri calibrati esercizi stilistici, altri ancora delle gemme di acume e umorismo. I racconti in assoluto più memorabili sono forse quelli della seconda parte, come l'esemplare Razza di deficienti! - in cui i terrestri prima sono segnalati come degni di entrare nei registri galattici di Naron e poi subito cancellati perché votati all'estinzione -, la divertente speculazione narrata in Pianeta Comprasi e la strepitosa riflessione sul senso ultimo dell'evoluzione robotica che emerge in Parola-chiave. Insomma, chi apprezza la fantascienza in Testi e note troverà pane per i propri denti, chi ama Asimov ci troverà tutto il resto.

Isaac Asimov, Testi e note, Milano, Mondadori, 1985; pp. 186

UNA RACCOLTA DI SAGGI ERRANTI DA DANTE A FENOGLIO

L’ultima fatica di marca critica di Hans Honnacker, docente di materie letterarie di chiara origine tedesca ma fiorentino d’adozione, è una raccolta di saggi che s’intitola Da Dante a Fenoglio. Si tratta di un percorso ondivago tra le ricerche letterarie dell’autore nell’ultimo trentennio, come testimoniato dal sottotitolo Sentieri letterari ‘erranti’, e anche dell’ideale chiusura di una tetralogia saggistica pubblicata con le Edizioni Erasmo a partire da Amore furioso: l’Ariosto e oltre nel 2016, continuata con Dante e oltre nel 2022 e quindi con Semplicemente Ariosto nel 2024. La raccolta presenta complessivamente cinque saggi critici, più una postilla e un’appendice che completano il volume, peraltro impreziosito da una serie di originali illustrazioni realizzate dagli ex studenti dell’autore. I saggi sono tutti inediti, ad eccezione del primo, dedicato a Dante, che descrive un'intrigante ricostruzione del personaggio di Attila tra Il Cantare dei Nibelunghi e la Commedia, opere (diversissime) che presentano due ritratti quasi opposti del leggendario sovrano degli Unni. Il secondo saggio della raccolta è invece una riflessione sulla funzione dell’ossimoro dolce-amaro nella concezione dell’amore che emerge dal Canzoniere di Francesco Petrarca, dove ha una frequenza che salta subito all’occhio. Il terzo saggio è un’indagine sul personaggio di Rinaldo nella Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, dove uno storico protagonista della tradizione cavalleresca viene scelto dall’autore come capostipite della dinastia estense (oltre che come eroe centrale del poema) con un esito più convincente in chiave encomiastica rispetto a quanto fatto dai suoi illustri predecessori Boiardo e Ariosto con la figura di Rugiero/Ruggiero, cavaliere pagano convertito alla fede cristiana divenuto poi similmente fondatore degli Este. Il quarto contributo è un’intrigante riflessione sull’importanza della forma dialogica nelle Operette morali di Giacomo Leopardi e sul rapporto di tale opera con l’apice della produzione lirica del poeta di Recanati, i cosiddetti Grandi idilli. Il quinto e ultimo saggio della raccolta è un confronto tra due romanzi molto diversi della letteratura italiana novecentesca quali Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio e Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda tramite il diverso uso del pastiche linguistico in entrambe le opere. La verve enciclopedica dell’autore tedesco si esplica anche nei due contributi che il volume offre in limine: il primo è un frizzante studio del personaggio di San Nicola e della sua metamorfosi innescata dalla nascente globalizzazione di marca americana nel Babbo Natale della pubblicità della Coca Cola, mentre il secondo è un poemetto giovanile in prosa ispirato dal primo viaggio in Grecia compiuto da Honnacker da adolescente (peraltro con traduzione a fronte dal tedesco). Insomma, una raccolta di saggi davvero interessante, vivamente consigliata agli eruditi ed ai curiosi generici.

Hans Honnacker, Da Dante a Fenoglio, Livorno, Edizioni Erasmo, 2024; pp. 113

venerdì 4 aprile 2025

JACK FRUSCIANTE È USCITO DAL GRUPPO DI ENRICO BRIZZI

Beh, leggere un libro come Jack Frusciante è uscito dal gruppo potrebbe essere anche una buona idea, direbbe senza dubbio il vecchio Alex, un tardoadolescente che col flusso dei suoi pensieri forse cerca di catturare, uh, il senso della vita. Quel roccioso ama pensare soprattutto pestando sui pedali della sua bici come un Girardengo appena più basso e rock, mentre si guadagna la salita verso il Seminario per approdare a una casa in mezzo al bosco dove vive Adelaide, per gli amici Aidi, che potrebbe anche essere la sua ragazza (ma di fatto non è tale). Lei e il vecchio Alex sono più che amici, oltre gli innamorati, semplicemente sono al di là, ecco. E la loro storia di stare insieme senza stare insieme è pure a tempo determinato perché Aidi, perdonatela, ha un biglietto aereo per gli States nel cassetto e dal prossimo settembre passerà un anno in Pennsylvania, così al nostro pirata non resterà che aspettare e stare a vedere. La trama è più o meno questa, sintetizzata con le parole che il buon Enrico Brizzi userebbe con quella sorta di terza persona confidenziale di marca bolognese di cui si serve per narrare le avventure esistenziali di quel roccioso del suo protagonista, parole peraltro alternate a quelle trascritte dall’archivio magnetico di Alex D. e dettate al suo fedele magnetofono (ovviamente in prima persona). C’è qualcosa di più, certo, inutile dirlo, ma l’umile scriba recensore preferisce scriverlo comunque: le disillusioni di un adolescente quasi a fine percorso che non vorrebbe essere incasellato nel destino annunciato che lui e tutti i suoi coetanei sembrano avere disteso all’orizzonte, le pruderies culturali che comunque in qualche modo lo colpiscono ed eccitano la sua curiosità, quel senso di incompiuto ma che al contempo pare già scritto che caratterizza da sempre tutti i tardoadolescenti che si rispettino dal buon Holden Caulfield in poi e di cui Jack Frusciante è uscito dal gruppo è un indimenticabile canto elegiaco in forma di romanzo. Il libro d’esordio di Enrico Brizzi sostanzialmente è una fotografia (letteraria) del canto del cigno della generazione X catturata in movimento sul fronte scolastico (il classico Caimani è tratteggiato come una prigione con sprazzi d’ore d’aria), sul versante sociale (un pugno di rockettari con il sogno di un disco d’esordio) e ovviamente dal punto di vista sentimentale – il roccioso Alex D. che s’innamora della ragazza perfetta, anche se presto dovrà salutarla per un anno intero –. Sembra un’accozzaglia improbabile e scontata, invece il mix si rivela originale e cattura il lettore fin dalle prime pagine per non lasciarlo più e a tale scopo mi giova ricordare che la prima volta mi capitò di sfogliarlo solo per dare un’occhiatina a un libro posato su un asciugamani steso su una spiaggia: lo lessi tutto d’un fiato astraendomi dal sole e dal mare per restituirlo alla legittima proprietaria qualche ora dopo. E questo rende questo romanzo un libro decisamente da consigliare al prossimo…

Enrico Brizzi, Jack Frusciante è uscito dal gruppo, Milano, Baldini & Castoldi, 2006; pp. 182

mercoledì 2 aprile 2025

IL LEONE, LA STREGA E L'ARMADIO: UN GRANDE CLASSICO DI C.S. LEWIS

Il professor C.S. Lewis (1898-1963), docente di lingua e letteratura inglese all’università di Oxford, cominciò a scrivere il romanzo fantasy per ragazzi Il leone, la strega e l’armadio nel 1949: il libro, che fu pubblicato nel 1950, fu il primo episodio del ciclo di Narnia, che sarebbe stata completato da altri cinque capitoli e da un prequel, Il nipote del mago (non a caso nella prima edizione completa della saga il volume apripista fu inserito in seconda posizione). La storia prende avvio durante la seconda guerra mondiale, quando quattro fratelli londinesi – ovvero Peter, il maggiore, Susan, Edmund e Lucy, la più piccola – lasciano la capitale britannica sotto i bombardamenti per essere ospitati da un vecchio professore nella sua enorme casa isolata nella campagna inglese. Comincia a piovere e, siccome non hanno di meglio da fare che esplorare la loro nuova casa, i quattro ragazzi vagano tra le stanze e i corridoi. A un certo punto finiscono in una stanza quasi vuota, dove spicca un grande armadio: gli altri tre proseguono i loro giri ma Lucy è attratta dal vecchio mobile e prova ad aprire un’anta, riuscendoci, e poi a perlustrarne l’interno. Dentro all’armadio c’è una fila di pellicce: Lucy lascia l’anta aperta per non restare prigioniera dell’armadio, poi entra attratta dall’odore delle pellicce, dietro le quali sente qualcosa di pungente e qualcos’altro che scrocchia sotto i piedi. Sembra anche esserci una flebile luce in lontananza: alla fine Lucy si ritrova in una pineta innevata, mentre sta nevicando, e nello spiazzo davanti a lei c’è un anomalo lampione. È finita in un posto quasi buio, mentre dietro di sé intravede la luce del giorno, e sembra arrivare pure qualcuno, uno strano fauno che si presenta come il Signor Tumnus e la invita a prendere un tè nella sua casa, non distante da lì. La piccola Lucy sembra finita in un mondo incantato che Tumnus rivela chiamarsi Narnia e dove da tempo immemorabile sembra esser calato un lunghissimo inverno a causa della malvagia magia di una dispotica Strega Bianca. Lucy a un certo punto torna indietro, ma scopre che nel mondo reale sono passati soltanto pochi attimi da quando è “entrata” nell’armadio: le crederanno i fratelli? Torneranno a liberare Narnia dalla morsa di quell’eterno inverno? Insomma, si tratta di una bellissima storia fantasy dove C.S. Lewis ha ben miscelato tutti gli ingredienti canonici del genere: un mondo alternativo di afflato mitico e misterioso, un’antagonista cattivissima, un pugno di creature immaginarie e un eroe predestinato, il leone magico Aslan, che può aiutare i quattro ragazzi a vincere la guerra, magari a prezzo di un grande sacrificio, per mettere fine al lunghissimo inverno che ha reso Narnia una terra desolata e riportarla al suo antico splendore. Il libro di C.S. Lewis narra un’epopea che si alterna tra il registro della fiaba, la mitologia e la religione: Aslan ricorda non poco Gesù Cristo che si immola per salvare la Terra di Narnia dall’inverno (altra allegoria della morte spirituale) in cui è precipitata a causa della Strega Bianca, una cattiva al di là di ogni redenzione. E il portale è la chiave per entrarci dentro e fare la cosa giusta, quindi potremmo vederlo anche come un simbolo di fede. Oltre a questa chiave di lettura religiosa il libro apripista della saga di Narnia si profila anche come l’eterna avventura che ogni ragazzino deve superare per crescere e quindi, in un certo senso, è anche un grande romanzo di formazione. È Il leone, la strega e l’armadio e per entrarci è sufficiente oltrepassare il portale nel vecchio armadio di una stanza mezza vuota di un’enorme casa di campagna in mezzo al nulla: ci entreremo dalla prospettiva di una bambina e, esattamente come lei, arriveremo all’happy ending senza neanche accorgercene, perché questa è la magia di un grande libro per ragazzi. Che peraltro con gli anni è diventato un classico da oltre 100 milioni di copie vendute in tutto il mondo. Assolutamente da provare…   

C.S. Lewis, Il leone, la strega e l’armadio, Milano, Mondadori, 2006; pp. 167

OPEN: LA STORIA DI ANDRE AGASSI

Lui è Andre Agassi da Las Vegas, classe 1970, uno dei talenti più cristallini che abbiano mai giocato su un campo di tennis, uno sportivo ch...