Lui è uno degli scrittori contemporanei
più celebri della Francia: si tratta di Daniel Pennac, classe 1944, autore
della strepitosa saga dedicata a Benjamin Malaussène, di professione capro
espiatorio, avviata nel 1985 con Il
paradiso degli orchi, oltre che a Signori
bambini, vari saggi (ad esempio Come
un romanzo, dedicato al piacere di leggere) e ripetute incursioni nei
fumetti e nella narrativa per ragazzi. Proprio a quest’ultimo genere appartiene
il romanzo breve che lo scrittore francese ama indicare come il suo libro
preferito, L’occhio del lupo, una
delle sue prime opere, che Pennac scrisse prima di divenire famoso a livello
internazionale. Per usare la definizione dell’autore stesso al riguardo, si
tratta di un romanzo per ragazzi che “racconta la storia di un piccolo africano
che incontra un vecchio lupo guercio venuto dall’Alaska”. L’attacco della
narrazione è spiazzante e ci presenta l’incontro tra i due protagonisti: Pennac
ce lo racconta dalla prospettiva del lupo, che ha un manto azzurro e proviene
dall’Alaska, esattamente da Barren Lands, dove è stato catturato, ha perso un
occhio e si è rovinato la pelliccia, venendo così destinato alla gabbia di uno
zoo per sempre. Da allora il lupo ha deciso di ignorare gli umani che lo hanno
strappato alla sua famiglia e gli hanno tolto tutto: lui e una lupa sua
compagna di prigionia infatti solevano passare il tempo fermi a fissare un
punto alle spalle degli umani davanti alla loro gabbia, che avevano la
sensazione di essere invisibili per le due bestie (impressione assai
disturbante). Quando la lupa è morta, pochi giorni fa, il lupo si è messo a
trottare avanti e indietro nella sua gabbia, incessantemente, ma è successo
qualcosa di strano: un ragazzo infatti si è piazzato ostinatamente davanti alla
sua gabbia, iniziando a fissarlo intensamente e in silenzio. Il lupo,
indispettito, ha continuato a muoversi avanti e indietro, stupito che il
giovane umano potesse restarsene bloccato così davanti alla sua gabbia. Alla
fine, esausto, si è fermato e ha iniziato a guardarlo anche lui, incapace però di
fissare col suo unico occhio il silenzioso ospite, che di occhi ne ha due.
Questo fastidio è finito con un gesto apparentemente banale ma in certo senso
magico: il ragazzo, infatti, intuendo l’imbarazzo del lupo, chiude un occhio
per metterlo a suo agio. Nei capitoli successivi i due scopriranno le
rispettive storie “scritte” indelebilmente nei loro occhi fissati l’uno verso l’altro,
fino al sorprendente happy ending che
conclude questo incontro silenzioso nell’unico modo possibile, decisamente
singolare, e con un pizzico di magia. È davvero una gran bella storia quella
che Pennac ci racconta con L’occhio del
lupo, semplice come può esserlo l’incontro tra un ragazzo alternativo con
un fiero lupo che ha perso tutto, forse anche la speranza. Ma il vento della fiducia
progressivamente riprende a spirare sempre più forte davanti alla gabbia del
lupo proprio grazie al ragazzo, un cantastorie proveniente dall’Africa (e che
si chiama come il suo continente, lo stesso che ha dato i natali a Pennac, a
Casablanca), che ama la natura, gli animali e i racconti, e forse è approdato
in quello che lui e i suoi genitori chiamano “Altro Mondo” (il nostro, il mondo
occidentale) proprio per ridare speranza al disilluso Lupo Azzurro, chissà...
Uno splendido romanzo breve sull’amicizia e sull’incontro col prossimo.
Daniel Pennac, L’occhio del lupo, Firenze, Salani,
1993; pp. 103
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